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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»ERO A ROMA – due testimonianze
    Costume e società

    ERO A ROMA – due testimonianze

    DolsBy Dols16/10/2011Updated:16/10/2011Nessun commento6 Mins Read
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    di Alessio Viola

    16 ottobre 2011

    Parleremo ancora, e per molto tempo, di roma 15 ottobre. Ma stamattina alcune note veloci sono indispensabili, mai come oggi sembra che una grande regia stia orientando l’informazione su un pensiero unico: un gruppo di teppisti rovina una manifestazione. In genere rifiuto la logica del “solo chi c’era può parlare”, ma esserci stato aiuta a capire e a offrire una “narrazione” in presa diretta.

    In una manifestazione così immensa sono migliaia gli episodi accaduti, mille le verità: ci sono le verità politiche che andranno discusse, le verità dell’informazione che andranno verificate, le verità dei testimoni e dei protagonisti, che coprono solo quella parte nella quale eranofisicamente presenti. È un grandeRashomon, mille verità e mille angoli da cui guardare. Per le “grandi” verità ci sarà tempo. Per le “piccole” servono testimonianze, serviranno a comporre il quadro. Il dato assoluto da cui non si può prescindere è quello di una straordinaria enorme partecipazione. C’era tutto un Paese, c’era la sua giovane generazione, c’erano quelli che da una vita non si arrendono. Eagazzini, un mare infinito di ragazzini. E vecchi operai fiom lombardi, con le pance e le barbe bianche. Professoresse cinquantenni belle di occhiali e rughe costruite in un lavoro che è semplicemente quello di costruire un paese. Ragazzetti con l’accento che siamo soliti ascoltare dai i leghisti, lombardi e veneti con il loro bravo casco alla cintura, vestiti di ogni colore, non di nero. Ragazze toscane dallo sguardo così dolce da attraversare le strade come presenze mandate a rendere luminoso un pomeriggio che ancora non lo era abbastanza. Giovanotti dall’accento napoletano scorbutici ed irriverenti,insofferenti ad ogni regola di buona educazione, per fortuna. I no tav veterani ormai, tranquillamente abituati a convivere con il terremoto. Le migliaia, migliaia, migliaia…..di “esasperati”, è questo il termine che li definisce, indignato non rende bene l’idea. Per la prima volta ho sentito nelle voce, nei pochi cori, visto nelle facce l’esasperazione. Quando le prime auto sono state bruciate, in via cavour, costosi suv da 60.000 euro, l’unica reazione colta è stata ma si, vaffanculo ai loro suv, con lo stipendio di un precario di 500 euro nessuno di noi potrebbe comprarselo. Ma si se la ricompreranno, dicevano tutti passando davanti. E noi continueremo a romperci il culo nei treni per pendolari nelle albe brumose delle periferie. Nasce in questo tratto la comoda leggenda metropolitana di casa pound che avrebbe partecipato alla manifestazione. In realtà alcuni di questi si affacciano, tentano una specie di inserimento nel corteo, tirano in mezzo alla strada cassonetti della monnezza, vengono insultati e rientrano nella loro sede senza che facciano altro. Una comoda leggenda da alimentare.

    Ma i black bloc? chiedono ansiose le anime belle. C’erano c’erano. si vedevano fin troppo bene, 200 ragazzi vestiti di
    nero, silenziosi, con un atteggiamento inutilmente cattivo. Ma erano benvisibili, appunto, e tutti hanno potuto vedere cosa hanno fatto e cosa no. Ogni tanto qualche gruppo di benpensanti di sinistra li appellava con toni  timidamente irati, loro rispondevano ritmando siamo tutti antifascisti, e la cosa zittiva le proteste blande. Dopo di che cosa? Arrivati in piazza s giovanni il pomeriggio era ancora luminoso.
    La piazza andava riempiendosi lentamente, ci saranno state “solo diecimila persone, che si perdono in quegli spazi. Colori, tutti, nei vestiti e nelle facce della gente. Tutti a fotografarsi, allegri, la manifestazione era così immensa che la coda andava ancora formandosi su a repubblica. Seduti sulle aiuole rinsecchite, sui gradini della grande basilica cristiana, si godevano il
    senso della grandezza di quella protesta. Un fruttivendolo aperto era una buona occasione per prendere qualche mela, neanche a pensarci a procurarsi dei limoni, che bisogno c’era.

    <continua>

     

    di Maria Silvia Presepi

    Ieri ero a Roma. La mia testimonianza delle tante stranezze, in una giornata particolare.
    pubblicata da Maria Silvia Presepi il giorno domenica 16 ottobre 2011 alle ore 14.52
    Ore 9,45, Stazione Termini, solito movimento, bagagli, molti giovani festanti come in gita.
    Ore 10, percorro in taxi via Nazionale, pochissimo traffico, deserta la scalinata di Palazzo delle Esposizioni, lo stesso per via XXIV Maggio. Normale presenza di carabinieri nei pressi delle Scuderie del Quirinale, piccola fila per visitare la mostra, solito movimento turistico intorno al Quirinale. Entro subito, ho la prenotazione. (Un consiglio: la mostra  “Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del ‘400 ” è fra le più belle mai viste, capolavori da  musei di tutto il mondo, un vero peccato perderla !)
    Ore 12, scendo per via della Dataria incrocio 7 o 8 giovani sorridenti, allegri, che salgono verso il Quirinale, sembrano studenti che hanno marinato la scuola, forse hanno appena gettato la monetina nella vicinissima Fontana di Trevi, hanno sulle spalle, a mò di scialle, le bianche bandiere della “No Tav”.
    In via dell’Umiltà, volante della polizia con gli sportelli aperti pronta per le urgenze, un certo numero di forze dell’ordine, per strada oltre me, turisti stranieri. Il portone della sede di Forza Italia è chiuso, così come tutto il resto, è la prima volta che non sono costretta a guardare i grandi poster col faccione ammiccante di Berlusconi.
    Mi fermo al Bistrot del Teatro Quirino (mi piace fare qui uno spuntino veloce in biblioteca, in mezzo a tanti libri disponibili, sotto lo sguardo truce di Vittorio Gassman in veste di Otello, di Paolo Stoppa e di tutti i nostri grandi del teatro, poi, anche perché  le vivande esposte sono protette da pesanti lastre trasparenti). Anche qui, grande normalità.
    Ore 13 circa, scendo in Via del Corso e decido di andare subito a vedere l’affresco di Filippino Lippi nella cappella Carafa in S.Maria sopra Minerva, incerta imbocco un stradina e chiedo ai vigilantes di Banca.. se è giusta. Nessuno conosce la chiesa, mai sentita, vergogna dico ridendo, ci sono capolavori di 5 secoli dell’arte, nulla da fare! (Melozzo da Forlì, Verrocchio, Filippino Lippi, Michelangelo, Sangallo, Bernini, solo per i maggiori) . Proseguo, tutto deserto, rispolvero il mio vecchio inglese con due turiste in difficoltà e arrivo alla chiesa che trovo chiusa, senza altri avvisi nonostante fosse indicato l’orario continuato fino alle 19. Nessun vigile o altra sorveglianza presente, nessuno a cui chiedere se si tratta di cosa temporanea. Alcuni turisti francesi seduti sui gradini in attesa, arrivano altri italiani, tutti stupiti e delusi, una signora francese mi dice che forse è chiusa a causa della manifestazione. Una targa segnala che la Chiesa appartiene al “Ministero dell’ Interno – Fondo Edifici di culto”.

    <continua>

     

     

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