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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Saman in classe con noi
    Costume e società

    Saman in classe con noi

    DolsBy Dols11/06/2021Nessun commento6 Mins Read
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    Saman non è l’altra. È una di loro, perché come loro aveva 18 anni, come loro sognava amore, inseguiva il “vago avvenir “ che in mente aveva, immaginava una vita tutta da venire, nonostante tutto, nonostante le montagne da scalar.

    di Pina Arena

    Uno degli ultimi giorni di scuola: il nostro tema doveva essere il doppio e il ritratto tra letteratura e arte, ma abbiamo parlato d’altro con la mia classe di diciottenni prossimi all’esame di Stato, già proiettati verso un futuro da disegnare per qualcuno, già tracciato per altri, che tutte e tutti immaginano e vogliono, com’è loro diritto che sia, felice e libero.
    Abbiamo portato in classe Saman Abbas, la giovane pakistana barbaramente uccisa dai familiari.

    Saman non è l’altra. È una di loro, perché come loro aveva 18 anni, come loro sognava amore, inseguiva il “vago avvenir “ che in mente aveva, immaginava una vita tutta da venire, nonostante tutto, nonostante le montagne da scalare. Una vita in cui una giovane donna può scegliere chi vuol essere, con chi condividere la propria strada, chi far uscire dalla propria vita. E, invece, a lei è andata diversamente.

    È Lorenzo a osare un salto ardito: da Pirandello ad un doppio ritratto che compare su tanti giornali: in uno Saman indossa il velo islamico, è come irrigidita in una formalissima posa; nell’altro sorride con uno sguardo vispo e sornione, non è velata. “Sembrano due persone diverse- osserva- perché in uno dei ritratti diventa un’altra persona o personaggio”.
    Mi guarda come a chiedere conferma. Guarda i suoi compagni.
    Ascoltano attenti e silenziosi, osservando il doppio ritratto: in quelle foto accostate, osservo, ci sono due mondi che devono convivere nella storia e nel corpo di un’adolescente figlia di pakistani che vivono in Italia e in Italia portato la loro storia e la loro cultura, mentre Saman respira altra aria fuori casa, incontra ragazze e ragazzi che vivono un mondo e una cultura diversa.

    Saman è vittima della sottocultura patriarcale che la sua famiglia porta con sé e alla quale risponde immolando la figlia, sacrificandola senza dubbio ed esitazioni, per mano di uno zio.
    Ritorna così il tema del doppio e della maschera : lo zio portatore dell’onore della famiglia, lo zio esecutore del delitto della nipote.
    “Perché lei l’ha seguito senza gridare, senza opporsi?-chiede Vittoria. “Si fidava o stavolta non poteva scappare” risponde Claudia.

    Doppia è la faccia del patriarcato che accarezza chi obbedisce e si sottomette al suo desiderio e alla sua volontà mentre colpisce con la scure e l’ascia chi sfugge alla sue pietrose regole.
    Pia vola altrove e osserva che di Saman sappiamo poco. Non sappiamo, ad esempio, per quanto abbiamo cercato notizie sui giornali, quale scuola avesse frequentato, quali studi avesse fatto.
    Si parla solo della sua fuga da casa, dopo aver scoperto che sarebbe stata condotta in Pakistan per un matrimonio combinato con un anziano cugino; si parla della sua decisione di rientrare a casa, dopo aver denunciato la famiglia. Poi il nulla, anzi la certezza che siano stati i familiari ad ucciderla: gli uomini, lo zio ed i cugini, sono stati la mente ed il braccio del femminicidio, le donne, la madre per prima, le complici mute.

