Diciamo subito che l’unica cosa sbagliata della serie “M Il figlio del secolo “ è l’incipit inserito per cui la visione “per immagini ed argomenti trattati” sarebbe consigliata ad un “pubblico adulto”.
Sbagliata perché quest’opera meravigliosa di Joe Wright, tratta dal primo dei quattro libri di Antonio Scurati dedicati al periodo della nascita e successiva presa di potere del fascismo, è proprio con i vostri figli, nipoti, amici più giovani che dovete vederla.
C’è qualche scena di violenza? Non importa perché c’è la Storia.
Quella che mostra su quali basi potrebbero nascere anche oggi “quella” violenza , quella prevaricazione e con quali motivazioni ed è proprio questo pericolo che va mostrato, oggi , a chi viene dopo di noi.
Non è neanche una giustificazione questa volta dire che non avete sky o now.
Andate da un parente ,da un amico, recuperate anche una lontana amicizia portando la torta che sapete fare meglio, offrendo pizze o sushi ma cercate di vederla!
Ovviamente scrivo questo con un sorriso, so che non sempre si può fare ma è esclusivamente per dirvi quanto questi otto episodi siano straordinariamente intensi e descrittivi di un periodo storico e del contesto che ha permesso di far accadere quanto di più drammatico ci sia stato nella storia d’Italia come negazione delle libertà individuali, delle libera espressione di pensiero. Tutto questo facendo leva su una maieutica espressiva che arrivava diretta alla pancia dei bisogni primari ,qualcosa di impressionante e sconcertante che non può non rimandare a certi moderni e contemporanei discorsi di governanti che neanche davanti all’evidenza mostrano cedimenti, tutto facendo sembrare e far passare come realtà irrinunciabili.
Indimenticabili la scenografia di Mauro Vanzati ,la colonna sonora che non dà tregua di Tom Rowland dei The Chemical Brothers, la fotografia cupa e dolorosa che rendono unico il contesto in cui scorre la storia.
Su tutti un Luca Marinelli che resta nel cuore per l’impressionante capacità di essersi calato in un personaggio talmente lontano da lui e dal lui sentire , personaggio che ha reso credibile , diretto e reale nelle molteplici maschere sapientemente indossate per arrivare al potere con qualunque mezzo
Indimenticabile quella stanza enorme della casa del fascio che fa da teatro negli ultimi episodi , con un duce (nb.il minuscolo è voluto) piccolo di fronte al gigantesco busto di Wildt che lo ritrae dono della Sarfatti .
Piccolo, in una stanza sempre più invasa da metaforiche mosche, stretto fra due mappamondi enormi.
Indimenticabile il frame veloce di quel cassetto della sua scrivania in cui si vede il taccuino macchiato di sangue di Matteotti.
Joe Wright ci aveva già riportato meravigliosamente con il suo “L’ora più buia “ nei meandri delle contraddizioni e delle vicende della nostra storia più recente.
Ma in “M il figlio del secolo” insieme a Scurati ci incalza, raccontandoci qualcosa che speriamo scavi davvero dentro ognuno di noi spettatori per il pericolo evidente del poter diventare ancora possibile Presente.
Raccontando di noi, delle fragilità in cui si fa varco la manipolazione dello sminuire valori fondamentali , del potere di chiunque non abbia scrupoli di travisare l’apparenza della necessità della Democrazia e del rispetto delle Istituzioni come essenza necessaria del nostro vivere,come bisogno vitale.
In “M figlio del secolo” emerge il pericolo di un Parlamento preda di chi sa stravolgerlo, ma anche il ricordo potente di chi si impose e pagò con la vita raccontare , invece ,la realtà.
Torna il ricordo di Giacomo Matteotti ,interpretato da Gaetano Bruno . Il ricordo del suo ultimo discorso in Parlamento e del suo libro bianco “Un anno di dominazione fascista” in cui dimostrò, dati alla mano, la violenza del partito fascista, le intimidazioni degli squadristi e l’incompetenza politica.
Scriveva Gramsci “L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari.”
Ecco, ringraziamo opere come “M” per ricordarci l’importanza di studiarlo, conoscere e farlo conoscere il Passato, certo Passato, sempre.
Anche “ad un pubblico non adulto”.
Soprattutto.