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    Home»Costume e società»Cultura»Film»La zona d’interesse
    Film

    La zona d’interesse

    DolsBy Dols02/03/2024Updated:02/03/2024Nessun commento4 Mins Read
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    la zona d'interesse
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    di Adriana Moltedo

    La zona d’interesse, plurinominato agli Oscar, Cannes e Golden Globe,   co-produzione anglo – polacca, scritto e diretto da Jonathan Glazer, è un adattamento cinematografico del romanzo omonimo  scritto da Martin Amis, che è morto il 19 maggio del 2023, lo stesso giorno in cui la pellicola è stata presentata in anteprima mondiale al Festival di Cannes.

    Rudolf Hoss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, sua moglie Hedwig, i loro cinque figli e altri personaggi trascorrono la propria quotidianità all’interno della cosiddetta area di interesse (Interessengebiet) di circa 25 miglia attorno al campo, ciechi all’orrore che si sta consumando al di là del muro che li divide.

    La famiglia Höss,- ha dichiarato il regista,- “Erano persone ordinarie, noiose, familiari: per questo dovevo fare il film su di loro, non sulle vittime”, ha aggiunto Glazer. “La storia – ha detto ancora – è destinata a ripetersi. Per questo parlo di Olocausto, ma non lo faccio mai vedere se non con gli occhi della mente. Bisogna fermare il circolo vizioso, distaccarci dalla sofferenza per riflettere.”

    A interpretare Rudolph Höss è Christian Friedel, mentre sua moglie Hedwig è la straordinaria Sandra Hüller che da poco abbiamo visto in Anatomia di una caduta.

    Il lago, l’idillio familiare, il grande rispetto per la natura che si trasforma quasi in ossessione per la disposizione di certi fiori e per la cura dell’orto, il tutto in perfetta convivenza col male assoluto.

    Schermo nero per 1’, a inizio e fine film. 

    L’oscurità dell’apertura del film cede improvvisamente il posto alla luce e al colore: un picnic di famiglia lungo un fiume tranquillo.

    Fondamentale la colonna sonora di Mica Levi che viene riprodotta su uno schermo nero così a lungo da mettere a disagio lo spettatore.

    Ci dice cosa accade oltre il giardino fiorito degli Höss. 

    Questi suoni mostrano l’invisibile, oltrepassano i confini che la macchina da presa sceglie di non superare.

    Glazer ha spiegato che il film è “diviso su due tracce: una è il film che senti, una è il film che vedi”. Due processi distinti, pensati sin da subito insieme al supervisore al sound design Johnnie Burn. “L’esperienza completa – ha aggiunto il regista – è nell’intersezione tra le due tracce, ma quello che volevo comunicare è che in questo caso le orecchie sono più importanti degli occhi”.


    Agghiacciante perché non vedremo mai il campo di concentramento, scelta narrativa che rende il film così efficace nella sua messa in scena dell’orrore.

    Immagineremo tutto dal fumo e dai rumori e dal progetto ambizioso del comandante Rudolf Höß, il più bravo tra i comandanti nazisti che si vanta della sua attività scientifica e industriale volta allo sterminio degli orrori del campo. 

    In primo piano, l’atmosfera è serena e domestica: il cane di famiglia corre felice dietro agli Höss mentre festeggiano il compleanno di Rudolf, ospitano la madre di Hedwig per una visita per lo più piacevole, si divertono in piscina con un’altra famiglia nazista.

    Dell’Orrore ci viene dato solo qualche indizio: l’abbaiare dei cani da guardia, gli spari occasionali, il rombo di una canna fumaria che si vede incombere in lontananza e che erutta fuoco, fumo e cenere mentre vengono bruciati i corpi dei prigionieri uccisi.

    Il film sulla vita privata e domestica di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz e responsabile dell’utilizzo di mezzi come il gas Zyklon B per ottimizzare lo sterminio, rimanda al concetto di “banalità del male” teorizzato da Hannah Arendt. 

    La responsabilità collettiva e la diluizione fordista dell’impresa che fu il genocidio degli ebrei da parte dei nazisti passa, come spiega la filosofa nel suo famoso testo, attraverso le piccole cose: l’uomo che ha costruito le rotaie per il treno che deportava uomini e donne ai campi di concentramento è tanto responsabile quanto chi ha impiegato l’uso delle camere a gas? L’interrogativo morale di Arendt è da sempre un tema centrale nell’analisi dei processi che portano ai sistemi totalitari.

    moltedo-film

    Adriana Moltedo

    Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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