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    Home»Pari opportunità»Il mio nome non è peggio del tuo
    Pari opportunità

    Il mio nome non è peggio del tuo

    DolsBy Dols29/02/2012Updated:21/06/20142 commenti5 Mins Read
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    di Caterina Della Torre

    Così si intitolava un articolo di un quotidiano palermitano che Iole Natoli, la fiera propugnatrice della prima istanza sul cognome materno, mi ha inviato tempo fa perchè potessi conoscere tutto il processo  mentale e legale che l’aveva spinta a portare avanti questa battaglia già dai lontani anni 80. Iniziativa che tanto personale non è, visto che coinvolge tutte le donne italiane che danno, hanno dato o daranno alla luce un figlio.

    Piccolina, con occhi vivaci e parola sciolta, vestita di un’eleganza disinvolta che si scompigliava quando mi parlava e raccontava la sua esperienza. Mai avrei detto che dietro quella persona si nascondevano una pittrice, un’illustratrice ed una scrittrice

    Mi raccontava della sua battaglia fatta negli anni 80 a Palermo, un anno dopo la pubblicazione del suo primo articolo sull’argomento “La soppressione della donna nella struttura familiare”, cui ne fecero seguito molti altri,  e cinque anni dopo l’entrata in vigore della legge n. 151 del 1975, sul nuovo diritto di famiglia, il cui art. 143 bis consentiva alla donna di conservare il suo cognome da non sposata.

    Palermitana, votata alla pittura, le sue carte le ha studiate bene. Infatti mi fa rilevare come nessun articolo del codice civile indichi espressamente che alla nascita il cognome debba essere solo quello del padre. Tutto deriva dall’estensione dell’art. 237 c.c. relativo al “possesso di stato”, che, a dimostrazione delle  relazioni di filiazione e  parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere, pone tra le sue clausole “che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere”. Della madre non si fa nessun cenno, ma il consolidato costume che rende il cognome del padre l’unico attribuibile alla nascita si contrappone secondo Natoli a quanto afferma la costituzione, che dà invece  pari valore giuridico, sociale e morale ad entrambi i coniugi.

    Negli altri paesi il comportamento al riguardo si distanzia molto da quello italiano, infatti:

    in  Spagna, in Portogallo e in tutti i Paesi dell’America latina vige da tempo immemorabile il doppio cognome.
 In Germania c’è la possibilità di scegliere tra il cognome paterno e quello materno oppure di sceglierne uno “in comune”. 
In Francia dal 2001 è consentito di aggiungere a quello del padre (obbligatorio) anche quello della madre. In Gran Bretagna, si puo’ liberamente scegliere: cognome comune, solo  quello paterno o solo quello materno.

    Tra le varie proposte succedutesi dal 1979, dapprima per un cognome unico e poi anche per un doppio cognome, spicca quella presentata da Giuliano Pisapia nel 1996, che per la prima volta in assoluto proponeva il solo cognome della madre per i figli nati nel matrimonio. La reazione generale fu di scandalo, “ma nessuno si è mai scandalizzato del contrario”, mi fa notare, sorridendo, Natoli. La proposta, come del resto altre, è decaduta; anche le leggi oggi esistenti in Senato e alla Camera – su un cognome unico a scelta e sul doppio cognome – sono ferme e quasi pronte a scomparire per la prossima fine della legislatura.

    Tuttavia è significativo che la Corte Costituzionale, chiamata più volte ad esprimersi in materia dalla Corte di Cassazione, abbia rilevato la necessità di nuove norme compatibili col dettato costituzionale e con gli impegni che ci derivano dall’adesione ai trattati internazionali, che prescrivono la rimozione di ogni discriminazione nei confronti della donna anche nel cognome della famiglia e dei figli. Probabilmente la battaglia di Iole riuscirà a raggiungere  il suo obiettivo nonostante le difficoltà e le ricusazioni ottenute.

    Possibile che una consuetudine, sostenuta solo da norme indirette e parziali, l’abbia vinta? O c’è qualcos’altro che si nasconde dietro questo diniego, come la necessità di molti padri di avere la conferma della paternità dei figli attraverso il cognome, retaggio di uno spirito patriarcale ormai perso?

    Iole propone di partecipare l’8 marzo a http://cognomematernoitalia.blogspot.com/2012/02/manifesto-per-l8-marzo-2012.html

    Vi aspettiamo.

    Iole Natoli
    Pittrice, illustratrice, giornalista e scrittrice, dopo una lunga permanenza a Palermo, sua città natale, vive da diversi anni a Milano. Ha pubblicato “Analisi di un tango”, saggio sul film di Bertolucci “L’ultimo tango a Parigi”, la breve raccolta di poesie “Vogliamo essere noi a cantare” (Vittorietti, Palermo) e altre della raccolta “Pensieri dispettosi e vagabondi” (Alla Bottega, Milano), i racconti “Il lavoro” (L’Eco di Bergamo, Premio Letterario Straparola Città di Caravaggio, 1994) e “Il figlio” (Alla Bottega, Milano, 1995), il monologo “Il sacco a pelo” (Alla Bottega, Milano, 1996). È stata finalista del Premio di Poesia Controcorrente 2003 con “Ore Due Notte”. Dal ’77 ha esposto opere di disegno e pittura, in personali e collettive anche estere. Nel ’95, nel corso di una sua personale alla Villa Visconti Borromeo Litta di Lainate, ha recitato e diretto la lettura dei suoi testi poetici “Pensieri dispettosi e vagabondi”. Sua la prima iniziativa giudiziaria in Italia per l’attribuzione del cognome della donna ai figli nati nel matrimonio.

     

     

    cognome materno
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    2 commenti

    1. MerlinC on 09/01/2014 20:32

      Che bello articolo Caterina!
      E che donna eccezionale! Viva Iole e speriamo che questa benedetta riforma arrivi presto 🙂

      Reply
    2. Pingback: Arriva il BUM del COGNOME MATERNO – Parla con noi - Blog - Repubblica.it

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