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    DolsBy Dols04/02/2013Updated:01/07/20147 commenti6 Mins Read
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    di Antonio Turi 

    Abbiamo intervistato Antonio Turi, l’autore degli articoli  tanto spesso contestati apparsi nella rubrica ”non solo donne” per esplorare e capire il suo punto di vista tanto discusso sulle donne e sul femminismo.

    Ci parli un po’ di te?
    Sono nato nel 1960, ho una formazione classica con laurea in Sociologia a Urbino e ho scelto una vita da nomade, rifiutando quello che sembra essere il sogno della maggior parte degli italiani, quello del posto fisso, ma forse facendo così ho precorso una caratteristica dei “nativi digitali” europei, una generazione che non conosce la parola “precarietà” e l’ha sostituita con “flessibilità”. Professionalmente ho lavorato in campo culturale attraversando tutti i campi legati alla scrittura. Sono stato (e ovviamente all’occorrenza sono) giornalista, autore di teatro, radio, televisione, cinema, copy writer, ghost writer, operatore e organizzatore di eventi culturali. Politicamente, nasco come anarchico e oggi siccome sono convinto che la parola anarchia, come tante altre legate alla politica prima di Internet, non significa più niente, sostengo l’elaborazione di un progetto politico che sia capace da sinistra di compiere una fusione del meglio di quello che hanno offerto le vecchie ideologie pre-muro. Da sinistra, per me significa centrare la riflessione sui diritti, intesi nella loro accezione più larga e aperta. Ah, dimenticavo. Sono un irriducibile anticlericale, ho il massimo rispetto di chi ha fede e alla fede è arrivato passando per il dubbio, ma ritengo che l’umanità farà un colossale passo avanti quando saranno scomparse le chiese, nel senso religioso del termine, ma anche in quello culturale.

    Sei del ’60, hai vissuto quindi le conquiste del femminismo o te ne sei sentito infastidito?
    Non so se si può dire che non ho vissuto il femminismo. Diciamo che le mie prime attività politiche risalgono al 1976 e non credo che questo possa tagliami fuori dalle prime fasi del femminismo. Certamente l’ho conosciuto nel pieno del movimento politico degli anni ’70 e seguenti, attraverso esponenti dei collettivi storici romani, della Magliana e di via del Governo Vecchio (spero di non sbagliare, cito a memoria, e si sa, dopo i 50 la memoria… :-)). In quel momento storico il femminismo è stato un movimento necessario. La società penalizzava le donne e la stessa legislazione rifletteva un sentimento maschilista dominante, impedendo l’esercizio dei più elementari diritti civili. Certo, alla metà degli anni ’70, una parte importante del percorso, soprattutto a livello legislativo, era compiuta o stava per compiersi, ma per quanto sgradevole potesse sembrare agli uomini che non avevano preconcetti o non erano maschilisti, l’antagonismo di genere era la forma che la lotta delle donne per il riconoscimento dei propri diritti doveva prendere.

    E del femminismo oggi che ne pensi?
    Difficile dire che cosa è per me il femminismo oggi. Forse è più facile dire come vedo l’universo femminile. A mio avviso ci sono interi segmenti all’interno dell’universo delle donne che si sentono liberati e che pretendono che la libertà non si concretizzi nelle forme decise dalle eredi del movimento degli anni ’70. Per contro le, chiamiamole così, femministe, pretendono ancora di dettare legge e di poter decidere cosa è una donna liberata e come si deve comportare. In altre parole c’è un pensiero fermo all’antagonismo donne/società, donne/uomini mentre una larga parte della società, soprattutto nei suoi elementi migliori, quelli che stanno elaborando il mondo come sarà, ha superato tutto questo. Se io guardo ai giovani, vedo che hanno elaborato nuovi modi di rapportarsi, modi che hanno superato praticamente la differenza di genere. Loro, parliamo ovviamente delle forme più mature, la differenza di genere semplicemente non la vedono. Certo, sanno che un uomo e una donna fanno riferimento a caratteristiche di genere diverse, ma non ragionano in termini di differenze ma di specificità. A condannare definitivamente le femministe a un ruolo di blocco del progresso si unisce un altro dato fondamentale: oggi il quadro legislativo è effettivamente paritario, se le donne non riescono a imporsi come genere, è perché o alla larga maggioranza di esse non interessa farlo (magari per le ragioni che ho espresso nel paragrafo precedente) o perché non sono capaci di fare gruppo.

