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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Cultura»Film»La città proibita
    Film

    La città proibita

    Erica ArosioBy Erica Arosio13/03/2025Updated:13/03/2025Nessun commento3 Mins Read
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    Regia di   Gabriele Mainetti

    con  Enrico Borello, Yaxi Liu, e con Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Chunyu Shanshan. Con la partecipazione di Luca Zingaretti

    Soggetto e sceneggiatura di Stefano Bises, Gabriele Mainetti, Davide Serino

    Una meraviglia quasi infantile, da spettatore puro, ti predispone fin dalle prime inquadrature, così inaspettate nel cinema italiano, abituato a muoversi troppo spesso fra l’ombelico e il tinello: siamo catapultati in un villaggio sperduto della Cina, negli anni Novanta. Un padre insegna le mosse del kung-fu alle due bambine. Ma sta arrivando qualcuno, così la madre nasconde una delle due. All’epoca nella terra di Mao vigeva la politica del figlio unico. Ma a volte, come recita la didascalia sullo schermo, l’amore vince su tutto.

    Seconda inquadratura, un altro interno cinese. Ma a Roma. Una donna sta selezionando alcune ragazze, decidendo il loro futuro: prostituzione, massaggi, lavapiatti. Una di queste però si ribella a tutto, e, più atletica di Uma Thurman in Kill Bill, fa uno sfracello in quell’antro e ancor di più nella cucina sottostante, con scene d’azione più debitrici di Tarantino che non di Bruce Lee o del cinema orientale.

    E siamo solo nei primi minuti del nuovo film, il terzo, del regista che già ci aveva stupito dieci anni fa con Lo chiamavano Jeeg Robot (rilettura dei supereroi nella Roma di oggi) e poi con il fosco Freaks out, un circo assediato dai nazisti nella Roma della guerra. Qui alza di nuovo, magnificamente, l’asticella e coniuga il cinema di kung-fu con il revenge movie, il genere gangster con il racconto sociale giocando anche la carta romantica con una citazione da Vacanze romane, in un limpido omaggio senza fronzoli alla bellezza della città eterna.

    Mei, la tostissima ragazza che abbiamo visto combattere, è una delle due bambine delle prime inquadrature ed è a Roma in cerca della sorella. Le tracce l’hanno portata nel quartiere più multietnico della Capitale, l’Esquilino di piazza Vittorio, ricostruito come in una Blade Runner italiana. Piccolo e meschino ras del quartiere è Annibale (Marco Giallini), che sfrutta gli immigrati, facendoli lavorare e affittando loro le case. Intanto corteggia Lorena (Sabrina Ferilli) che gestisce con il figlio Marcello un ristorante. Il momento è giusto perché il marito dopo trent’anni di matrimonio l’ha lasciata per un’altra donna. Mei incontra Marcello e i loro destini si intrecciano in un puzzle senza sbavature che si snoda per tutto il film, fra momenti romantici e scene d’azione girate con grande professionalità.

    Mei e Marcello sono gli antieroi romantici interpretati da due attori quasi sconosciuti e bravissimi, diretti in modo impeccabile, a loro agio in un film con ambizioni internazionali, che surfa fra i generi. Un cinema postmoderno e al tempo stesso intrinsecamente non italiano ma proprio romano. Spregiudicato, libero, avventuroso. Il protagonista che forse si chiama Marcello come Mastroianni per la sua romanità indolente e una mascolinità dolcissima e mai tossica è il perfetto partner per una ragazza fortissima che combatte alla pari con gli uomini. Vincendo.

    Cinema popolare nel senso più positivo del termine e al tempo stesso nutrito di cinefilia, in ogni caso un film che si guarda senza un secondo di noia, spettacolare, contemporaneo, femminista, con un cast perfetto. Gli auguro tutta la fortuna possibile perché se la merita.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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Recensione poetica emozionale di Lezione d’amore. Sinfonia di un incontro.

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