Un’altra storia di non amore?

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Come possiamo spiegare ad un giovane uomo come amare, se proprio chi uomo avrebbe dovuto esserlo già  da tempo non ha ancora capito cosa sia l’ amore?

Non è facile commentare una vicenda come quella che ha recentemente coinvolto la giovane Alba Chiara Baroni, di 22 anni, e Mattia Stanga, di 24 anni. Un omicidio – suicidio consumatosi a colpi di pistola che pone tutti noi di fronte a diversi quesiti. Questi due giovani ragazzi avrebbero sperimentato la convivenza a settembre, e – a detta di tutti, come spesso accade – sembravano felici e molto innamorati. Eppure qualche giorno fa, il 31 luglio, abbiamo potuto apprendere da diverse testate e dai notiziari dell’ennesimo femminicidio, questa volta compiutosi in un finale – tragico – suicidio.

C’è chi parlerebbe di un momento di follia, di un amore tragico finito male, ma oggi non è proprio possibile escludere una scelta razionale, dettata dalla volontà precisa di mettere fine alle vite di entrambi, neanche in assenza di biglietti o di altri segnali che lascino presagire un’azione premeditata. Personalmente, sono molto contraria alla traduzione della parola “femminicidio” con il termine “raptus”. Vi sono gli istinti, ma anche scelte pensate e che, sebbene non pianificate nei minimi dettagli, si possono trasformare da idee in fatti.
In questo caso, si è assistito alla concretizzazione di un suicidio: cosa non particolarmente diffusa, se non altro perché molti uomini dicono di averci provato senza poi trovare realmente il coraggio di farlo.

Il tentativo di suicidio è stato infatti spesso adoperato come espediente per convincere gli inquirenti di un qualche fantomatico pentimento o di incredibili sensi di colpa. Nel caso specifico, invece, il suicidio sì è consumato ed è difficile valutarlo in termini oggettivi. Volendo cercare una spiegazione, credo possa in parte essere dettato dalla paura di affrontare le conseguenze di un gesto tanto grave come l’omicidio di una persona che si pensava di amare e che si è scoperto voler soltanto possedere.

Mi ha molto colpito il titolo di un articolo pubblicato su “La Voce del Trentino”, intitolato Tragedia Tenno figlia della solitudine. Mi interrogo adesso su cosa questo voglia dire e se possa in parte spiegare la vicenda: quel ragazzo aveva forse dei problemi irrisolti, dei disagi interiori, e se sì perché ha dovuto metter fine alla vita della giovane compagna? Temo che la solitudine, o – come ritengo più probabile – l’isolamento spieghi una parte della storia: tendenzialmente le storie tossiche iniziano e finiscono tra i confini ristretti di una casa, lontani da amicizie e da altri rapporti umani. A stento le famiglie sanno come realmente vadano le cose all’interno della coppia, ed è difficile venir fuori dal circuito dell’isolamento. La giovane Alba Chiara aveva forse deciso di provarci, lasciando il fidanzato? Ed è per questo che ha pagato con la morte? Si ipotizza anche un tentativo di suicidio da parte del ragazzo, interrotto forse dall’arrivo rapido della giovane, colpevole solo di essersi messa in mezzo. Ma poi la domanda nasce naturale? Perché uccidere anche lei? Ho la sensazione che il senso di possesso e il rifiuto di lasciare libera una creatura che si crede propria vincano su ogni solitario proposito, e l’omicidio diventa l’unico motivo per il quale considerare ancora valida la scelta di farla finita.
Senza voler scandagliare i fondali di un’ennesima storia di morte, si può solo concordare con un dato di fatto: un’altra ragazza è morta, e non siamo riusciti a salvarla. E non siamo neanche riusciti nell’impresa di salvare quel giovane da se stesso!

 

Siamo di fronte ad una generazione che non ha potuto apprendere nulla da quelle precedenti; siamo di fronte ad un paese che non ha più nulla da insegnare sul fronte delle relazioni e tanto vale dirselo schiettamente. Ci siamo ormai spinti troppo oltre per poter dire che questi siano solo dei casi isolati e dettati da un eccesso di passione. E vi consegno un quesito: come possiamo spiegare ad un giovane uomo come amare, se proprio chi uomo avrebbe dovuto esserlo già da tempo non ha ancora capito cosa sia l’amore?

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Profilo Autore

Angela Carta

28 anni. Dopo due anni come operatrice di uno sportello anti-violenza e un anno di volontariato in Ungheria come youth worker, ho scelto di diventare educatrice professionale. Già specializzata in Tutela dei Diritti Umani, mi occupo oggi di HRE, violenza di genere, educazione videoludica e attività di gioco e team building.

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