    Cosa hai letto del femminismo? Che autrici, che itoli?
    Non ho letto i sacri testi del femminismo, ma non ho mai tentato ragionamenti da storico delle società o di questo movimento, molto più semplicemente ho svolto analisi del contemporaneo e per fare quelle non c’è bisogno di leggere tomi più o meno polverosi. Basta guardarsi intorno, documentarsi in termini di attualità. Poi le mie affermazioni possono essere giuste e sbagliate, ma da quando pubblico su Dols nessuno è mai entrato nel merito di quello che dico, ho ricevuto solo tentativi abbastanza irritanti e supponenti di ridicolizzare il mio pensiero in nome di non si sa bene che. Mai una contrapposizione logicamente fondata, a dimostrazione che si potranno anche conoscere a memoria decine di testi ma che se questo prescinde da una padronanza della logica e delle regole basilari del dibattito di pensiero, si tratta di una conoscenza sterile che si trasforma in una incapacità di dialogare con chi non la pensa come te. I miei post su Dols nascono dal fatto che la responsabile del sito mi ha chiesto di intervenire per portare il contributo di un pensiero altro, diverso, non certo per gusto della polemica o della provocazione.

    E che ne pensi del femminicidio attualmente sempre più forte e allargato?
    Mi spiace, ma trovo offensive le domande su cosa penso di stupri, violenze subite dalle donne o su come vedo le donne. Mi spiace per chi si pone queste domande su di me, ma grazie al cielo anche se per età dovrei esserne fuori appartengo a un gruppo di persone che già da lungo tempo ha superato i limiti del pensiero unico e dell’antagonismo di genere. Il che non significa che non vedo che ci sono sacche di arretratezza o forme del pensiero basate sulla discriminazione, solo che non mi appartengono. L’unica cosa che mi sento di dire a questo proposito, d’altra parte è una riflessione espressa in uno dei miei post, è che ritengo gli episodi di violenza non espressione di maschilismo ma della propensione alla violenza della nostra società. La nostra è una società violenta, lo vediamo in ogni luogo, logico che spesso siano violente anche le relazioni interpersonali così come è logico (logico, sia chiaro, non giusto. Logico, ma ovvio che la condanna deve essere sempre esemplare) che se c’è violenza a subirla sia il più debole e siccome le donne sono fisicamente più deboli degli uomini se in una relazione uomo-donna si arriva alla violenza a farne le spese sono le donne.

    Antonio Turi femminismo non solo donne
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    Dols

    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    7 commenti

    1. antonio turi on 05/02/2013 05:01

      sai caterina, mentre rileggevo questa intervista, una rilettura che faccio sempre dopo la pubblicazione perché un conto è il foglio word un altro vedere le tue parole in un sito, mi è venuta una riflessione: negli anni ’70 uno degli slogan principali del femminismo era “il corpo è mio e me lo gestisco io”. beh, oggi uno dei cardini della incomprensione che le femministe hanno del momdo femminile è che non riescono ad impossessarsi di un dato di fatto: che le donne sono realmente diventare padrone del loro corpo, tanto padrone che alcune lo vendono per trarne profitto. e queste donne sono esempio di donne libere e liberate, che piaccia o no alle femministe.

      Reply
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      Dols on 05/02/2013 09:52

      Cara Antonio, su questo non ti seguo. Le donne sono libere o liberate quando non hanno bisogno di vendere nulla, soprattutto il loro corpo. So bene che al giorno d’oggi le ragazze spesso danno via il corpo senza sentimenti e senza desiderio per soldi o per farsi strada nella vita. Ma credi davvero che si sentano libere i liberate? Glielo hai chiesto? Lo stesso vale per gli uomini. E ce ne sono sempre di più.

