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    Home»Costume e società»Cultura»Donne e musica»Gasparina Stampa e Maddalena Casulana, due voci “al femminile”
    Donne e musica

    Gasparina Stampa e Maddalena Casulana, due voci “al femminile”

    DolsBy Dols19/12/2018Updated:20/12/2018Nessun commento8 Mins Read
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    La coscienza di sè e la rivendicazione di genere: Gasparina Stampa e Maddalena Casulana, due voci “al femminile” tra letteratura e musica.

    di Francesca Bonaita

    Ch’io vorrei… di mostrar anche al mondo (per quanto mi fosse concesso in questa profession della Musica) il ​vano error de gl’huomini​, ​che degli alti doni dell’intelletto tanto si credono patroni​, che par loro, ch’alle Donne non possono  medesimamente esser communi. Maddalena Casulana,Venezia 1568

    C’è un momento, nella storia delle arti in genere, a più riprese e alterne, in cui scatta, nel soggetto artefice di un prodotto artistico, la consapevolezza del proprio valore individuale che non può e non vuole essere taciuto. Emerge una coscienza di sé, delle proprie doti individuali, dell’unicità del lavoro personale, della possibilità di marcare realmente la differenza tra la propria e le voci altrui, che a un certo punto necessita del riconoscimento dell’identità e della volontà autoriale, tanto dal desiderare di fuoriuscire dal coro e dal dimenticatoio. Per molti secoli, sono state
    considerate vane, a registri vari di appartenenza disciplinare, le singole individualità intente a capolavori che hanno segnato la storia delle arti.
    Gaspara_stampaL’arte figurativa, le lettere, la ​mousike​, si ergono a un gradino differente rispetto alle competenze tecniche generiche della ​technè​: lo intuirono bene le menti che specularono filosoficamente sui principi e sul valore dell’arte, oltre alle personalità artistiche che iniziarono ad emergere nella Grecia e in tutta la classicità, epoca antropocentrica ​ante litteram, ​in cui si volle, coscientemente, associare alla propria opera anche il proprio nome, scritto o scolpito, a chiare lettere. In seguito, è da quel serbatoio senza nomi in cui si concentrarono le molte maestranze e opere artistiche di secoli, non certo culturalmente bui come intesi un tempo, ma forieri di valori e istanze intellettuali semplicemente differenti e poco comprensibili, specie se osservate retrospettivamente dall’occhio contemporaneo – per esempio sulla necessità di non specificare l’operato individuale, in quanto l’opera al suo termine era intesa non come l’espressione del singolo, ma come parte di un disegno accomunante molto più alto del valore del singolo individuo – che a un certo punto accadde un cambio di prospettiva verso la direzione “del copyright” di
    accezione moderna. Associati a tutte queste opere “nuove”, furono scritti, con poche eccezioni e in ogni ambito, nomi di soli uomini, che vollero
    imporsi, a propria e altrui laude e a imperituro ricordo.

     

     

    Fama, gloria e memoria, in un tutt’uno, ma a chiaro e netto segno maschile. Se già nel tardo Medioevo assistiamo a un dispiegamento di identità, tutte identificabili, tanto più nella letteratura e persino nell’arte figurativa e musicale – Volvinio scrive il suo nome sull’altare di Sant’Ambrogio a Milano perché sa che il suo non è un lavoro qualunque e intende ricordarlo a sé stesso e al mondo, affinché non lo dimentichi – è con l’umanesimo quattrocentesco che le prospettive mutano definitivamente, in ogni direzione, a causa della mutata considerazione del singolo
    individuo e del suo valore nel cosmo in quanto essere cogitante, a imitazione della perfetta armonia della natura.
    Tuttavia, se la speculazione in ogni direzione è stata oggetto di riflessioni pressoché unicamente maschili, persino le parole della dedizione e dell’amore – e del loro esser messe in musica – intrinsecamente legate alla sfera femminile, furono tutte maschili, a partire dalla letteratura e dalla musica cortese e stilnovista, con paletti culturali molto ben definiti e invalicabili. E ancor più, da quella data spartiacque per la cultura italiana che fu il 1525, anno di stesura a opera del Cardinal Bembo della sua “Prose della volgar lingua”: si codificò la normativa che, a scrivere e cantar d’amore, fosse una ​koinè ​letteraria comune, che tuttavia doveva attingere solo alla meravigliosa lingua uniformante del Petrarca, grazie al suo essere intrinsecamente poetica, generica e pertanto universale.
    bonaitaGià a partire dal Cinquecento, vediamo operare anche figure femminili  che prendono coscienza e parola, seppur con dettami e codificazioni altrui, iniziando a imporre una sensibilità propria che, pur passando attraverso codici espressivi in un certo senso imposti – pensiamo alla figura di Vittoria Colonna, l’amica cara di Michelangelo – appare come l’esplicitazione di una modalità espressiva differente, propriamente femminile, tanto nella letteratura quanto nella musica. Esempio ancor più distante e forse anche dissacrante rispetto ai dettami comuni, è dato dall’eroica produzione lirica del ​Canzoniere della “Gasparina” Stampa, colta poetessa e musicista di origini padovane, vissuta a Venezia e morta giovanissima, tacciata per secoli poiché additata quale cortigiana. La sua lingua, considerata per secoli troppo poco petrarchesca, echeggia non solo di parole che si compiacciono degli stilemi noti, ma che corrispondono, sotto forma di un diario intimo, a una delicatezza d’animo femmineo che alterna dei veri e propri azzardi sentimentali, fatti di angoscia, profonda tenebrante, ben lontana dal repertorio edulcorato usuale, misti a gioia limpida e piena. L’amore, quello che arma pensieri, voglie “ognor fredde e gelate” e getta l’anima e il cuore, in un abisso confuso e di fuoco per cui “l’ardere è fatale” senza troppi platonismi, è cantato in versi che hanno un timbro, per dirla con le parole di Maria Bellonci, scrittrice novecentesca alla caccia delle pieghe intime delle più incredibili figure femminili rinascimentali, “invaso da cadenze musicali”. Il rapporto tra la musica e la lingua è strettissimo e tutta la letteratura madrigalistica è permeata dall’intreccio tra le parole alte della poesia e dell’amore: ma ecco apparire tra la pletora di voci maschili, molte figure femminili, in ambito cortese (una tra tutte Isabella d’Este) e figlie di famiglie di musicisti che si avviano allo studio della composizione musicale. Tra queste, Maddalena de Mezeri, detta la “Casulana”, nata nella melanconica dolcezza dei clivi senesi di Casole d’Elsa, a quell’epoca centro musicale d’eccellenza per la presenza di numerosi protagonisti maschili della musica e della letteratura del tardo Rinascimento. Dedita al canto e al liuto, che tanto affascina chi l’ascolta, “musa e sirena”, come attestano le fonti, di un’età gioiosa che prelude a tutt’altre inquietudini, è nel tempo ancor più spinta verso la composizione, tanto che le verrà legittimamente conferita, primo cas femminile della storia della musica occidentale colta, dignità di stampa.
    Non solo, e non a caso, una donna compositrice prende consapevolezza del suo ruolo in veste di autore, nell’illuminato ambiente di Isabella de’ Medici nel Granducato di Toscana, esempio felice di corte in cui sia stato possibile esprimere la partecipazione femminile alla condivisione della vita politica e al mecenatismo culturale; ma la giovane donna si dedica alla stesura di alcuni madrigali, alcuni dei quali pubblicati nel 1566 all’interno di una raccolta antologica intitolata “Il Desiderio”, fino alla redazione di un ​primo ​Libro de’ madrigali a quattro voci​, ​stampato con
    il nome dell’autrice nel 1568 a Venezia, città per eccellenza della stampa d’autore, dal Manunzio in poi.

