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    Dol's Magazine
    Home»Salute e benessere»Madri che uccidono
    Salute e benessere

    Madri che uccidono

    DolsBy Dols28/02/2012Updated:12/12/2014Nessun commento6 Mins Read
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    Perché si uccidono i figli. Varie teorie a vari autori si susseguono nel tentativo di classificare le principali cause di figlicidio.

    ” La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito vive ugualmente di fini.”
    -Carl Gustav Jung –

    di Simona Martini

    Pur non essendo una junghiana praticante, amo molto questo illuminato psicoanalista del ‘900. Amo, in particolare, la sua teoria sulle sincronicità.
    Sincronicità è il termine introdotto per la prima volta da Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra due o più eventi diversi che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato. In parole semplici e comprensibili a tutti “nulla succede per caso”. Ne sono convinta.
    Circa un mese fa, in fase di trasloco, comincio a riporre i numerosi libri che posseggo nella nuova libreria. Mentre spolvero e, attentantemente, pondero una sorta di ordine in cui posizionare i miei tesori, mi sfugge dalle mani il libro di Mastronardi e Villanova ‘Madri che uccidono’.  Dal momento che ritengo che niente avvenga casualmente, che il nostro spirito, in una sorta di preconoscenza e consapevolezza degli eventi ci guidi, decido di capire quale può essere il messaggio. Rileggo il libro.
    Per amore di consequenzialità leggo i primi quattro capitoli, incentrati su argomentazioni giuridiche, antropologiche, mitologiche, ma piuttosto rapidamente. Il mio interesse è per l’argomento del quinto capitolo: Perché si uccidono i figli. Varie teorie a vari autori si susseguono nel tentativo di classificare le principali cause di figlicidio.

    Scorre la lettura fino ad un punto nodale, direi illuminante, in cui una ricerca effettuata da A. Bramante nel 2004, ha consentito di tracciare il profilo della madre figlicida:
    -Giovane donna di età compresa tra i 18 e i 32.
    -Nazionalità italiana.
    -Livello di scolarità medio.
    -Coniugata.
    -Relazione con il partner problematica e/o conflittuale.
    -Casalinga, molte volte non per sua scelta ma del marito/compagno.
    -Attua il delitto nella sua abitazione, soprattutto nel bagno e in camera da letto.
    -Compie il figlicidio solitamente sui bambini di età inferiore ai 7 anni.
    -Utilizza per commettere il delitto modalità “immediate”, quali annegamento, soffocamento, defenestrazione etc.
    -Il movente principale è costituito dalla patologia mentale.
    -Dopo il reato, trovata spesso in stato confusionale sul luogo del delitto, confessa oppure tenta il suicidio.
    -Ha dato in passato segnali di disagio psichico (tentati suicidi, ricoveri psichiatrici e, in alcuni casi, tentato omicidio della futura vittima).

    Tiro un sospiro di sollievo. Non rientro in quasi nessuna delle categorie descritte. Eppure qualcosa mi turba ancora. Perché ho acquistato quel libro? Perché la mia mano ha ceduto facendolo cadere? Perché ho sentito il bisogno di rileggerlo? Perché ho dovuto leggere il profilo della madre figlicida? E, soprattutto, perché ancora non mi sento totalmente al sicuro nonostante la rassicurazione dei dati statistici?

    Perché la statistica appartiene alle scienze matematiche e razionali. Essere madre no. Rientra nella quotidianità, nell’emotività, nell’inspiegabile, nell’ignoto. Noi tutte, ed è bene prenderne coscienza, abbiamo dei momenti di stanchezza tale, di mancanza di lucidità, di frustrazione da avere pensieri negativi anche sui nostri figli. I nostri figli ci chiedono attenzione, sempre. Ci puniscono in modi dolorosi per esserci assentate. Ci accusano, in diversi modi, di essere soffocanti. Di non dare loro quello che vorrebbero. Ci respingono. Scalciano. Urlano. Piangono. Non dormono. Non telefonano. Non dicono dove sono. Rispondono male. Fanno il contrario di quello che diciamo. E noi sentiamo che a punirci, accusarci, lamentarsi, respingerci, scalciare, urlare, non dormire, lasciare il cellulare spento è una parte di noi. Che vorremmo far tacere. In ogni modo. Sentiamo l’aria che manca, il nodo alla gola, le lacrime, talvolta la disperazione.

    Ho smesso di fare osservazioni pungenti sulle madri da quando lo sono diventata a mia volta. Sono diventata più tollerante. Riconosco cose mie. Mi fanno paura. Bella e sana emozione la paura. Allerta. Se non diventa un mostro soffocante tiene svegli e permette di non abbassare la guardia. Apre le porte al coraggio. Il coraggio di vedere cose di sé. Di fare pensieri, considerazioni. Di provare a confrontarsi. Di parlare. Di non vergognarsi. Di leggere un libro intitolato Madri che uccidono in pubblico. Di guardare con clemenza e pietà chi si trova all’inferno, nel girone delle matricide. Di ascoltare chi sta male. Chi fa fatica. Chi chiede aiuto.
    Mi rivolgo a tutte le madri, che con il loro infinito amore dedicano la vita ai loro figli. Che lavorano, mangiano, bevono, ridono, fanno l’amore con quel granellino sempre nel cuore. Inscindibile. Siete brave. Siete forti. Non sbagliate. Semmai tentate. Non siete assenti. Ci siete. Non siete soffocanti. Ma presenti. Non siete disattente. Siete stanche. Non siete deboli. Siete umane. Osservatevi con clemenza. Perdonatevi. Sempre. E da lì, dal perdono, pensate a come migliorare, a come trovare il modo giusto, per voi e per i vostri figli, di trovare una via d’uscita. Di ritrovarvi. Di comunicare. Di amare.

    È sera. Mia figlia è nel suo lettino. Mi chiede, come sempre, di leggerle una favola. Le piace Cenerentola ultimamente. Ama, in particolare, le mie descrizioni della matrigna cattiva e delle sorellastre acide e antipatiche. Mi guarda e mi domanda “Ma tu sei come la matrigna?” Sobbalzo, ma comprendo: “A volte sì, amore. E tu, sei come Cenerentola o come Genoveffa e Anastasia?” “Un po’ e un po’ mamma”.
    No, decisamente quel libro non mi è scivolato dalle mani per caso. Ora, davvero, tiro un sospiro di sollievo.

    P.S. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente non casuale.

     

    Simona Martini. Psicologa-Psicoterapeuta. Si è laureata in Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca con una tesi sul cinema. Si è specializzata in Psicoterapia presso l’Istituto di Psicologia clinica Rocca-Stendoro. Ha lavorato per anni nei servizi per minori. Lavora attualmente con bambini, adolescenti e adulti nel campo della mediazione dei conflitti familiari e come Supervisore Progetto Integrazione bambini stranieri c/o sportello Cinisello Balsamo. Ha seguito casi di affido minori come c.t.p. per il Tribunale dei Minori di Milano. E’ docente presso l’Università per Infermieri dell’ Istituto dei Tumori di Milano. Collabora con diversi siti di Psicologia pubblicando articoli divulgativi su diversi temi inerenti la Psicologia. E’ presidente della neo-nata associazione TerraLuna che riunisce professioniste donne che si occupano del benessere in senso olistico. E’ mamma di una splendida bimba di 2 anni di nome Teresa

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