di Ronan Day-Lewis
con Daniel Day-Lewis, Sean Bean, Samantha Morton
In sala dal 6 novembre
Cinema di immagine e di colori, cinema di primi piani e di paesaggi in cui la natura confina con la metafisica, cinema di emozioni dove la parola arriva per ultima, come supporto, come catarsi.
Insomma, cinema di artisti che il cinema lo amano per davvero e sanno avvicinarsi a una storia con pudore.

Daniel Day-Lewis dopo la stupenda prova in Il filo nascosto (2017) aveva annunciato il suo ritiro dalle scene. Infatti da allora non aveva più girato film. Eccolo invece in un trionfale e intimo ritorno come protagonista nell’esordio alla regia dell’amato (lo dico perché si vede) figlio Ronan. Un ragazzo di 27 anni che, forse intimidito dai natali, aveva evitato di competere e si era dedicato più che altro alla pittura. Già, perché a parte il padre attore e vincitore di ben tre Oscar (Il mio piede sinistro, Il petroliere e Lincoln), ha come nonno paterno Cecil Day-Lewis, scrittore e poeta inglese di origine irlandese, come madre Rebecca Miller, regista, attrice, sceneggiatrice e scrittrice, e, last but not least, come nonno materno uno dei maggiori drammaturghi statunitensi, Arthur Miller.
Una famiglia che fa tremare le vene ai polsi. Ronan, dopo averci pensato a lungo, supportato dal padre ha trovato il coraggio per il grande salto nella regia autoriale. Il film, una storia centrata sui temi del maschile e della paternità, sulla guerra, sui sensi di colpa e sulle rimozioni, l’ha scritta col padre che felice ha accettato il ruolo del protagonista. Nelle interviste l’attore dai tre Oscar ha spiegato che il cinema gli mancava e che, dopo l’annuncio dell’addio alle scene, un po’ si era pentito.
I nomi importanti non finiscono qui, perché alla produzione troviamo anche uno degli amici del padre, Brad Pitt che negli ultimi anni ha supportato la nascita di moltissime opere, senza mai sbagliare un colpo.
Ma torniamo al film che ha un titolo delicato, Anemone, un fiore difficile da far crescere la cui coltivazione nel film si tramandano da padre in figlio e questo legame è il fil rouge che ritorna più volte nella narrazione.

Si diceva, poche parole, soprattutto nelle prime scene, dove tutto è ermetico, a introdurre una storia interamente da ricostruire. Infatti anch’io racconterò poco perché preferisco lasciare agli spettatori il piacere della scoperta.
Siamo in una casa di un quartiere periferico di una cittadina inglese: in scena un figlio scorbutico, militare, attaccabrighe con un dolore interiore che non capiamo, una madre stanca incapace di aiutarlo, un padre affettuoso che vuole far qualcosa. Questo qualcosa, capiamo, necessita di una partenza.
Il padre, Sean Bean (bravo attore e bellissima faccia segnata) parte in moto, addentrandosi nei boschi, fino a una radura isolata. Arriva, sempre accompagnato dal silenzio, a una casa. Bussa. Lì si è rifugiato il fratello (monumentale Daniel Day-Lewis: che meraviglia uomini capaci di invecchiare così), che ha lasciato tutto e tutti, senza spiegazioni, 15 anni prima.

Il confronto fra i due uomini procede lento, rispettoso, “maschile”, ovvero fatto più da condivisione di azioni che non da parole. Le parole arriveranno, lente, pesanti a picconare e poi abbattere il muro del segreto. Cosa si nasconde nel passato dei due uomini, ambedue con alle spalle l’esperienza della guerra contro l’Eta? Che cosa ha segnato la loro infanzia? Ci sono dolori indelebili che possono restare incisi nelle anime anche dei più forti? Si potrà trovare la strada per una riconciliazione?
Due monologhi fortissimi di Daniel Day-Lewis man mano sveleranno la verità. Non tutta, ma quanto basta, forse, per ricominciare a vivere.

Girato benissimo con sensibilità pittorica nell’accostamento dei colori, nelle luci e nei chiaroscuri, con una regia pulita (ma è il primo film) che osa, poco, di tanto in tanto, ma, lo si vede, è ancora trattenuta ma impaziente di accettare altre sfide.
Consigliato a tutti, agli uomini, ai padri, ai figli e alle donne che spesso non capiscono come nei maschi forza e vulnerabilità possano mescolarsi accendendo una miscela esplosiva.
Aspettiamo con ansia la seconda prova di Ronan, Con o senza papà Daniel. Intanto tutta la famiglia ( c’è anche il secondogenito Cashel, 22 anni, musicista, attento alla tradizione celtica) continua a vivere lontano dai clamori del mondo del cinema, in una modesta dimora georgiana in un villaggio della contea di Wicklow, in Irlanda.
