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    Home»Costume e società»Madri e figli
    Costume e società

    Madri e figli

    Alexia Di FilippoBy Alexia Di Filippo21/06/2022Updated:22/06/20223 commenti9 Mins Read
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    Elena Patti
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    L’abisso: perché alcune madri uccidono crudelmente i figli?

    Il terribile omicidio della piccola Elena Del Pozzo di neanche 5 anni ci pone innanzi al delitto più atroce, quasi impronunciabile, di cui è così difficile parlare, quello di un genitore che uccide il proprio figlio. Eppure trovo sia sempre più urgente farlo se si vuole prevenire e limitare il fenomeno dei figlicidi, purtroppo in crescita.

    Il terribile omicidio della piccola Elena Del Pozzo di neanche 5 anni ci pone innanzi al delitto più atroce, quasi impronunciabile, di cui è così difficile parlare, quello di un genitore che uccide il proprio figlio. Eppure trovo sia sempre più urgente farlo incoraggiandone una analisi approfondita, multifattoriale e per certi aspetti scomoda se si vuole prevenire e limitare la crescita del fenomeno dei figlicidi cui stiamo assistendo impotenti e che negli ultimi vent’anni ha fatto registrare l’impressionate numero di quasi 500 bambini morti per mano dei genitori, coloro che più di tutti avrebbero dovuto amarli e proteggerli. 

    Recenti dati dell’Eures che hanno esaminato il fenomeno dal 2010 ad oggi hanno rilevato che, nella maggioranza dei casi, è il padre ad uccidere i figli (64,2%), tranne che nella fascia d’età 0-5 anni in cui sono maggiormente le madri a farlo (57,5%), come quasi esclusivamente a loro carico sono gli infanticidi ed i neonaticidi.

    Circa il movente, nel 34,3 % dei casi di figlicidi è ascrivibile a un disturbo psicologico, percentuale che sale al 54,2% nelle madri, soprattutto quelle che uccidono i figli neonati a causa della depressione post parto.

    Il possesso figura come secondo movente e riguarda prevalentemente gli uomini (21,5% dei casi contro il 2,1% tra le donne) ed in questo caso il figlio non viene considerato come un individuo a sé ma come un prolungamento del compagno/a che si vuole punire con l’atroce gesto.

    Da qui vorrei partire nel mio approfondimento, perchè quest’ultimo sembra essere proprio il caso della piccola Elena Del Pozzo che la madre, rea confessa, ha ucciso a coltellate, con crudeltà inaudita e seppellita, sembra ancora viva, dopo averla avvolta seminuda in sacchi di plastica per simulare una aggressione sessuale alla piccola, raccontando poi di essersela vista strappare dalle braccia da un misterioso commando armato che avrebbe agito per vendetta contro l’ex compagno minacciato in passato.

    Quella tra questi due ragazzi poco più che ventenni che condividevano ormai solo la figlioletta era una relazione tossica costellata di liti, tradimenti di lei a detta dei familiari di lui, persino da una denuncia per maltrattamenti a lui da parte di lei. La separazione ed il coinvolgimento di entrambi in nuove storie non aveva calmato gli animi né sopito il rancore che scorreva carsico tra i due e che è esploso, secondo anche gli inquirenti, perché la piccola Elena aveva trascorso una serata serena col papà mostrando di apprezzare la vicinanza della nuova fidanzata di lui, la cui immagine, apparsa sui social accanto all’ex, aveva già reso furiosa Martina, la madre di Elena. In molti in questi giorni hanno scomodato una sindrome di Medea che però non esiste come disturbo riconosciuto dalla comunità scientifica; piuttosto sarebbe il caso di parlare di complesso di Medea, per cui appunto questa giovane donna, come il personaggio mitologico, avrebbe ucciso la figlioletta offuscata da una possessività malata verso l’ex compagno. Il padre di Elena, intravedendo in molte interpretazioni l’ombrello della follia che assolverebbe in qualche modo questa madre sterminatrice, invoca la lucida premeditazione e la feroce cattiveria come spiegazione di una atrocità commessa che per molti trova spiegazione solo nella malattia mentale.

    Questo delitto è stato a mio giudizio giustamente accostato da alcuni tecnici a quelli dei piccoli Samuele Lorenzi e Loris Stival, entrambi uccisi in modo cruento dalla propria madre. Nel secondo caso, inoltre, è simile la dinamica dell’occultamento del povero corpicino, mentre accostabile in entrambe le vicende, lo stabilisce la verità processuale, è il cumulo di menzogne dell’autrice del fatto per depistare le indagini.

    Alle madri tristemente protagoniste di queste vicende, Annamaria Franzoni e Veronica Panarello è stato attribuito nella perizia psichiatrica un disturbo borderline di personalità, alla prima anche uno stato crepuscolare al momento dell’atto criminoso che l’avrebbe resa seminferma di mente durante la dinamica omicidiaria.

    Questo avrebbe determinato una differenza nelle pene stabilite dal Giudice, perché a Veronica Panarello sono stati comminati 30 anni di carcere mentre ad Annamaria Franzoni solo 16.

