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    Home»Costume e società»Cultura»Film»Perfect day
    Film

    Perfect day

    DolsBy Dols08/01/2024Nessun commento4 Mins Read
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    perfect days
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    Perfect Days, forse è il film perfetto di  Wim Wenders. 

    di Adriana Moltedo

    Sembra un film giapponese ma in realtà è animato da tutte le idee che Wim Wenders ha sviluppato nella sua carriera.

    L’opera nasce da una sceneggiatura lavorata a quattro mani dallo stesso regista e dal produttore nipponico Takuma Takasaki, i quali appaiono entrambi anche come produttori.

    La pellicola – oltre ad aver vinto a Cannes il premio della giuria ecumenica e il Prix d’interprétation masculine all’attore protagonista Kōji Yakusho – è stata anche selezionata per competere ai prossimi Oscar per il miglior film in lingua straniera

    Con buona probabilità questo è il film più riuscito di Wenders. Non a caso il Giappone lo ha scelto come suo rappresentante per l’Oscar al miglior film straniero. Ed è uno dei favoriti alla vittoria finale.

    Al centro della storia c’è un uomo Hirayama (Koji Yakusho), che parla poco, umile ma sereno che per lavoro pulisce i bagni pubblici a Tokyo. 

    Hirayama vive in una piccola casa, circondato da piante, e segue un’assidua e tranquilla routine, che gli permette di coltivare le sue passioni: la musica, i libri, la fotografia e gli alberi.

    Questi giorni perfetti dell’uomo che pulisce i bagni sono in realtà una serie di giornate di eccezionale quiete, fatte di lavoro in pace, ritmi compassati, cortesie e poi al ritorno a casa la lettura di un libro e l’ascolto di un disco (su audiocassetta). 

    Un intreccio c’è chiaramente, una storia di aiutanti che vengono e vanno, una nipote che arriva a trovare l’uomo e dei misteri riguardo il suo passato.

     Ma il punto sono queste giornate terse, quasi sempre di sole che trapela tra le fronde, passate a fare qualcosa che in teoria è poco attraente come la pulizia di un bagno ma in realtà magnifico, perché queste toilette che si trovano in mezzo ai parchi o ai margini delle strade sono immacolate, costruite con un occhio al design e alle volte molto tecnologiche. 

    La migliore è quella tutta trasparente, le cui pareti di vetro però diventano riflettenti nel momento in cui si chiude la porta e tornano trasparenti quando poi la si riapre per uscire.

    Yakusho anima un film che lo prevede in quasi tutte le inquadrature recitando una serenità e una pace così contagiose, che nel vedere Perfect Days è veramente difficile non desiderare di essere al suo posto. 

    Il suo quartiere è pieno di piccoli caffè, frequentati sempre dalle stesse persone ogni giorno, di librerie, che vendono principalmente opere di Patricia Highsmith o romanzi di giovani scrittori giapponesi contemporanei. 

    Hirayama preferisce recarsi a lavoro con il suo minivan, perfettamente equipaggiato di ogni attrezzo per pulire, mentre nelle sue orecchie risuonano i testi dei Rolling Stones, di Patti Smith o di Lou Reed. Attraverso quello che ascolta o legge e le foto che scatta, vengono rivelati la sua storia e il suo passato.

    Wenders trova la storia giapponese, per riprendere il Giappone, le sue armonie, il gusto estetico, la cura e la precisione. Tutto è sia nel personaggio sia in ciò che è intorno a lui. 

    L’arrivo della nipote porta infatti con sé qualche informazione riguardo il passato, e solo questo avere qualche dettaglio in più, per i meccanismi con cui funziona il cinema, ci porta a guardare con occhi diversi quella stessa routine lavorativa vista fino a quel momento. 

    È esattamente il tipo di effetto con cui manipolare bene il pubblico per condurlo, insieme al protagonista, verso un finale che prende un film apparentemente quieto e lo traghetta verso un’esplosione emotiva a cui a quel punto è impossibile sfuggire.

    Attraverso quello che ascolta o legge e le foto che scatta, vengono rivelati la sua storia e il suo passato.

    Wenders mette alla fine del suo film la parola giapponese “komorebi”, che vuol dire “la luce che filtra attraverso le fronde degli alberi”. Come a voler sottolineare la bellezza di quel che filtra fino a noi, illuminandoci, attraverso il fitto intrico delle cose della vita, che rischiano di farla buia.

    E allora non resta altro da fare che procedere, in silenzio, giorno dopo giorno, perfect day dopo perfect day. 

    E

    moltedo-film

    Adriana Moltedo

    Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.


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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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