di Luciano Anelli
Differenza nella visione dei dati del B.E.S, tra uomini e donne: i primi vedono come sostanziale la perdita del lavoro, le seconde un punto di riferimento famigliare.
Come misurare il B.E.S. : ne ha parlato la Consulta Femminile alla Regione Puglia
“La misurazione del benessere equo e sostenibile (b.e.s.)” è stato il tema dibattuto nel corso di un incontro promosso dalla Consulta Femminile della Regione Puglia, che si è tenuto nell’Aula del Consiglio regionale, moderato dal direttore di Telenorba, Vincenzo Magistà.
Dopo i saluti del presidente della Consulta regionale femminile Annamaria Carbonelli Quaranta, promotrice dell’evento, che ha anche ribadito la ferma intenzione di difendere e far approvare velocemente la proposta di legge popolare 50/50 e sulla doppia preferenza, essendo la Consulta nel Comitato promotore con tutte le realtà femminili partitiche, sindacali, datoriali e associative, è intervenuto il presidente del Consiglio Onofrio Introna che ha dato una valutazione positiva a questo progetto che “introduce un nuovo PIL e una maniera moderna di affrontare il concetto di qualità della vita”. “Questa è una Regione – ha detto Introna – che ha fatto considerevoli passi in avanti su due domini in particolare: l’ambiente e la politica e le istituzioni.
La Puglia si è distinta sulla tutela dell’ambiente, patrimonio che va difeso, recuperato e che per molti anni non è stato oggetto di impegni politici e programmatici. È importante rilanciare politiche che favoriscono il mondo femminile e a questo proposito stiamo lavorando perché sia una legge ad introdurre nuovi meccanismi nel voto, che potranno favorire il raggiungimento della parità di genere aumentando in maniera dignitosa il numero dei rappresentanti dell’altro sesso”.
E’ quindi intervenuta la referente della Consulta regionale femminile per il B.E.S. Giovanna Loiudice Abrescia, che ha illustrato l’iniziativa in corso per la determinazione del BES, ricordando che nel dicembre del 2010 CNEL ed ISTAT hanno avviato un’iniziativa congiunta, volta a misurare il “benessere equo e solidale (BES) integrando indicatori economici, sociali e ambientali, con misure di disuguaglianza e sostenibilità. Questo progetto si inquadra nel dibattito internazionale sul cosiddetto “superamento del Pil” stimolato dalla convinzione che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico.
L’iniziativa ha portato alla costituzione di un COMITO d’INDIRIZZO, incaricato di elaborare una proposta sulle dimensioni principali del benessere.Il Comitato di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana, composto da rappresentanze delle parti sociali e della società civile (imprenditori, sindacati, associazioni, varie, medici, ambientalisti e Consulta regionale femminile della Puglia, Lazio e Piemonte), ha identificato dodici dimensioni di benessere rilevanti per il nostro Paese: ambiente, salute, benessere economico, istituzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi e politica e istituzioni. Sulla base di questi parametri si è avviata una fase di consultazione pubblica aperta agli esperti, alla società civile, ai singoli cittadini, con l’obiettivo di raccogliere contributi sulla natura e sull’importanza delle dimensioni del benessere, offrendo la partecipazione attraverso un blog nel sito www.misuredelbenessere.it. E’ stata istituita anche una Commissione Scientifica per definire gli indicatori statistici più appropriati.
E’ quindi intervenuto professore ordinario di Bioetica e Filosofia morale dell’Università di Bari, Francesco Bellino, che, abbastanza scettico, ha detto “In questo studio ci vorrebbe il filosofo e la mia posizione sulla misurazione della qualità della vita va controcorrente perché non è definibile. La qualità della vita non può essere misurata da nessun indicatore in quanto tutti gli indicatori sono parziali e questo non ci consente di misurarla nella sua interezza. Si deve misurare quindi solo con la felicità e bisogna uscire fuori dalla ‘pilomania’. Bisogna UMANIZZARE i numeri, cioè gli indicatori”.
E’ quindi intervenuto il presidente Nazionale dell’ISTAT, Enrico Giovannini, che ha spiegato quanto sia importante la misura del benessere. “Non si misura solo con il reddito – ha detto Giovannini – ad esso contribuiscono anche altri indicatori e indica quale sarà il tipo di società che vogliamo costruire. È un tema di politica ed una nuova costituzione statistica che va oltre il Pil. A gennaio sarà pronto il primo Report con i risultati degli indicatori. Questo potrà essere una base di partenza su cui vorremmo che la politica riflettesse per valutare come intervenire. La Commissione scientifica per la misura del benessere – ha proseguito il presidente ISTAT – ha selezionato 134 indicatori di elevata qualità statistica appropriati per misurare i domini identificati dal Comitato”.
Secondo lo studio promosso, a detta del Presidente dell’ISTAT, l’avvenimento che produce il maggior disagio nelle persone, non è la perdita di un congiunto, ma la perdita del lavoro.
“Un altro progetto importante – ha concluso Giovannini – è il progetto URBES (benessere equo e sostenibile per le città) promosso sempre da ISTAT insieme al coordinamento dei sindaci metropolitani. L’obiettivo è quello di costituire una rete delle città che si impegnino a confrontarsi sulla base degli stessi parametri in materia di ambiente, salute, istruzione, lavoro, sicurezza e benessere economico e si propone una rendicontazione periodica sullo stato delle città per favorire la consapevolezza degli amministratori, che possono così essere giudicati dai cittadini per i risultati della loro azione di governo”.
L’intervento conclusivo è toccato all’assessore regionale al welfare e pari opportunità, Elena Gentile, che allacciandosi all’argomento ha fatto riferimento alla legge regionale approvata nella primavera del 2006 in materia di benessere delle donne e degli uomini di Puglia. “Da quel momento è partita la nostra esperienza positiva – ha detto la Gentile – che ha visto un prosieguo di offerte destinate ai servizi utili al benessere delle persone e per i quali sono stati investiti 250 milioni di euro”.
E’ intervenuta dal pubblico la ricercatrice, Mirella Mazzeo, tornata nella sua terra dopo esperienze esterne, che ha contestato l’asserzione sull’avvenimento che produce maggior dolore e disagio in quanto la perdita di una persona cara e d’indirizzo è di gran lunga più devastante della perdita del lavoro, oggi peraltro precario congenitamente. Da qui si evidenzia la diversa visione della vita da parte degli uomini, votati principalmente al guadagno ed alla carriera, e delle donne, la cui visione della vita è indirizzata soprattutto al benessere delle persone e delle famiglia. Ciò fa pensare molto quanto lo studio sia stato caratterizzato più da una visione maschile che, aggiungiamo, non considera la violazione del corpo di donne e bambini (con la possibilità di femminicidi) tra le principali cause devastanti permanenti della vita delle violate e delle loro famiglie.