    Nel caso della madre della piccola Elena si potrebbe ipotizzare un profilo simile a quello di Veronica Panarello e ciò, anche se implicherebbe l’attribuzione di un disturbo mentale quale è quello borderline di personalità, non comporterebbe la diminuzione della pena inflitta in quanto il disturbo non avrebbe interferito con la capacità di intendere e di volere, così come suggerirebbe la dinamica omicidiaria e post omicidiaria dettagliatamente premeditata. Se ciò fosse confermato dalle indagini, il papà di Elena vedrebbe riconosciuto il suo desiderio di giustizia ed al contempo si spiegherebbe il perché di tanta ferocia premeditata da parte della madre.

    Perché ho voluto condurre la mia analisi su questo punto? Perché occupandomi molto di prevenzione e gestione delle relazioni tossiche ed essendo, oltre che una Psicoterapeuta, una Psicologa dello sviluppo e dell’educazione che segue bambini, ragazzi e famiglie da più di vent’anni, rilevo un aumento della tossicità dei rapporti in tutti gli ambienti di vita, a partire dalle relazioni duali ad arrivare al gruppo dei pari passando naturalmente per il nucleo familiare. Lo status quo origina e a sua volta è causa di perturbazioni del legame di attaccamento genitori-figli e dell’emergere conseguente di personalità cosiddette drammatiche che si coinvolgono tipicamente in relazioni fortemente disturbate in cui vige l’abuso di uno sull’altro o in cui si determina una peste emotiva dagli esiti imprevedibili.

    La società narcisistica in cui viviamo da almeno 4 decenni, da una parte tende a selezionare tratti narcisistici nei bambini che devono essere addestrati a competere per accaparrarsi risorse sempre più insufficienti e dall’altra ha fatto sì che in tanti casi crescessero adulti immaturi, autoreferenziali ed edonisti che sono diventati genitori per cui il figlio è un giocattolo o uno status symbol che deve assicurare loro un ritorno di immagine e nei confronti del quale non maturano alcuna responsabilità a costituirsi in quanto base sicura, come sarebbe giusto.

    Ciò produce dei problemi nel legame di attaccamento genitori-figli e fa sì che si formino in misura crescente personalità drammatiche e personalità dipendenti, le une l’altra faccia delle altre, che tendono a combaciare perfettamente nelle due parti della mela avvelenata che è la relazione tossica.

    La personalità borderline in particolare è quella che patisce l’attaccamento più sfavorito di quelli che sono stati studiati, il disorganizzato, per cui il bambino (più spesso la bambina) si sente contemporaneamente protetto dal genitore ma anche rifiutato e minacciato. Questo genera delle rappresentazioni interne di sè e del genitore multiple ed inconciliabili che ruotano tra le figure della vittima impotente, del persecutore e del salvatore. Tali modelli interni si riattiveranno nelle relazioni successive e, complici l’instabilità profonda dell’immagine di sè e dell’altro che patisce la personalità borderline insieme al discontrollo che la caratterizza, creeranno problematiche gravi, spesso irrisolvibili anche quando la relazione verrà interrotta e particolarmente quando ciò non sarà possibile per la presenza dei figli.

    Un disturbo di personalità non descrive una condizione transitoria ma un modo di essere, di vedere ed interpretare la realtà attraverso lenti deformate ed è per giunta egosintonico, ovvero la persona che lo ha spesso non lo avverte come un problema. 

    In diversi casi le personalità drammatiche (Narcisistiche, Borderline, Antisociali ed Istrioniche) si configurano in quanto predatori affettivi e relazionali come emerge sovente dalle perizie giudiziarie, ma in tanti altri casi non è così evidenza che va sottolineata in modo che non si crei stigma sui disturbi mentali.

    Torniamo alla personalità borderline che è stata più volte rilevata in casi di figlicidio: va detto che, proprio per il legame di attaccamento disorganizzato che ha sofferto nell’infanzia questa tenda ad idealizzare l’oggetto d’amore ed anche disgraziatamente ad attaccarlo distruttivamente qualora questo la deluda o, peggio che mai, l’abbandoni. Pertanto, nel caso della piccola Elena, un comportamento di una tale ferocia da parte della madre avrebbe il senso di sopprimere quella estensione del padre che agli occhi di lei la bimba rappresentava e che aveva preso ad odiare ma anche di punire, sfregiandolo e gettandolo via, l’oggetto d’amore che aveva osato metterla in discussione attraverso il legame con la nuova compagna dell’ex, attuando nei suoi confronti quella che avrà percepito come una invalidazione intollerabile.

    Naturalmente dovremo aspettare la perizia psichiatrica per sapere l’esatto profilo di questa donna che ha ucciso con tanta premeditata spietatezza, ma sicuramente un disturbo di personalità potrebbe spiegare tale furia cieca che nulla ha del raptus o di altre condizioni di infermità mentale che pregiudicano la capacità di intendere e di volere.

