FURBE, INTELLIGENTI, O … ??

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Dissertazioni divertissement e racconti di storie vere .

PREMESSA

Si fa presto a dire che una donna è intelligente o furba. Capire però se in uno o nell’altro caso, nel vero senso di ciascun termine, una lo sia davvero, talvolta è piuttosto arduo.

E’ necessario innanzi tutto stabilire dei parametri e i confini di tali caratteristiche, viceversa si può incorrere in misunderstanding sul significato attribuito a ciascuna definizione. Traendo più di uno spunto dall’illuminato Carlo Maria Cipolla, cerco di sintetizzare i parametri interpretativi qui di seguito.

L’intelligenza è qualche volta accoppiata ad un senso di nobiltà d’animo, ad un orgoglio misurato e consapevole del propri talenti , ad una serie di ideali illuminati, puri d’animo e di cuore, che portano l’individuo ad interagire più e meglio della media con il suo prossimo. In sintesi, l’intelligenza è compiere azioni e comportarsi in modo da creare duplice e contemporaneo vantaggio per sé e per gli altri. O quantomeno, trarre vantaggio per sé senza creare danno a nessuno.

La furbizia, invece, è compiere azioni e comportarsi in modo da creare vantaggio per sé stessi facendo sì che l’altro non percepisca, almeno nell’immediato, la sensazione di aver subito un danno. Quindi, o il danno è assai limitato, o si rivela come tale solo ad una certa distanza nel tempo.

Quando l’azione ed il comportamento intenzionalmente furbi provocano all’altro un danno nettamente maggiore del vantaggio ottenuto, l’altro mette in atto conseguentemente reazioni almeno parimenti svantaggiose ai danni di chi pensava di agire con furbizia ma, suo malgrado, ha agito invece con stupidità, provocando di fatto danno a sé stesso oltre che all’altro.

CLELIA E LA SUA FURBIZIA

Clelia ( uso nomi di fantasia ovviamente ) è una bellissima signora, cocca del papi da piccola e super viziata come di più non si può immaginare, la chiamava Principessa mia..

Allegra, fantasiosa e brillante nei modi. Elegantemente seduttiva. Da ragazzina e poi da giovane adulta ne ha combinate, per l’epoca, peggio di Bertoldo. Cacciandosi in un mare di guai soprattutto con gli uomini, del resto lei non può vivere senza l’adorazione – ammirazione – adulazione maschile per ogni sua dote e talento .. Grazie al Papi, ma questo è altro discorso.

Ad un certo punto Clelia la principessa, che ne ha fatte di tutti i colori ma sono segreti di famiglia, trova un brav’uomo, profondamente onesto intellettualmente e molto serio anche se brillante, generoso e giocoso in società e pure tra le lenzuola. Non sarà mai il ricco principe azzurro che mi meriterei, pensa tra sé e sé, però non è messo male a conto in banca e immagine e soprattutto mi adora, mi crede .. Ma sì, dài, adesso gli dico che sono pazza di lui, che anch’io ho tanta voglia di metter su famiglia e far bambini e me lo sposo. Detto, dimentico la pillola, resto incinta ed è fatto. Fatto. Siccome sono una principessa amore mio devo avere una tata professionale per il piccolo, una donna di servizio full time, un appartamento da almeno 200 mq in pieno centro, tempo e soldi in abbondanza a disposizione per vestirmi di griffes da capo a piedi, andare dall’estetista e parrucchiere alla moda due volte la settimana così da poterti far fare bella figura e frequentare la créme della città senza sfigurare. Lui, seppur perplesso, per farla felice stacca assegni, paga conti esorbitanti, lavora come un forsennato e si auto convince che ha una bella famiglia.

