La bellissima Xin Zhilei è un’attrice cinese. Ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla 82ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per il film Rì guà zhōngtiān, regia e sceneggiatura di Cai Shangjun, diventando la seconda attrice cinese a ricevere questo premio dopo Gong Li per La storia di Qiu Ju (1992).
Il regista cinese delinea un ritratto mai rassicurante, del declino etico/morale in cui si può inabissare un rapporto coniugale.
Sacrificio e redenzione, afferma il regista : questa è una storia di morale. Un uomo si sacrifica per amore e si assume la colpa di un crimine commesso dalla sua amante. Eppure, lei lo tradisce e se ne va.
L’uomo e la donna sono amanti, ma provano anche risentimento. Quando si incontrano di nuovo, molti anni dopo, scoprono che il pentimento non porta perdono e il sacrificio non porta giustizia. In un ultimo saluto alla stazione degli autobus, si impegnano in un ultimo disperato tentativo di redenzione, di sentimenti prima repressi e poi estremi.
Un racconto di una Cina contemporanea, dai ritmi lenti e dalle inquadrature lunghe, statiche, che indugiano sulla costruzione del senso di gabbia, di un silenzio nei confronti della vita.
Il trittico di personaggi attorno a cui ruota il ciclo di colpa e pentimento alla base di questo The Sun Rises On Us All è completamente avviluppato ad una spirale infinita di auto-violenze, inflitte su loro stessi da individui incapaci di riordinare, a livello quotidiano, la scala dei propri valori morali.
Il mondo di The Sun Rises on Us All è distante e glaciale. Un luogo in cui trascinarsi e boccheggiare quel poco di ossigeno che si riesce a incamerare tra uno stato di apnea e l’altro. È così che vive Meiyun (Xin Zhilei). Giovane ma infelice, possiede un negozio di abbigliamento, vive in un anonimo appartamento e intrattiene una relazione clandestina con un uomo sposato e con figlia (Feng Shaofeng).
Ciò che dà vita al racconto riguarda un “tradimento” protratto insensatamente nel tempo: 7 anni prima che Meiyun rincontrasse il marito proprio nel momento in cui scopre di aspettare finalmente un bambino, la donna aveva causato un incidente stradale di natura mortale, di cui Baoshu si era preso interamente la colpa.
La protagonista, nonostante il coniuge avesse addirittura accettato il carcere pur di difenderla, lo lascia dopo pochi mesi, per rifarsi una vita all’insegna però di un pentimento a cui, in un modo o nell’altro, sembrava dover ritornare sempre.
Ma le terapie mediche di cui l’uomo necessita per affrontare il malanno che lo sta piegando costringono ora i due a riintrecciare i loro cammini, malgrado le lacerazioni emotive che entrambi portano inscritto nel loro animo non promettano a nessuno dei due di anelare ad una liberazione/purificazione dalle rispettive crisi interiori.
Enfatizzate ulteriormente dalla presenza, nella vita di Meiyun, del padre del suo futuro bambino, alle prese con le classiche difficoltà presentate da una relazione extraconiugale.
Cai Shangjun mette sin da subito in scena un’escalation graduale ed infinita di eventi drammatici, che creano una concatenazione asfissiante di situazioni problematiche, che esacerbano le incongruenze degli atteggiamenti dei due coniugi.
Lei nella pancia scopre di portare una gravidanza, lui invece un cancro allo stomaco.
Cai Shangjun riesce lo stesso ad attivare una sinergia immediata tra le due sfere emozionali in cui si muove la coppia di ex coniugi, cioè il sacrificio e la redenzione, senza mai prediligere una a sfavore dell’altra, finché le debolezze intrinseche a questi personaggi, per poter essere disinnescate, non lasciano il posto alle schegge di violenza su cui il regista cinese ha concepito, le opprimenti immagini di individui alle prese con un inesorabile declino etico e morale.
Questo è un viaggio dell’esistenza.

Adriana Moltedo
Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.