      Reply
    3. antonio turi on 05/02/2013 14:30

      infatti è proprio questo il punto focale che sfugge a tutta una generazione, quella over 40. però il punto è abbastanza semplice: per poter vendere qualcosa, bisogna che sei libera di farlo, che sei proprietaria di quello che vendi. altrimenti non puoi venderlo. è questo il grande cambiamento rispetto agli anni ’70. oggi le donne sono effettivamente libere, sei libera quando puoi scegliere, mentre negli anni ’70 non c’era libertà o scelta. poi se a te, o ad altre, una scelta fatta da una terza persona non piace, o non la condividi, non significa che questa terza persona non sia libera, non significa che la scelta che fa sia sbagliata. significa solo che tu non la condividi e/o non la faresti. punto. 🙂

      Reply
    4. Giovanna on 05/02/2013 17:21

      Ritengo limitata la visione che Turi ha del femminicidio. Sicuramente c’è la componente violenta della nostra società, ma una persona attenta non può non cogliere molto di più: un atteggiamento culturale strutturale, insito in donne e uomini; l’uccisione della donna è solo l’espressione violenta e definitiva di questa cultura. E se anche un uomo illuminato tende a semplificare, il percorso da compiere è lungo e difficile.
      E un’ultima cosa: forse bisognerebbe pensare che il termine “femminismo” non può più cogliere la complessità dei problemi legati al mondo femminile ( o anche alla violenza contro le donne).

      Reply
    5. anna demichele on 05/02/2013 19:28

      Riportare, come tu dici, il problema del femminicidio a quello della violenza intesa nell’accezione più generale , significa , oltre che sminuire e banalizzare ’ il fenomeno, effettuare un percorso logico esattamente contrario a quello corretto . L’omofobia , operata ai danni degli omosessuali ,la pedofilia operata ai danni dei bambini, il razzismo operato ai danni di una razza sarebbero da rapportarsi anch’essi alla violenza in sé , che facciamo allora , eliminiamo l’ampia gamma di fenomenologia che nutrendosi di un’analisi induttiva definisce il concetto stesso di violenza ? Nelle analisi sociologiche credo valga il procedimento secondo cui dalla percentuale in cui si verificano casi e problematiche particolari, si giunge ad enucleare la sussistenza o meno di un fenomeno generale ( ricordi il ragionamento induttivo-deduttivo?) , in questo caso la “violenza “ che trova giusta collocazione nell’analisi sociale, solo dopo i “fatti sociali” , altrimenti sarebbe come dire che esiste la corruzione, anche se nessuno ruba mai !!!!! . Freud giunse a definire il fenomeno della nevrosi , fenomeno sociale , oltre che squisitamente psicologico, solo dopo aver esaminato centinaia di casi che portarono alla definizione di nevrosi, appunto . Quindi , il femminicidio ESISTE e substanzia il concetto di violenza che i maschi perpetrano ai danni della donna, la cui forza, il violentatore non riesce a gestire, se non con la debolezza della violenza stessa , tant’è che quando l’uomo ( bada bene , il sostantivo ora è cambiato) possiede gli strumenti culturali per fronteggiare una situazione di disagio , non ha bisogno di ricorrerre alla violenza ! Il maschilismo è una forma di sottocultura che spessissimo porta a quella forma PARTICOLARE di violenza chiamata “ femminicidio”! Logico no ? E’ quindi , necessario che nascano movimenti, iniziative che servano a smuovere le acque che resterebbero assolutamente stantie se si adottasse la tua lente di …..rimpicciolimento , quella che considera le donne fisicamente deboli e quindi semplicisticamente più esposte alla violenza …..come dire “ma che ci possiamo fare, tanto è !!!!!”

      Reply
    6. antonio turi on 06/02/2013 18:38

      mi spiace, ma non condivido: quando viene commesso un atto di violenza contro un gay o contro un immigrato, la maggior parte delle volte alla base c’è una concezione discriminante, ti picchio perché sei così. nei casi detti di femminicidio non voglio dire che non c’è in assoluto, ovviamente, ma non è la ragione o il motivo della violenza. la violenza è solo il metodo scelto da quella specifica persona per risolvere il problema. tant’è che quella persona userà la violenza per risolvere tutti i problemi che lo investono. poi, che dire, sbaglierò, ma la vedo così :-))))

      Reply
    7. anna demichele on 06/02/2013 21:39

      scusami , Antonio trovo la tua risposta assolutamente capziosa ,cavillosa, pretestuosa ….chi ti dice che chi usa violenza contro un gay o un immigrato , non sia anche violento in risoluzione di altri problemi !!!! classificare poi , quasi a voler ridurre o aumentare la colpa, una violenza in base a una differente motivazione , lo trovo poi di una forzatura sui generis. Comunque grazie per la tua risposta , anche se abbastanza parziale rispetto all’analisi che ho fatto…Ciao

      Reply
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    Caterina Della Torre

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Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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