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    Home»Pari opportunità»Donne e sport»Pangea e le discriminazioni nello sport femminile
    Donne e sport

    Pangea e le discriminazioni nello sport femminile

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre17/09/2019Nessun commento8 Mins Read
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    scuola-calcio.kabul
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    “Le bambine non possono giocare a calcio”, “Lo sport è impossibile nei paesi poveri”, e ancora “Le ragazze preferiscono attività mentali e non fisiche”.
    Pangea ha creato un progetto per demolire gli stereotipi che circondano le donne e lo sport in molti paesi in cui è presente.

    di Pangea onlus

    calciatrici-kabulIl 70% dei poveri del pianeta sono donne. Nel mondo, circa 536.000 donne muoiono di parto ogni anno.
    Una ogni minuto. 300 milioni circa sono le donne disabili. 70 milioni di bambine non possono andare a scuola.
    Le donne compiono il 66% del lavoro, producono il 50% del cibo, ma guadagnano il 10% del reddito e posseggono
    l’1% delle proprietà.
    62 milioni di cittadine europee tra i 17 e i 74 anni, (circa il 33%) hanno subito una qualche forma di violenza.
    In Italia, circa 7 milioni di donne hanno subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

    Dati UNDP-UNWOMEN,WHO, FRA, ISTAT, UNIFEM

    Pangea è solidale, dunque, con le donne per individuare e costruire un futuro per loro in tutti quei paesi del mondo che presentano situazioni radicate di disagio e povertà.
    La visione du Pangeaè un mondo in cui le donne non subiscono più discriminazioni e violenze, in cui sono protagoniste della loro vita e del loro destino e possono partecipare
    alle decisioni della loro famiglia e comunità a pari titolo degli uomini.

    “Le bambine non possono giocare a calcio”, “Lo sport è impossibile nei paesi poveri”, e ancora “Le ragazze preferiscono attività mentali e non fisiche”.
    Quanti luoghi comuni ci tocca sfatare ogni giorno. Ma se le discriminazioni di genere sono abituali negli ambiti in cui Pangea si muove, più strano ci è sembrato trovarle in un ambiente comunitario e di sani principi quale dovrebbe essere quello sportivo. Eppure è così.
    Discriminazioni di accesso alle discipline sportive, di- scriminazione economica, discriminazione nella coper- tura dei media e così via.
    Ad ogni livello, per (quasi) ogni sport.

    E non parliamo solo dell’Afghanistan o dell’India, paesi in cui operiamo da tempo, ma anche dell’Italia.
    Non è un segreto che nel nostro paese il professionismo sportivo sia riconosciuto solo per 4 sport maschili, quali calcio, ciclismo, golf epallacanestro.
    Il resto, tra cui l’intero ambito sportivo femminile, ha la qualifica di dilettante, con tutte le conseguenze del caso in termini di diritti, stipendi, tutele fisiche e legali, e così via.
    Le donne , già abbondantemente discriminate nella vita quotidiana, sono quindi discriminate due volte anche in quella dello sport.
    Una situazione a cui occorre porre rimedio.

    Pangea opera da anni in difesa delle donne, e non poteva sottrarsi a questa nuova sfida. Studiato il problema, abbiamo così deciso di
    schierarci al fianco delle donne dello sport, o meglio al fianco delle squadre femminili più che delle singole donne sportive, perché uno dei
    punti fondamentali del nostro operato è proprio quello di “fare rete”, creare condizioni di collaborazione alla pari e auto-mutuo-aiuto.
    D’altronde, che si tratti di microcredito in Asia o di violenza familiare in Italia, il metodo di lavoro non cambia e i risultati si sono dimostrati effi- caci proprio grazie a questo operare in equipe.

    Il coinvolgimento delle squadre e, laddove possibile, delle rispettive federazioni, può avere risvolti positivi per tutti. Sia per chi si propone di aiutare, sia per chi questi aiuti li riceve.
    Operazioni di gemellaggio, “adozioni” a distanza di intere compagini femminili, campagne di comunicazione o raccolta fondi. A mancare non sono le idee, ma spesso solo la volontà. A seconda delle situazioni e delle condizioni è possibile modulare il coinvolgimento attraverso operazioni online oppure offline anche nelle palestre e negli stadi.
    Infine, non è da escludere la ricaduta positiva per le stesse atlete, finalmente coinvolte in una tematica che le tocca direttamente. Si può generare anche per loro l’occasione di
    prendere maggiore coscienza del proprio stato al fine di operare per risolvere le discriminazioni a cui sono sottoposte, con conseguenze incalcolabili in termini di miglioramento
    delle proprie performance e dei propri risultati sportivi.

