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    Home»Costume e società»CI SONO BAMBINI (E ADULTI) A ZIG ZAG
    Costume e società

    CI SONO BAMBINI (E ADULTI) A ZIG ZAG

    ANTONIA CHIARA SCARDICCHIOBy ANTONIA CHIARA SCARDICCHIO07/01/2016Updated:07/01/20161 commento5 Mins Read
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    La verità che appartiene al mistero umano è che mai, mai nulla che ci appartiene è pre-scritto: i miracoli sono sempre in agguato.

    Le effimere e la fortezza

    (Chiedo perdono se, per la prima volta, in questa mia rubrica bizzarra, questo mese così sfacciatamente parlo di Dio e mescolo epigenetica e Gesù, resurrezioni e incoscienze.
    Prometto che non accadrà più…perché amo scrivere per tutti, non solo per me.
    E’ che… in questo post di inizio anno dovevo per forza raccontare di certi miracoli. Ovvero: di certe donne e di certi uomini.)

    Alcuni raccontano che ci sono storie che non si possono riscrivere.
    Alcuni van dicendo che è follia, amore sprecato, adottare o prendere in affido o prendersi cura di un bambino o bambina il cui destino è già, irrimediabilmente, “segnato”.
    Raccontano storie che, sì, sono vere.
    Ma non sono la verità tutta intera.
    La verità che appartiene al mistero umano è che mai, mai nulla che ci appartiene è pre-scritto: i miracoli sono sempre in agguato.
    E giungono a validare una realtà che è scientifica, non romantica: l’epigenetica, la fisica post-moderna, le teorie del caos e della complessità, le neuroscienze e  la psicologia costruttivista ci descrivono come creature ri-scrivibili.

    Quando, ormai quasi vent’anni fa, una mia cara amica adottò una bimba “complessa”, un professionista (!) le disse : “Non avete compiuto un atto d’amore, ma un atto di incoscienza”.

    Ed effettivamente: tante tribolazioni, mille travagli quella vita e quelle vite hanno attraversato. (Come il popolo di Dio nel deserto. Fece in quarant’anni i passi che poteva compiere in quattro. Non perché Dio si divertisse a vederli disorientati…ma perché, forse, è nell’errare che l’identità si cerca e si trova.)

    Eppure oggi quella bimba è una donna felice. Fra qualche mese si sposa.
    Rompendo la logica, mostrando coscienza di quella beata e sacra incoscienza.

    Occorre raccontare anche queste di storie. Poiché anche queste sono vere.
    Certo: non v’è certezza. Ma per chi, per cosa l’abbiamo?
    Non l’abbiamo neppure per i nostri figli di carne e, invero, neppure noi lo fummo e lo siamo per i nostri genitori.

    Ci è richiesta quella “incoscienza” che da secoli chiamiamo Fede. Che non è obnubilamento del cervello, resa della ragione, patologia mentale delle anime fragili e credulone.
    Oh no, la Fede di ragione ne chiede una di livello superiore: quella che riconosce che molto è quel che sa ma che altrettanto è quello che non sa. E che in quello spazio, misterioso e inintelligibile, avverrà la vita di ciascuno. Fede in Dio e  nelle persone. Nelle incredibili capacità, divine e anche umane (dopo il Dio incarnatosi per morire e scoperchiare le tombe  portandoci appresso tutti), di resurrezione.
    Si chiama, scientificamente, resilienza. Ed è la storia di tutte le storie che si ri-scrivono.

    Come? Occorrono molte competenze. La più importante è la consapevolezza che i miracoli non cadranno dall’alto. I miracoli richiedono com-partecipazione. Ogni volta che guariva qualcuno, non è forse vero che quel certo Gesù diceva “è la tua fede che ti ha salvato”?
    (Decisamente non era un tipo autoreferenziale, come molti che conosco, professionisti della psicologia e dell’educazione..ops).

    Eh sì: fede che non coincide con l’attesa del Salvatore. No, no, quella era roba per chi aveva solo il vecchio di testamento. A noi che siamo venuti dopo, è richiesta una fede diversa: la consapevolezza che già è venuto e che già siamo salvati. Riscritti.
    E che dunque non più l’attesa ma l’impegno di ri-scrittura è la cifra della nostra resurrezione.