    Ritengo che, poiché la tossicità nelle relazioni sia sempre più grave e diffusa, i legami nelle famiglie precari, sfilacciati se non inesistenti, le personalità drammatiche sempre più numerose e le violenze su donne e bambini in crescente aumento, occorrerebbe intervenire con una adeguata educazione emotiva fin dalla scuola primaria, con un aiuto alle famiglie attraverso corsi di sostegno alla genitorialità che responsabilizzino circa l’importanza del rispetto nella coppia e dello stabilire un legame di attaccamento sicuro tra il bambino e chi si prende cura di lui, nonché di verificare l’adeguatezza dello stile educativo onde evitare che, come frequentemente accade, si consolidino schemi comportamentali e relazionali disfunzionali.

    E soprattutto si tenga in adeguato conto il problema dei cicli di deprivazione, per cui certe sofferenze patite nella prima infanzia sono trasmesse alla generazione successiva in modo da intervenire per evitare che una bambina non vista, abusata, confusa e minacciata o un bambino manipolato, controllato ed umiliato, si trasformino in compagni violenti e/o in un padre sterminatore o una madre assassina.

    nadri che uccidono
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    Alexia Di Filippo
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    Dr.ssa Alexia Di Filippo Psicologa, Psicoterapeuta Laurea con lode in Psicologia dello Sviluppo ed Educazione nel 1997. Iscritta all’Albo degli Psicologi dal 1999. Psicoterapeuta specialista in Self Analisi Bioenergetica e Psicologia Clinica Strategica. Conduttrice diplomata di classi di esercizi bioenergetici. Consulente per la Asl RM D in Progetti di Promozione della Salute e Prevenzione del disagio Psichico che hanno interessato centinaia di adolescenti delle Scuole superiori del Distretto. Coordinatrice di Progetti di Prevenzione del rischio ambientale che hanno coinvolto migliaia di bambini, ragazzi e personale docente di scuole elementari e medie del Comune di Roma. Ricercatrice nell’ambito di una vasta indagine epidemiologica sugli incidenti avvenuti in tutti gli ambienti di vita della ex VI Circoscrizione del Comune di Roma. Docente in corsi sul controllo dei rischi ambientali rivolti ad educatori di asili nido. Docente di Educazione stradale in corsi per alunni di scuola superiore. Autrice di articoli specialistici per la Rivista della Protezione Civile DPC informa. Consulente di équipe bariatrica per la valutazione ed il trattamento dei disturbi alimentari. Ideatrice e Docente di due metodi registrati per il benessere psicocorporeo pubblicati su Rivista Scientifica, che sono stati scelti per eventi accademici relativi alla Giornata dello stile di vita 2019 e alla Giornata mondiale dell’obesità 2020. La sua professionalità viene spesso richiesta per approfondimenti in trasmissioni radiofoniche e televisive, come anche in incontri con il pubblico presso Enti culturali, per la promozione del benessere psicocorporeo, la prevenzione del disagio psichico ed il contrasto alla violenza di genere. Cura una rubrica di psicologia in cronaca per un quotidiano universitario online. Svolge attività di educazione, prevenzione e di corretta informazione in ambito psicologico sui social. Esercita la libera professione di Psicoterapeuta a Roma e a distanza.

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    3 commenti

    1. Gabriella Decembrotto on 22/06/2022 17:43

      Carissima Dott.ssa Alexia Di Filippo, seguo costantemente tutti i suoi argomenti ma questo mi lascia sgomenta. Non riesco a perdonare tale atto, non riesco a concepirlo per quanto sembri un incubo dal quale risvegliarsi. Spero ardentemente che questa donna (non posso chiamarla madre) possa avere la giusta pena, qui c’è una fredda premeditazione addirittura il commando armato… e poi seppellire quasi vivo un corpicino innocente.
      Le sue statistiche sono preoccupanti sulle cause di tali delitti.
      L’umanità ha ormai ben poco di umano.
      La saluto con grande gratitudine e ammirazione.

      Reply
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        alexiadifilippo on 22/06/2022 22:47

        Gentilissima Gabriella, grazie di cuore per le parole di riconoscimento che mi rivolge e l’interesse col quale mi segue.
        E’ importante leggere il disagio che si nasconde dietro certi atti, non allo scopo di giustificarne l’autore/autrice, men che meno di perdonarlo/a, specie in casi di figlicidi premeditati con fredda lucidità come quello della piccola Elena, quanto per comprendere l’origine e cercare di prevenirli.
        I maltrattamenti familiari, i figlicidi, i femminicidi e le relazioni tossiche che ne costituiscono spesso la culla, vanno intesi in senso sistemico riferendosi ai valori della collettività che li esprime ed in questo senso non si può non concordare circa la perdita di umanità che la nostra società manifesta, fattore che favorisce, se non determina, fatti gravi e gravissimi a cui ci troviamo sempre più spesso ad assistere.
        Un caro saluto.

        Reply
        • Gabriella Decembrotto on 23/06/2022 07:35

          grazie infinite per la sua risposta, grazie! Buon lavoro dottoressa.

          Reply
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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

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    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
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Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
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    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
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    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

⸻
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Prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai
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