    Il mondo dello sport, tuttavia, non è fatto solo di praticanti, ma anche di sponsor, comunicazione e, soprattutto strumenti tecnici. Divise, palloni, racchette, pesi, biciclette, scarpe, etc… non vi è attività sportiva senza il lavoro di un’azienda alle spalle.
    L’idea del progetto prevede, dunque, di aggiungere un anello alla catena di risposte contro la violenza sulle donne. Come pensare, infatti, di risolvere il tema delle discriminazioni di genere senza coinvolgere le imprese stesse? Perché anche nel taglio delle divise, banalmente, può passare un messaggio più o meno stereotipato, più
    o meno violento.
    Il carico d’aiuto può essere vario. Un’azienda, ad esem- pio, può indicare uno o più dei propri prodotti attraverso i quali donare una percentuale al fine di sostenere uno specifico progetto; oppure, il sostegno può coinvolgere l’intera attività di Pangea.

    Il vantaggio per le aziende di collaborare con Pangea avrebbe risvolti multipli. Intanto, le imprese si assumerebbero una funzione di agency culturale, sociale, economica e simbolica sul
    tema del contrasto alla violenza e alla discriminazione. Ciò avrebbe una ricaduta positiva sull’immagine, sulla reputazione e sulle vendite, considerato che al giorno d’oggi la clientela è sempre più attenta e sensibilizzata verso l’idea della responsabilità sociale d’impresa.
    Il valore universale dello sport come fratellanza (e sorellanza) tra i popoli ne uscirebbe rafforzato, con evidenti bene- fici per l’intero settore.
    Il vantaggio finale, inoltre, sarebbe quel- lo di collaborare con un’autorità leader
    sull’argomento come è proprio la stessa
    Pangea.

    A Kabul, in Afghanistan, ci sono decine e decine di bambine e ragazze il cui sogno è fare sport. E non uno sport qualunque, vogliono proprio giocare a calcio.
    D’altronde, non sono nemmeno bambine e ragazze comuni: sono tra le ospiti della scuola per sordomuti di Arza Quemat.
    Il loro istituto non è in grado di fornire loro le attrezzature e il personale per allenarsi e giocare, tuttavia a Kabul è possibile farlo visto che esiste un’apposita scuolacalcio femminile; bastano solo delle piccole risorse.
    Per questo motivo Pangea, già da tempo impegnata a sostenere le allieve della Scuola, ha deciso di avviare questo progetto specifico ma fortemente richiestoci proprio dalle
    ragazz

    Forniamo alle atlete tutte le risorse necessarie per la loro formazione sportiva: iscrizione al corso, affitto del campo, stipendio dell’allenatore, divisa da gioco, scarpette, pallone da allenamento e, infine, spese di trasporto dalla scuola alla palestra.
    Per loro è un sogno che si avvera, per noi un motivo di orgoglio in più e un modo di scoprire come spesso i sogni per il futuro siano uguali, in Afghanistan come in Italia: lo sport, lo stare insieme, quattro calci ad un pallone. Forse un giorno queste ragazze non diventeranno delle atlete professioniste, ma non è questo l’obiettivo del Progetto; di sicuro con questa attività da loro tanto desiderata diventeranno delle persone adulte sane e con un meraviglioso bagaglio di esperienze e relazioni d’amicizia.

    Fondazione Pangea Onlus è un’organizzazione no profit che dal 2002 lavora per favorire lo sviluppo economi-co e sociale delle donne e delle loro famiglie attraverso strumenti quali l’istruzione, l’educazione ai diritti umani, l’educazione igienico-sanitaria e alla salute riproduttiva, la formazione professionale, la creazione di attività ge- neratrici di reddito, la micro finanza.
    Per noi, ogni donna è un moltiplicatore di benessere nella società in cui vive, il nodo di una rete sociale e di solidarietà. Troppo spesso, essere donna significa essere vittima di
    situazioni politiche instabili, di precetti religiosi e di pre- giudizi sociali.
    Troppo spesso, essere donna significa essere privata dei propri diritti.

    45.820 donne e 45.820 famiglie che hanno ricominciato a vivere e a sentirsi parte attiva del mondo, grazie alla volontà, al coraggio e a progetti che si basano sulle reali aspirazioni e potenzialità delle donne e delle persone.
    Pangea è .. in Italia, in Afghanistan, in India, in Colombia. Oltre 16 anni di impegno, di entusiasmo e di risultati concreti.

    Fondazione Pangea agisce all’interno delle maggiori tematiche relative ai diritti umani e delle donne.

    Il  lavoro di Pangea si basa sull’ascolto del bisogno, attraverso:

    • Corsi di alfabetizzazione.
    • Formazione professionale.
    • Educazione igienico sanitaria e alla salute riproduttiva.
    • Educazione ai diritti umani.
    • Assistenza ginecologica e al parto.
    • Microcredito.
    • Sostegno alla creazione di imprese al femminile.
    • Sviluppo della leadership femminile e creazione di gruppi in grado di rafforzare il rispetto dei diritti e il miglioramento del benessere economico.
    • Sostegno psicologico, consulenza legale, supporto al recupero di una genitorialità positiva, sensibilizzazione contro la violenza di genere e gestione di uno sportello antiviolenza online (attività in Italia).
    • Sensibilizzazione sui diritti delle donne.

    calcio donne. sport kabul pangea
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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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