    “Come Pia de’ Tolomei, no, come Piccarda, come Costanza … come tutte e tre” : è Alessia a rompere il silenzio mentre cerca sul testo i versi che le risuonano nella mente.
    Ha ragione, come tutte e tre: anche Saman, ancora nel 2021, è vittima della cultura di quegli stessi uomini vili, al mal più che al bene usi, doppi, padroni e servi, schiavi anche loro di un pensiero che li vuole padroni, senza dare neanche loro possibilità di scegliere.
    “Si, ma in una famiglia italiana non accadrebbe, lei era pakistana ” osserva Andrea.
    Marta prende la parola: non ha risposte, ha una domanda: s’interroga sulla fatica e sul peso che Saman ha portato con sé, lei, ragazza disobbediente, ma non al punto da rompere il muro o alzarlo del tutto. È rientrata a casa, perché era quella la sua casa, erano quelli i suoi genitori e lei non poteva cambiarli. È fuggita , ma non sapeva cambiarli.
    Alessia aprire un’altra strada: la famiglia di Saman era pakistana, ma viveva in un Paese in cui la violenza sulle donne è “pane quotidiano”. Mentre Alessia parla infervorata, li invito a cercare sui loro cellulari i dati sui casi di femminicidio in Italia negli ultimi due anni.

    I numeri e la loro lettura non lasciano dubbi. La violenza sulle donne in Italia è cresciuta, fino a raddoppiare, nei due anni in cui le donne e gli uomini sono stati chiusi dalla pandemia nelle loro case. La casa , luogo di sicurezza, per tante è diventata il calvario e il patibolo. Chiuse in casa con uomini violenti, padroni, punitivi, per tante la casa è stata luogo di morte.
    Sono cresciute le domande di aiuto , mentre i centri antiviolenza non riescono ad accogliere tutte le richieste, le forze di polizia non sanno mettere in sicurezza e l’Italia viene bacchettata da Strasburgo per l’inadeguatezza delle sue sentenze sui casi di violenza contro le donne.

    Chiudiamo il cerchio e la domanda è sempre la stessa: come se ne viene fuori?
    Ritorniamo ad invocare una cultura nuova contro la malefica zizzania del patriarcato.
    Di questo disastro culturale, in Italia, nel mondo, ancora nel 2021, i responsabili non sono solo gli uomini che uccidono, ma anche le istituzioni, i governi, i corpi di polizia che non sanno rispondere in modo adeguato alle domande di aiuto; sono responsabili anche donne e uomini che non prendono parola e stanno a guardare.
    È un problema culturale che chiede un impegno congiunto di tutte le parti, di ogni governo, di ogni tribunale, di ogni corpo di polizia, di ogni scuola, di ogni insegnante, di ogni cittadina e cittadino.
    “Che siano gli uomini tutti a prendere la parola”: mi rivolgo ora ai miei alunni, cerco di leggere nei loro sguardi.
    Qualcuno abbassa gli occhi pensoso. Qualcuno stringe le labbra assentendo. Qualcun altro fa cenno di sì. Qualcun altro non si muove neanche.
    Suona la campana. La lezione è finita.
    Vittoria è l’ultima ad uscire, mi guarda pensosa mentre raccatta le sue carte e i suoi libri: “Prof, oggi Saman è stata con noi”. Mi saluta, va via anche lei.

    Saman
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    Dols

    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    Donne di dols

    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

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Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.
    https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello- https://www.dols.it/2025/05/09/david-di-donatello-2025-e-femmina/

A trionfare sono state le donne: 7 David a Vermiglio di Maura Delpero mentre L’arte della gioia di Valeria Golino e Gloria! di Margherita Vicario hanno conquistato 3 premi a testa
    Terrazzo un fiore Terrazzo un fiore
    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
    “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
“ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
    Post su Instagram 18054001580213162 Post su Instagram 18054001580213162
    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

https://www.dols.it/2025/05/04/la-statuaria-torinese-una-disputa-femminista/
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    https://www.dols.it/2025/05/01/te-indiano/ Ti sei https://www.dols.it/2025/05/01/te-indiano/

Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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    Cherasco Cherasco
    CHERASCO PIEMONTE CHERASCO PIEMONTE
    Tra pregiudizi di genere e grande determinazione Tra pregiudizi di genere e grande determinazione

Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
ma realtà per pochi. Lo conferma l’analisi di Hays Italia in collaborazione con Serenis, il 40% degli
intervistati non è per nulla contento della propria condizione lavorativa e il 60% pensa con
regolarità a un cambio radicale della propria esistenza.

https://www.dols.it/2025/04/16/francesca-rizzo-imprenditrice-di-successo-a-bali/
    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

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