LA FIGLIA DEL VENTUNESIMO SECOLO – Chimamanda Ngozi Adichie

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Le opere di Chimamanda Ngozi Adichie descrivono il mondo contemporaneo attraverso il realismo tipico del romanzo ottocentesco. I suoi messaggi appaiono chiari, per un preciso intento ideologico. C’è dentro tutta la voglia di restituire al popolo africano l’orgoglio di appartenenza e d’identità. Il suo raccontare ha un punto di vista diverso, una luce che riesce a risaltare le contraddizioni dell’Occidente.

di Grazia Mazzè
“La figlia del ventunesimo secolo di Chinua Achebe”. Così fu definita Chimamanda Ngozi Adichie quando la rivista Time nel 2015 la inserì tra le cento persone più influenti al mondo. Ed è proprio al padre della letteratura africana in lingua inglese che la Adichie si è ispirata fin dagli esordi letterari.
A soli 28 anni vince il “First Best Book” del premio letterario Commonwealth Writers’ Prize con Ibisco Viola e ci introduce nella realtà complessa della Nigeria post coloniale attraverso lo sguardo di una quindicenne che vive insieme alla madre e al fratello, prigioniera del fanatismo religioso del padre , uomo di irreprensibili virtù, generoso in pubblico ma crudelissimo padre-padrone tra le mura domestiche.
In Italia sarà conosciuta con il suo “Metà di un sole giallo” vincendo il Premio Internazionale Nonino nel 2009.
Metà di un sole giallo è un romanzo ambientato negli anni Sessanta, racconta la storia della borghesia nigeriana Igbo prima e durante la Guerra del Biafra. E’ un romanzo epico, sulla responsabilità morale, di culture e tradizioni africane che si incontrano con altre culture, di razzismo. La Adichie, attraverso le vicende dei personaggi, ci racconta di una guerra dimenticata e la trasformazione delle loro personalità a causa delle privazioni e delle crudeltà del conflitto. Un libro molto bello che ci rivela come la vita e l’amore siano più forti della brutalità della guerra.
Il suo terzo romanzo, Americanah, è ambientato tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. La parola Americanah viene usata in Nigeria per riferirsi alle persone che cercano di cambiare la loro identità per assomigliare ai cittadini americani. Intessuto tra una storia d’amore e l’ostilità nei confronti del diverso emerge il trauma della protagonista di essere una donna nera africana in America. L’imposizione dei canoni della “white beauty” e il disagio, all’integrazione sociale e professionale, strutturano in lei una nuova coscienza. Tornando in Nigeria oppone resistenza alle ideologie e ai linguaggi dominanti. La sua identità si completa nel momento in cui accetta la sua “diversità”.

Chimamanda vanta premi letterari prestigiosi ma la ragione principale per cui da qualche anno desta interesse e attenzione è perché ha scritto opuscoli femministi ed è attiva sui diritti delle donne e sulle differenze di genere. Afferma i che il termine femminismo è collegato ai diritti umani, un filo sottile separa razzismo e sessismo ma si è più disposti a riconoscere un’ingiustizia di razza che un’ingiustizia di genere. Tutti dovrebbero impegnarsi per vivere in un mondo più equilibrato e accettarne le diversità.
Ha partecipato al movimento globale #MeToo ma anche alle Pussyhats Marches di Washington, un movimento globale femminile contro il sessismo in politica. Rimane convinta comunque che la rivoluzione femminista debba cominciare dalle radici più profonde. La lingua è una delle questioni centrali del femminismo, la relazione con il linguaggio e le parole che usiamo con le nuove generazioni sono alla base del cambiamento culturale e che le discriminazioni sessuali e i modelli di genere imposti a bambine e bambini esistono in tutto il mondo e dipendono più dalle religioni che dalle culture.
Sul tema del femminismo è intervenuta nel 2012 al TED Euston con Dovremmo essere tutti femministi. Non abbandona neanche negli interventi il suo intento ideologico di chiarezza espositiva e semplicità delle parole, accessibili a tutti. Si potrebbe definire un vademecum del femminismo “livello base. Un intervento di particolare successo, più propriamente un appello a cambiare la percezione che le donne hanno di se stesse, sulle ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi, in un contesto in cui il femminismo è considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso. La Adichie solleva dei dubbi e ci porta a riflettere assieme a lei su alcune faccende. Si mette in gioco in prima persona, con ironia e non fa sconti a nessuno. I suoi aneddoti sono sia derivati dalle vicende capitate in Nigeria sia da quelle accadute negli Stati Uniti, il che ci fa capire come anche nei Paesi definiti “occidentali e moderni” le donne devono ancora lottare per ottenere dei diritti che invece gli uomini hanno.
Questo opuscolo è stato accolto in Svezia da alcune associazioni, tra cui la Swedish Women’s Lobby, distribuendone una copia gratuita a tutti i ragazzi del penultimo anno delle scuole superiori, più o meno centomila giovani in tutto il Paese.
Una parte del testo è stato utilizzato nella canzone Flawless dalla cantante statunitense Beyoncé.
Il video dell’intervento è stato visualizzato da più di quattro milioni di persone su YouTube
Nel più recente Cara Ijeawele ovvero Quindici consigli per crescere una bambina femminista scrive una lettera indirizzata all’amica che, incinta della sua prima figlia, le ha chiesto qualche consiglio su come allevare una bambina femminista. Quindici consigli, «nella speranza che risultasse onesta e pratica, e che servisse al tempo stesso da mappa del mio pensiero femminista».
Leggere Chimamanda Adichi è prima di tutto ed essenzialmente entrare nel continente africano. Inoltre, esprime concetti importanti, validi per tutte le donne, seppure con le inevitabili differenze culturali. Differenze che sono anche capaci di unire, aprendo ad esperienze che possono essere comuni da una parte all’altra del globo.
L’umanità è il punto nitido di tutto il suo lavoro letterario. Di recente ha ribadito ai neolaureati di Harvard, “ La letteratura è un modo per capire e interpretare l’umanità, per riconoscerla negli altri e in se stessi.”
Riconoscersi nelle diversità è riconoscersi umani.

grazia-mazzèGrazia Mazzè – Segretaria Regionale UILTEC Sicilia – Responsabile Politiche di Genere UIL Sicilia referente Toponomastica Femminile Città di Palermo

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