    Dedicando alla mecenate la sua opera e la sua attività di musicista, ovvero la “profession” casulanadella Musica, termine che attesta una presa di coscienza del possibile cambiamento del ruolo femminile nel panorama musicale, considerando finalmente la musica stessa un lavoro vero e proprio e non più motivo di solo svago o intrattenimento per il gentile sesso, Maddalena intende mostrare al mondo il suo valore, quale rappresentate ​in pectore del genere femminile. Si rivolge indirettamente al mondo maschile gettando un vero e proprio guanto di sfida, pur inserendo “la denuncia” nel contesto dedicatario di un’opera a stampa, quasi una sorta di primo documento di emancipazione femminile, al fine di contrastare un macrocosmo che partecipa del rigido schematismo culturale; colpevole, a suo dire, di esser sempre caduto nel “vano errore”, l’abbaglio di considerare il dono dell’intelletto di pertinenza esclusiva del sesso maschile, valutando un distacco incolmabile tra la capacità delle donne, considerate sempre non
    all’altezza, e gli uomini stessi. La dedica di Maddalena Casulana è un conclamato e alquanto ironico invito alla rivalsa.
    Donna in grado di confrontarsi sapientemente con le più elevate menti musicali e accademiche dell’epoca, che le consentono persino, vista la sua comprovata bravura e originalità, di essere introdotta in nuovi ambienti europei per allargare i propri orizzonti e contatti, Maddalena porta nella sua musica una straordinaria sensibilità emotiva. In grado di costruire ardui passaggi ricchi di drammaticità, in cui si contrappongono registri sonori acuti e gravi, ricchi di cromatismi e persino dissonanze alquanto ardite per l’epoca, le sue musiche si distendono
    improvvisamente in più linee melodiche, presentate nell’arco di poche battute, preoccupandosi soprattutto di far emergere, nel tessuto sonoro creato ad arte, il portato emotivo del testo. Una lirica in particolare del Sannazaro, mette in scena la straordinaria capacità contrappuntistica della Casulana, in grado di indagare profondamente le corde dell’animo umano, attraverso particolari artifici del lessico musicale.
    “Morir non può il mio cuore:/ucciderlo vorrei, poi che vi piace. Ma ttrar no si può fuore/del petto vostr’ove gran tempo giace./ Et uccidendol’io,
    come desio, / so che morreste voi, morrend’ anch’io.”
    Quanto è fugace il piacere, misto al dolore, degli amanti che si dilaniano, nella contrapposizione tra desiderio di porre fine con la morte alla loro brama e che tuttavia li avvince nel presente, e al tempo stesso il desiderio di rimanere eternamente uniti nell’amore?
    Così, allontanando sempre più la risoluzione delle cadenze musicali e spingendo l’orecchio dell’ascoltatore in un continuo stato di sospensione, tanto da desiderare ancor più fortemente la risoluzione armonica del tema proposto, Maddalena sa come raccontare in musica l’amore e la trepida attesa tra amanti che sembrerebbe non aver mai fine.

    Morir non può il
    mio cuore” di Maddalena Casulana

     

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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