    Eh si: ci sono miracoli che Dio non vuole compiere da solo.
    Ma non mi riferisco alla “salvezza” di quelle creature a noi affidate. Mi riferisco alla nostra.
    A quella di ciascuno di noi, adulti che hanno deciso di uscire da sé per andare verso quelli che gli altri considerano incoscienza.
    Sì, la nostra salvezza: no, no, non nel senso che aiutando o accogliendo un bambino “ci salviamo perché siamo buoni”. Oh no, non è quel genere di salvezza che il Rivoluzionario è venuto ad annunciare.
    Mi riferisco al salvarci dal quieto vivere.

    Poiché, sicuramente, non è in una vita facile e cheta che i genitori affidatari vanno a infilarsi.
    E così anche tutti i temerari di questa temeraria impresa che è il nido “ L’amaca” a Molfetta:

    incoscienti agli occhi dei più, stanno invece cercando la strada migliore per la coscienza:  quella che sa che è solo attraverso il zigzagare, solo attraverso “discese ardite e risalite” – come cantava qualcuno tanto tempo fa – la vita impara se stessa, scopre il suo miracolo.

    Ognuno il suo. Non soltanto i piccoli “smarriti” agli occhi di un giudice, ma anche noi, che mille altre forme di smarrimento conosciamo e abbiamo conosciuto. Anche noi siamo fatti a zigzag.

    Ed allora il 10 gennaio ci incontriamo per fare una festa di inaugurazione tra incoscienti.
    A raccontarci allegria e bellezza dei miracoli scientificamente fondati.

    “L’inimmaginabile
    è immaginabile.”

    Questo l’ha scritto una incosciente poetessa.
    E la neurobiologia concorda.

    Ed allora noi – famiglie e operatori, folli inimmaginabili – che facciamo?
    Festeggiamo.
    Che cosa?
    Quella sacra incoscienza che riscrive le storie ed ammutolisce certi… professionisti.

    (Con tutta la mia più profonda gratitudine a Patrizia, Luciana, Katia, Roberto, Andrea. Perché per credere in Dio occorrono uomini e donne).

    (Foto di Giovanni Ventura)

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    ANTONIA CHIARA SCARDICCHIO

    Antonia Chiara Scardicchio, dal 1998 è formatrice e studiosa di educazione degli adulti, resilienza e connessioni tra arte e scienza. Dal 2005 ricercatrice presso l’Università di Foggia dove insegna presso il c.d.l. specialistica. Nel marzo 2014 è stata insignita della prima edizione del Premio Italiano di Pedagogia. Dalla primavera 2013 è coordinatore del Festival della Complessità per l’AIEMS (Ass. It. di Epistemologia e Metodologia Sistemica) a Bari. E’ autrice di pubblicazioni scientifiche internazionali e nazionali. Appassionata di neuroscienze, Zavattini, patatine fritte, Erri De Luca, Jovanotti, filosofia, arte contemporanea, Italo Calvino, Roberto Benigni e Gregory Bateson. Con le Edizioni La Meridiana ha fondato, nel gennaio 2015, la prima HOPE SCHOOL italiana: www.hopeschool.edizionilameridiana.it

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    1 commento

    1. Andrea on 08/01/2016 00:31

      Quanto ho appena letto rappresenta e contiene qualcosa in più di quanto ho appena letto.
      E capito.
      Tra le righe si nasconde qualcosa di prezi-oso, miracol-oso.
      Si, miracoloso. Non è proprio un miracolo, è un miracoloso. Meraviglioso. Coraggioso. Speranzoso.
      Non è illuminato quanto l’autrice scrive, è illumin-oso. .
      Scrupoloso.
      Scientificoso.
      E soprattutto rigor-oso.
      In quanto Zig-zagoso.
      Personalmente riempie e svuota il mio sistema cardio-spirituale. Sistole e diastole si sono unite, facendomi resistere. Re-esistere.

      Grazi-osa questa Scardicchio. Scardicchiosa direi.

      A!

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