Regia di Paolo Virzì
Con Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Ilaria Spada, Galatea Bellugi, Anna Ferraioli Ravel,
Daniele Valdemarin
Al cinema dal 30 ottobre
Mi sbilancio: questo è forse il film più bello di Paolo Virzì. Non solo, qui Valerio Mastandrea, già bravissimo in tanti ruoli passati, ci regala uno dei personaggi più potenti della sua carriera. Per non parlare della storia: originale, profonda, avvincente, tragica, ma venata di ironia.

Merita un plauso anche la parte giovane del cast, che comprende una convincente Galatea Bellugi (la nuova
Micaela Ramazzotti?) e il figlio d’arte Daniele Valdemarin: suo padre era Mario, attore poliedrico in teatro,
in tv e al cinema.
Sono tante le tematiche ben raccontate da questo film riuscito. Una è sicuramente il patto tra le generazioni che vede, prima contrapposti e poi alleati, un gruppo di ragazzi impegnati a coltivare la terra (tutti laureati e ben preparati) e un (ex) avvocato misantropo.

Ma chi è Adriano Sereni e perché ha scelto di isolarsi in campagna, portando avanti una vita di mera sussistenza?
La tragedia che gli ha segnato la vita emerge un po’ alla volta, soprattutto grazie alle interazioni con altri personaggi, che cercano di strapparlo al suo abbrutimento. Fra questi spicca Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo della socia di Sereni, Giuliana Marziali (e la contrapposizione tra i due nomi dello studio non pare casuale, offrendo anche lo spunto per una delle battute più riuscite). Lei incarna un amore, per il protagonista e per la vita, che alla lunga la rende adorabile e toccante.

Fra gli altri temi trattati ci sono i rapporti familiari, l’atteggiamento nei confronti delle diversità e,
fortissimo, quello che vede al centro i sensi di colpa. «Leggere il soggetto del film mi ha straziato. In questo personaggio ho trovato qualcosa che mi riguardava e che ho creduto di poter far risuonare in modo vero e potente» ha dichiarato Mastandrea.
«Valerio ha fatto piangere tutti, anche le comparse» Virzì, di rimando. È facile immaginare che anche il regista abbia messo nella storia qualcosa di sé e della sua difficile condizione di padre separato. E l’importanza della famiglia è confermata anche dal ruolo che ha nel film il fratello del regista, Carlo, che ha contribuito alla sceneggiatura e lavorato sulle musiche. Lo stesso vale per la figlia Ottavia, che si è occupata dei costumi.
Di più non si può dire, se non invitare ad andare al cinema e immergersi in una storia potente che pone sì molte domande, ma per una volta suggerisce anche qualche risposta.
