Lo stereotipo non va in vacanza

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L’offerta televisiva, già di per sé vergognosa da giugno fino a settembre, è oltremodo offensiva. Offensiva perché basata sul più bieco regime binario secondo cui i maschi guardano il calcio e le femmine i film romantici.

In questa estate che stenta a decollare, il sole sembra un’ inutile chimera per molti giorni a settimana. Piogge torrenziali, quando non addirittura grandine e neve, ci stanno accompagnando ben oltre il volubile mese di marzo. Viene quasi spontaneo aspettarsi un adeguamento dei palinsesti televisivi, nonostante la nuova moda dilagante dello streaming o delle pay tv. Il binge watching di serie tv americane con mesi (o anni) d’anticipo prima che vengano trasmesse liberamente in Italia, ha i suoi fan anche da noi ma non sono certo solo maschi. Vere e proprie cultrici del genere si trovano in ogni fascia d’età: non solo le adolescenti ma anche le ultrasessantenni con molto tempo libero e un bagaglio di nozioni critiche da far invidia ai giornalisti specializzati nel settore.

Tuttavia, se non si appartiene a questo gruppo elitario di appassionate e si vive ancora con il semplice televisore (magari comprato in un impeto di svecchiamento dell’arredamento casalingo), cosa resta da guardare? Ci sono i campionati europei di calcio. Ci sono canali tematici dedicati alle classifiche, serate in cui perdersi in falli e rigori non concessi. E cosa scopro se mi metto a fare un confronto sinottico per fasce orarie sui vari canali? Che l’offerta, già di per sé vergognosa da giugno fino a settembre, è oltremodo offensiva. Offensiva perché basata sul più bieco regime binario secondo cui i maschi guardano il calcio e le femmine i film romantici.

Attenzione: non parlo mica di grandi capolavori. No, intendo quei prodotti malriusciti di una sottocultura dei primi anni Novanta che nemmeno ai loro tempi erano stati accolti con entusiasmo.

Un rigurgito di trame banali e attoruncoli che mi dà l’orticaria. Lo trovo mortificante, specialmente associato a una minima produzione di programmi (reality o talk) davvero scadenti e privi di mordente sempre pensati per le donne. Al sempreverde Don Matteo (in calo di ascolti dopo la decima messa in onda di repliche all’orario del pranzo) si affiancano datate fiction che pure i più distratti conoscono a memoria e pseudoscientifici salotti dove si parla di delitti e condanne.

La cultura non paga, nemmeno in vacanza. Se proprio si vuole osare, ecco le repliche dei programmi di cucina degli ultimi sei, sette anni. E nemmeno è una novità. Qualche rara oasi la si può trovare in documentari di nicchia trasmessi in orari da insonnia conclamata. E, altrimenti, se non guardi le partite, puoi guardare i sederi esposti di naufraghi, dei tizi che si incontrano al buio in un letto sotto le telecamere o deliziarti con interventi estetici malriusciti. Mi pare chiaro, anche questa volta, il target di riferimento: una ipotetica donna ancora giovane e con poche pretese il cui partner è un simil cavernicolo che occupa il salotto con amici, bandiere e l’immancabile rutto libero alla Fantozzi.

E pure negli spot è lo stesso ritornello a venire fuori: mamme stressate dai pargoli che devono nutrirsi davanti alla tv, donne che devono trovare pranzi veloci perché per le partite si mangia differentemente, birre di ogni tipologia e detersivi che funzionano solo se ad usarli è una femmina.

E poi, come se non bastasse, tre chicche uscite proprio in questi giorni: uno spot di un’auto che si parcheggia da sola e la ragazza al volante non trova di meglio che baciarlo (il volante), perché le permette di superare pure quello scoglio; un altro con dei seri tecnici che prendono a calci le ruote e picchiano con una borsa il cofano di una utilitaria che si scopre essere di proprietà di un “bad boy” che fa lo sciupafemmine e viene in contatto con l’isterica di turno che maltratta la sua vettura; e l’ultimo, visto appena ieri sera in cui dei ragazzi si dilettano nel mimare l’uso di un assorbente interno con risatine e censure di turno sui nomi di dove inserirlo, dimostrando di saperlo maneggiare meglio di come fanno con un eyeliner (uno ci si dipinge la bocca). Ecco, non c’è peggior risultato di quando un pubblicitario pensa di essere geniale a giocare con lo stereotipo sessista e, lungi dal superarlo, lo rafforza.

Come dire: d’estate lo stereotipo non va in vacanza!

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Profilo Autore

Daniela Astrea

Daniela Astrea - laureata in Filosofia con un tesi in Studi di genere, si occupa da anni di studi femministi in vari campi: cinema, letteratura, arte. Ha organizzato eventi, fatto parte di collettivi, lavorato in un’agenzia pubblicitaria come copywriter, pubblicato saggi e articoli sulla storia delle donne.

1 commento

  1. lo spot in questione fa schifo, concordo ma la scelta televisiva è aumentata enormemente: se si vuole la cultura si può guardare Rai 5, Rai Storia, Focus la scelta c’è, Rai 4 trasmette serie tv di qualità, ci sono canali che trasmettono solo cinema di tutti i tipi, telefilm polizieschi ecc..Io sono maschio non amo il calcio e guardo i film romantici e non li trovo stupidi. Se una donna vuole guardare film romantici se li guarda altrimenti no; stesso discorso col calcio: che problema c’è?

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