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    Home»Pari opportunità»Non c’è mai una violenza giusta II
    Pari opportunità

    Non c’è mai una violenza giusta II

    monica lanfrancoBy monica lanfranco08/01/2012Updated:29/10/2015Nessun commento4 Mins Read
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    femminismo-incammino
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    <<precedente>>

    Un pezzo di femminismo italiano sottovalutò questa nostra analisi e profezia: nel maggio 2001 un gruppo di allora giovani della Libreria delle donne di Milano ci invitò a spiegare cosa ci muovesse a organizzare un momento precedente e separato (non separatista) sulla globalizzazione: le ‘maggiori’ ci dissero che questioni come la globalizzazione erano fuori dall’orizzonte del ‘vero’ femminismo’ decidendo la cancellazione di quel pezzo di storia e di pratiche, che invece purtroppo si rivelarono corrette e anticipatrici.

    Oggi apprendo cheLuisa Muraro su Via Dogana ragiona di violenza e uso della forza sostenendo che esistono occasioni in cui la violenza può essere giusta.

    Si tratta di una affermazione che reputo grave, da parte di una femminista e di una filosofa.

    Scrive Muraro: ”La predicazione antiviolenza non manca certo di argomenti morali ma le manca ormai un punto di leva per sollevare le giuste pretese e abbassare l’arroganza dei potenti. Anticamente il punto di leva era la parola divina; modernamente è stato l’ideale del progresso. Che oggi è morto, al pari e forse più di Dio. Oggi, a causa della competizione globale, esasperata dalla crisi in corso, l’idea che sia possibile stare meglio tutti non agisce più; prevale quella che il meglio sia per alcuni a spese di altri.

    La constatazione che non siamo più animati dal sogno di stare tutti meglio, è un colpo mortale all’ideale dell’uguaglianza e alla politica dei diritti. E impone di riaprire il discorso sull’uso della forza. C’è una violenza nelle cose e fra i viventi che prelude a un ritorno della legge del più forte: dobbiamo pensarci.

    Il discorso può aprirsi dicendo semplicemente che, in certi contesti, a certe condizioni, è opportuno non usare tutta la forza di cui si dispone. Bisogna però tenerla a disposizione, se non si vuole che altri se la prendano: alla propria forza non si rinuncia senza soccombere ad altre forze. Si tratterà dunque di dosarla senza perderla”.

    Penso che aperture, più o meno ambigue o possibiliste, verso l’uso della forza o della violenza, giustificata in certi ambiti, sia pericoloso perché genera derive incontrollabili. E’ un luogo comune purtroppo diffuso quello secondo il quale la violenza che fai tu è giusta: cito esempi lontani tra loro ma unanimi su questo aspetto come gli ultras, i brigatisti neri e rossi, i fondamentalisti di tutte le religioni che ritengono che una certa dose di violenza serva a tenere in riga le donne, i casseur, i black block, una certa giurisprudenza, che ammette la legittimità di una certa
    forzatura sulla donna nel rapporto sessuale, considerando ambiguo il desiderio femminile.

    Mai l’umanità è stata animata all’unisono dallo stesso sogno di pace, giustizia ed equità, ma non per questo dobbiamo derogare sulla legittimità della violenza solo perché oggi le ingiustizie sono, o ci sembrano, più grandi. La violenza è violenza: sempre stupida, sempre distruttiva. La violenza intelligente è un ossimoro.

    Se si comincia a derogare sull’uso della violenza, magari invocando la rabbia o la disperazione come legittimo motivo per abbandonarvisi o servirsene, pensando che esista una modica quantità tollerabile, (se si sta dalla parte giusta), abbiamo perso già in partenza la scommessa del cambiamento, che ha tra i suoi fondamenti il senso del limite, la responsabilità, e l’esclusione della violenza dall’orizzonte della vita e della felicità.

    Abbiamo perso perché rinunciamo alla condivisione, dal momento che la violenza è pratica che salda individualità blindate e deprivate sensorialmente che non dialogano ma si uniformano, militarizzando e gerarchizzando corpi e menti.

    La paziente, (di certo faticosa), ma anche divertente e creativa pratica nonviolenta costruisce invece sguardi, visioni, realtà, politiche divergenti, inclusive, felicemente conflittuali.

    Scrive Vandana Shiva, che di certo non accademicamente disserta sulle violenze del mondo: “La pace non si creerà dalla armi e dalla guerra, dalle bombe e dalla barbarie. La violenza è diventata un lusso che la specie umana non può più permettersi, se vuole sopravvivere. La nonviolenza è diventata un imperativo per la sopravvivenza”.

    *www.monicalanfranco.it,www.altradimora.it,www.mareaonline.it, www.radiodelledonne.org

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    monica lanfranco
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    Monica Lanfranco, nata il 19/3/1859 a Genova; laureata in filosofia è giornalista e formatrice sui temi della differenza di genere e sul conflitto. Ha fondato nel 1994 il trimestrale di cultura di genere MAREA. Ha collaborato con Radio Rai International, Carta, Liberazione, Arcoiris Tv, Linus. Ha un blog sul Fatto quotidiano. Ha insegnato Teoria e Tecnica dei nuovi media all’Università di Parma. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne, sulla comunicazione di genere, e sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Il suo primo libro è stato nel 1990 Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi (Solfanelli). Nel 2003 esce Donne disarmanti - storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi(Intramoenia). Nel 2005 esce Senza Velo - donne nell’Islam contro l’integralismo (Intramoenia). Nel 2007 ha prodotto il film sulla vita e l’esperienza politica della senatrice Lidia Menapace dal titolo Ci dichiariamo nipoti politici. Nel 2009 è uscito Letteralmente femminista – perché è ancora necessario il movimento delle donne (Punto Rosso). Nel 2013 è uscito Uomini che odiano amano le donne- virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi (Marea Edizioni) dal quale è stata tratta la piece teatrale, primo caso di teatro sociale per uomini Manutenzioni – Uomini a nudo https://manutenzionilapiece.wordpress.com Ha collaborato con Radio Rai International, Carta, Liberazione, Arcoiris Tv, Linus. Ha un blog sul Fatto quotidiano. Ha insegnato Teoria e Tecnica dei nuovi media all’Università di Parma. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne, sulla comunicazione di genere, e sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Il suo primo libro è stato nel 1990 Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi (Solfanelli). Nel 2003 esce Donne disarmanti - storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi(Intramoenia). Nel 2005 esce Senza Velo - donne nell’Islam contro l’integralismo (Intramoenia). Nel 2007 ha prodotto il film sulla vita e l’esperienza politica della senatrice Lidia Menapace dal titolo Ci dichiariamo nipoti politici. Nel 2009 è uscito Letteralmente femminista – perché è ancora necessario il movimento delle donne (Punto Rosso). Nel 2013 è uscito Uomini che odiano amano le donne- virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi (Marea Edizioni) dal quale è stata tratta la piece teatrale, primo caso di teatro sociale per uomini Manutenzioni – Uomini a nudo https://manutenzionilapiece.wordpress.com I suoi siti sono www.monicalanfranco.it ; www.altradimora.it ; www.mareaonline.it www.radiodelledonne.org https://manutenzionilapiece.wordpress.com

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    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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