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    Home»Costume e società»Donne e potere: ma di quale potere si parla?
    Costume e società

    Donne e potere: ma di quale potere si parla?

    DolsBy Dols27/05/2012Updated:01/07/2014Nessun commento5 Mins Read
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    di Caterina Della Torre

    Per raggiungere il potere è sufficiente adeguarsi o è possibile reimpostare le regole?

    Donne e potere: se ne parla da quando le donne hanno cominciato ad assaporare quello che fino a poco tempo prima era appannaggio solo maschile. Ma di quale potere si parla?

    Infatti il potere lo si potrebbe definire sia come capacità, facoltà ovvero l’autorità di agire, esercitata per fini personali o collettivi sia come capacità di influenzare i comportamenti di gruppi umani. Alle donne pertiene il primo o il secondo caso?

    Da quando le donne lavorano le dinamiche stanno cambiando. In alcuni casi sono già cambiate. Ma per una donna è tuttora difficile arriuvare a posizioni top managerali e confessare a se stessa e agli altri di volerci arrivare.

    Di questo e mi molto altro si è parlato alla tavola rotonda organizzata da BIC la fucina presso la Bocconi a cui hanno partecipato Chiara Pennasi, Direttore BIC La Fucina, Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale Microsoft e responsabile del progetto futuro@lfemminile, Maria Bonfanti, Presidente Banca di Credito Cooperativo di Sesto San Giovanni, Marisa Montegiove, Vicepresidente Manageritalia Milano e Cristina Bombelli, Fondatrice e Presidente Wise Growth

    Donne che il potere l’hanno conquistato come il caso di Roberta Cocco, Maria Bonfanti e Marisa Montegiove, nelle loro realtà aziendali, molto diverse tra di loro, ma che in qualche modo hanno dato una risposta alla domanda: donne e potere si può?

    Roberta Cocco manager di una multinazionale americana dice di sì, perchè le nuove tecnologie al giorno d’oggi permettono alle donne di coordinare la loro presenza/assenza in azienda. PC portatili, connessioni Internet, telefoni, etc Ma Roberta Cocco lavora in una multinazionale americana, dove esiste un asilo nido per i figli dei dipendenti e dove lei stessa, è riuscita ottenere e mantenere il posto di vertice nonostante i tre figli. Grazie all’impegno personale, ma anche alle agevolazioni datale dall’azienda che le ha permesso di lavorare in part time ed a distanza. Roberta è una splendida mamma ed un’ottimo manager. Ma questo le sarebbe stato possibile in un’azienda italiana in cui la maternità viene vista come il fumo negli occhi?

    Maria Bonfanti, Presidente Banca di Credito Cooperativo di Sesto San, ha posto l’accento sulle caratteristiche femminili che in un’istituto di credito sono le più ricercate e ambite:: la pudenza e la riservatezza. Nella banca cooperativa (400 in tutta Italia) ci sono 250 donne che rivestono ruoli di potere.
    Ma il settore bancario è ikl più resistente alle donne nei luoghi di potere. Quella delle BCC è un’isola felice?

    Marisa Montegiove di ManagerItalia oltre a parlare del gruppo donne di ManagerIrtalia creato e spinto da lei, ha raccontato della poca presenza delle donne nei luoghi decisionali. Tuttavia il numero dele donne manager pian piano si sta ingrossando arrivando a toccare il 18% del totale degli iscritti al sindacato i ManagerItalia. La donna manager ha una posizione difficile: costretta a stare al passo coi tempi degli uomini manager.Spesso dando un colpo alla botte ed uno al cerchio.
    Il percorso di carriera delel donne manager è stato finora difficile se si pensa che la maternità fino al 2004 era considerata malattia e quindi un peso economico per l’azienda. Manageritalia e’ poi riuscita a farla divenire quello che in realtà è per tutte le donne, un periodo di di congedo maternità e quindi pagata dall’inps.

    Infine Cristina Bombelli, per anni docente alla Bocconi e attualmente professore di Comportamento organizzativo presso l’universitò di Milano Bicoca e per anni impegnata sul tema “il tetto di cristallo delle donne ha posto in rilievo due fattori che concorrono a far sì che le donne, soprattutto le dirigenti, faccianio fatica a farsi strada nel mondio del lavoro: quelli oggettivi e quelli pregiudiziali:

    “Alla base ci sono sicuramente delle distorsioni cognitive, sostiene laBombelli, “ma anche alcuni aspetti oggettivi. Tra le prime c’è la fissazione della maternità. In Italia imprenditori e capi del personale ne sono terrorizzati e, invece, siamo uno dei paesi con la natalità più bassa del mondo, poco sopra 1,2 figli a donna. È paradossale che la gestione della prole sia considerata penalizzante nel progresso di carriera, perché si fa meno problematica al crescere della disponibilità di reddito”. In pratica, una manager non avrebbe problemi a ingaggiare una brava baby-sitter, ma rischia di non diventare mai manager per il sospetto con cui viene vista la maternità.

    Però la Bombelli sostiene anche che alle ”alle donne spesso mancano alcune competenze importanti per far carriera: autostima, capacità di separare l’aspetto relazionale da quello contenutistico, assertività, volontà e capacità di negoziare, capacità di leadership. ”

    Inoltre le donne, sempre secondo la Bombelli, sembrano aver paura di desiderare il potere in quanto tale, considerandolo disdicevole e preferendo attivitò in cui la propensione solidaristica sia più evidente.

    La professoressa Bombelli ha lavorato e lavora in un ambiente fortemente competitivo in cui il successo o quantomeno, la tendenza al suo raggiungimento, è di prassi. Forse non si chiede se ci siano donne per cui lavorare per far bene il proprio lavoro sia sufficiente.

    A questa obiezione si potrebbe affiancare una risposta data dalla Montegiove alla domanda “ se per raggiungere il potere sia necessario sgomitare” ? Ha risposto positivamente. Per far carriera bisogna competere e non averne paura.

    Ma allora questa nuova via femminile al potere? Bisogna adeguarsi all’universo maschile? O è possibile reimpostare le regole del gioco? Secondo la Bonfanti le regole del gioco cambieranno quando ci saranno più donne al potere. Ed è a questo che bisogna operarsi.

    La Bombelli alla fine ha invitato le numerose partecipati alla tavola rotonda a guardarsi anche indietro. Le nostre madri avevano una posizione nella società e nel mondo del lavoro molto peggiore della nostra. Ciò dimostra come la situazione sia in movimento verso un miglioramento. Basta continuare a volerlo e non tirarsi indietro per timore di non averne le competenze.

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