QUELLI DELLA TERRA DI MEZZO

0

Secondo la pubblicazione a fine d’anno scorso dei dati Istat il 33% della popolazione in Italia è senza nucleo ovvero è composta da singles, oltre le famiglie uni genitoriali, oltre ai giovani che vivono da soli per scelta, ma il dato maggiormente sensibile è che il 26,9 di singles è composto da persone over 60 ovvero da una popolazione che non si può definire vecchia, ma nemmeno giovane e sono tutte quelle persone che si trovano nella terra di mezzo.

Hanno aspetto giovanile spesso sono in forma, belli, atletici, affascinanti e seduttivi, frequentano le palestre e i centri benessere, camminano regolarmente nei parchi, lavorano, amano, sognano, credono ancora nella vita e nell’amore, ma per l’anagrafe sono definiti “gli anziani”.
Quando viene loro chiesto un documento il più delle volte si sentono dire che la loro non è l’età reale, che ci deve essere un errore.
Quando ero bambina e qualcuno mi parlava di un quaranta, cinquantenne pensavo ad una persona già molto in là negli anni, completamente fuori dai giochi, praticamente un escluso, oggi le persone in età sono veramente tante e super immerse nella vita, hanno ancora tante speranze, tanto desiderio di felicità, d’amore, d’azione, di relazione e non si sentono né sono fortunatamente a fine corsa.
La domanda da porre è questa: quanti di questi sono singles per scelta a parte i giovanissimi col giusto e sano desiderio di indipendenza?
Quanti sono rimasti soli o per una perdita, per un divorzio, per un abbandono o per altre cause di vita?
Certamente le speranze di vivere sani oggi sono molto aumentate, si superano mediamente gli ottant’anni, si sta meglio, si mangia con più attenzione, si fa sport e ci si cura di più.
Proprio per questi motivi ci sono tanti di questi uomini e donne che galleggiano sulla vita, non si sentono vecchi e non lo sono, ma per la società non sono nemmeno più ritenuti giovani e anche i media usano per loro termini spesso offensivi o inadeguati.
Le esigenze di lavoro frequentemente hanno interrotto le relazioni parentali per lontananza e a molti accade di rimpiangere quelle tanto odiate famiglie patriarcali nelle quali tutti ficcavano il naso, ma erano però pronti a dare una mano, ad aiutare o a confortare un dolore o un insuccesso.
Oggi la parola del giorno è solitudine, profonda, disarmante e dolorosa, una solitudine che non si può definire “sola beatitudo” come nella frase attribuita a San Bernardo, ma triste condizione d’abbandono e di paura.
Il Natale, le domeniche e tutte le feste comandate sono momenti reali d’angoscia, anche la pubblicità ignora la solitudine come condizione diffusa e sforna immagini di famiglie allargate e festanti, colme di doni, attorno all’albero o alla tavola piena di gente.
Non è così, in un’indagine comparsa su Plus one condotta da J. Groarke della Queen’s University di Belfast che ha coinvolto duemila persone tra i 18 e gli 87 anni si è evidenziato che i più vulnerabili al distanziamento sociale imposto dalla pandemia oltre ai molto giovani cui manca il gruppo di confronto, sono le persone con disturbi dell’umore, i depressi, le persone con un’unione fallita alle spalle e gli over sessanta nei quali la percezione di solitudine è altissima, pari alla paura dell’abbandono e della malattia.( Ansa)
Questa pandemia, come effetto collaterale, ha creato un’epidemia non meno pericolosa, quella dell’isolamento forzato, della mancanza di relazioni, ha completato il quadro di paralisi dei rapporti sociali che ha ancora di più evidenziato il confine tra i tanti soli e i gruppi che anche se non sempre in accordo, in qualche modo riescono a confortarsi a vicenda.
Che si può fare allora in questo quadro desolante per placare un poco l’ansia?
1.Darsi degli obiettivi da realizzare a scadenza breve, fare progetti post pandemia
2.Tenere un diario giornaliero incentrato su se stessi, sulle sensazioni, i desideri, i timori
3.Leggere, la lettura trasporta la mente in altri luoghi, insegna, conforta.
4.Ascoltare musica e muoversi in casa liberamente, è liberatorio.
5. Tenersi informati ogni giorno su ciò che accade nel mondo, aiuta a non isolarsi del tutto.
6.Avere un pensiero interiore, spirituale, confortante
7.Non abbandonare mai la speranza di una vita migliore, tutto può accadere, in un attimo, ricordare sempre che il pensiero positivo aiuta i desideri a compiersi.

CONDIVIDI

Profilo Autore

Maria Cristina Paselli lifecoach

Specializzata in Scienze d’Azienda, Gestione di Risorse Umane, lavora da tempo nei settori dell’Alta Formazione per Manager, nel Coaching, nella Comunicazione Positiva, Marketing, Creazione di Team Leader, Immagine Personale, Leadership Aziendale e nella Selezione di Personale Hight Level. Collabora con Province e Regioni per Corsi di Avvio e Formazione all’ Imprenditoria . Consulente di Aziende Private ed Enti Pubblici per Attività di Organizzazione, Management, Aggiornamento professionale, Progettazione, Formazione sul Lavoro ed Orientamento. Ha pubblicato testi sulla Formazione, l’Inserimento e il Ricollocamento di donne, adolescenti difficili, adulti e categorie ritenute socialmente deboli. Ha realizzato la sceneggiatura di Performance teatrali al termine di Corsi di Autostima. Ha progettato e diretto Programmi di Prevenzione e Mantenimento del Benessere Psicofisico in Centri di Cura, collaborando con specialisti e terapisti orientali, sia in Veneto che in Toscana.

Lascia un commento


2 + otto =