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    Home»Salute e benessere»Psicologia e Medicina di Genere: il valore delle differenze
    Salute e benessere

    Psicologia e Medicina di Genere: il valore delle differenze

    Francesca LemmiBy Francesca Lemmi02/10/2014Updated:02/10/2014Nessun commento4 Mins Read
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    Le donne vivono più a lungo degli uomini, ma peggio.

    Il 26 settembre si è tenuta a Viareggio   un’interessante conferenza sulla Medicina di Genere all’interno del Festival della Salute, appuntamento annuale dedicato a salute, sanità e benessere.
    All’unanimità i diversi ed illustri relatori che si sono susseguiti in un interessante excursus di interventi stimolanti, guidati e coordinati da Tiziana Bartolini, direttrice di Noi Donne, hanno sottolineato la necessità sempre più urgente di fare e parlare di Medicina di Genere, intesa come medicina che tenga di conto delle differenze: uomo, donna, bambino e bambina.

    Come ha ben sottolineato la Prof.ssa Flavia Franconi, nella duplice veste di Docente dell’Università degli Studi di Sassari e Assessora della Sanità della Regione Basilicata, fino a poco tempo fa la medicina era “androcentrica”, in quanto gli standard di studio e di cura erano misurati sugli uomini; la norma era data dal corpo maschile.
    E come confermano i dati mondiali, ciò ha comportato non pochi effetti collaterali sulla salute delle donne, curate, anche e soprattutto farmacologicamente, come se avessero un corpo omologabile a quello maschile.

    La medicina di genere vuol prendere le distanze da un’omologazione forzata e fuorviante che vuol considerare e trattare uomini e donne alla stregua di un essere umano unico, quando di fatto vi sono delle differenze sostanziali che riguardano la struttura e il funzionamento corporeo, come anche la dimensione del corpo (e questo non è di poca importanza se consideriamo che sulla base di essa, vengono definiti e decise le posologie dei farmaci).
    Le stesse patologie presentano delle differenziazioni fra i due generi: vi sono, infatti, malattie prevalentemente femminili ed altre maschili. Ad esempio, i disturbi alimentari rappresentano una malattia prevalentemente femminile e con differenziazioni importanti se ad essere interessate sono bambine in fase puberale o prepuberale piuttosto che adolescenti o addirittura donne adulte.
    Inoltre anche laddove vi può essere la stessa condotta, ad esempio è il caso dei fumatori, è stato osservato, come riferisce la Prof.ssa Franconi, che la reazione può essere diversa fra i due generi: per le donne è più probabile ammalarsi di tumore polmonare.
    La stessa cosa si può dire anche per il Disturbo Post Traumatico da Stress, di cui ha parlato la Prof.ssa Liliana Dell’Osso, primario di Psichiatria I dell’Ospedale di Pisa e Professore Ordinario dell’Università di Pisa, che si occupa oramai da molti anni di ricerca in materia. Infatti questo disturbo interessa in misura prevalente le donne, per quanto i dati statistici indichino che queste ultime sono sottoposte ad eventi stressanti in misura inferiore rispetto agli uomini, come ad indicare che da parte delle donne vi è una maggiore sensibilità e quindi reattività agli stressors.

    “Il paradosso delle donne”, ben evidenziato e spiegato dal Prof. Antonio Sassu, Professore di Politica Economica Europea all’Università degli Studi di Cagliari, consiste nel fatto che pur avendo un’aspettativa di vita maggiore degli uomini, di fatto questi ultimi vivono meno male dell’universo femminile. E le ragioni non sono tanto da ricercare nel fatto che le donne sono maggiormente vulnerabili alle malattie, in quanto, anzi, le ricerche evidenzierebbero che le cellule femminili sono maggiormente resistenti di quelle maschili (Franconi, 2010), quanto piuttosto, conclude il Prof. Sassu, nei condizionamenti sociali che le donne subiscono in misura maggiore.

    A tal proposito la Dr. Fiorella Chiappi, consigliera dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, ha dichiarato che l’Ordine degli Psicologi si sta muovendo per promuovere una psicologia di genere mirata anche ad intervenire in vari settori, fra cui anche la per prevenzione della violenza di genere.

    Personalmente ritengo che si possa fare una buona medicina, come una buona psicologia e una buona economia, solo se si riconoscono e si valorizzano le differenze come un potenziale umano, culturale e sociale.
    Riconoscere che esistono delle differenze significa accettare che esistono identità diverse, fra cui identità di genere differenti, senza che questo significhi peggiore/migliore.

    Oggi spesso si confonde la parità di opportunità e di diritti con parità di genere, nel vano e dannoso tentativo di omologare ciò che per natura è diverso e quindi finendo per rafforzare negativamente la convinzione che il diverso sia qualcosa di sbagliato.
    Al contrario, le differenze rappresentano un valore che non deve più essere combattuto o negato, quanto piuttosto riconosciuto e accettato, a partire dalla lingua italiana, come ci insegna la Prof.ssa Cecilia Robustelli, illustre esperta in materia, fino ad arrivare alla psicologia di genere e, quindi, ad una medicina che non può e non deve più essere neutra o forse sarebbe più corretto dire, come giustamente sottolinea la Prof.ssa Franconi, androcentrica.

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    Francesca Lemmi
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    Dr. Francesca Lemmi, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Sessuologa. Dopo un’esperienza pluriennale nella realtà ospedaliera, svolge attività di psicologo e psicoterapeuta con bambini, adolescenti, adulti e coppie come libero professionista. Inoltre si dedica ad attività di formazione, in particolare nell’ambito della genitorialità, della coppia e della psicologia e pedagogia di genere. In virtù del grande interesse per la materia della famiglia, coppia e figli, da molti anni si dedica ed esercita anche nell’ambito della psicologia giuridica in situazioni di separazione/divorzio e affido minori.

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