Ma ancora con l’erede in fasce scopre, con l’aiuto illuminante e inconsapevole della brava tata professionale assunta, che ha sposato una narcisista capace di mentire senza alcun ritegno e che tutto desidera la principessa Clelia fuorché dare attenzioni e cure ad altri che non siano sé stessa, neppure al piccolo. Sconvolto e disperato, nel buio pesto di quella notte insonne, lui giura a sé stesso che farà ogni cosa in suo potere per garantire comunque ed in ogni caso una crescita serena, costruttiva e agiata al suo amato pargolo. Consapevole dell’errore di valutazione commesso circa la moglie, si dispone in modalità accettiamo, guardiamo il bicchiere mezzo pieno e diamo gioia a questo bel bambino. Ingoia bocconi amarissimi in silenzio per molti anni, poi la Clelia la combina troppo grossa, lui era abituato agli inganni di lei e spesso sorvolava ma questa volta è davvero troppo. Lei lo cornifica con il lui della coppia migliore amica, quelli con cui facevano vacanze e uscivano più spesso confidandosi vicendevolmente le aspirazioni, i problemi, le gioie ed i dolori. Da gran signore, senza sfruttare a proprio vantaggio come avrebbe potuto la grave colpa di lei per non far soffrire ulteriormente il figlio divenuto ormai adolescente, si separa e poi divorzia. Riconosce alla principessa (e al figlio ovviamente) alimenti estremamente generosi, ma a lei non bastano. Vuole di più, che diamine, è una principessa! Anni e anni di cause, intentate da lei e lei le perde tutte, come un boomerang ottiene solo che i giudici le riducano le spettanze risconosciute come “eccessivamente generose” da parte dell’ex marito. Palate di denaro buttate al vento e in tasca agli avvocati, denaro da parte di entrambi, si sa, bisogna anche difendersi. A distanza di dieci anni dalla separazione lei è ancora lì a tentare di “riccattarlo” in qualche modo, legittimo e non, per spillare altri quattrini. Clelia si vede ancora con lo stesso amico, fanno vacanze insieme e vanno a qualche festa. Ma lei vive sola, il figlio ancor prima di laurearsi se n’è andato a vivere da solo dicendo “non ne posso più di stare con questa pazza”. L’ex marito di Clelia, ancora oppresso dal dover riconoscere per legge alimenti divenuti a questo punto si più modesti, ma ancor più onerosi per le sue tasche da professionista colpito forte dalla crisi, si è nel frattempo risposato. Sentimentalmente è sereno, realizzato, appagato. Negli anni delle lotte a suon di carta bollata imposte da Clelia, lui ha comunque avuto modo di accantonare un bel gruzzoletto, che essendo impossibilitato a spendere ( gli avvocati di lei avrebbero usato ogni mezzo per dimostrare che il tenore di vita di lui era da stra – riccone ) ha investito con ragionevolezza e lungimiranza, ottenendo un sostanzioso profitto. Clelia, comunque, continua a fare a modo suo la principessa, però ora lavora e tutti i soldi che le entrano in ogni caso non le bastano per i filler di ialuronico e le siringate di botox, per questo si sente talvolta, dice alle amiche, sola e disperata. Ad ogni modo, non c’è occasione in cui non metta in atto il suo talento seduttivo e brillante per cercar di ottenere un vantaggio immediato per sé. Il suo credo, come consiglia alle amiche più care, è: nella vita bisogna farsi furbe!

MARIANGELA E LA SUA INTELLIGENZA

Mengy, così pronunciava il suo nome da piccola e così la chiamano tutti, è una sprizza energia da tutti i pori, una tipina ricciolona con occhi da cerbiatto che quando sorride irradia di luce solare qualsiasi cosa e persona che le sta vicino. Autonoma, indipendente e coraggiosa di natura, ha bruciato le tappe nello studio e nel lavoro senza pestare i piedi a nessuno e trovando invece pure il modo di dare supporti e aiuti di varia natura ad amici, colleghi e partner . Entusiasta della vita e del proprio lavoro, incontra prima della laurea un lui poco più che coetaneo che le sembra tanto cocciuto e prepotente quanto amorevole e serio nel rapporto a due. Si rende conto che lui è anche tanto ma tanto ambizioso e contemporaneamente poco attivo ma siccome è innamorata e molto ingenua pensa che l’idea di avere un partner meno scattante e immediato – trasparente di sé stessa , fondamentalmente diverso e opposto per natura e modi, possa essere un bene, un valido completamento per costruire un “noi” coppia e partnership lavorativa capace di superare ogni prova in nome di un amore assoluto. Così accetta di sposarlo quando lui, ancora all’università, glielo chiede. Mengy si rimbocca le maniche, studia con profitto le materie del suo corso e quelle degli esami di lui preparandogli sunti e dispense facili e rapide da assimilare. Questo lo fa alle prime ore del mattino, mentre lui ancora dorme e prima di portargli la colazione a letto che a lui piace tanto verso le dieci. Poi Mengy corre al lavoro, un part time sotto pagato che però le consente di imparare, affiancando il capo gli “ruba il mestiere” con gli occhi e con le orecchie, impara in fretta la ragazza e fa progressi di giorno in giorno tant’è che dopo solo sei mesi il capo le affida progetti, contatti con clienti e con i media che prima di allora solo lui curava in agenzia. Mengy è un po’ invidiata e molto ammirata dai colleghi , praticamente tutti le riconoscono quella marcia in più che fa di una persona un leader . Infatti Mengy sostiene le buone idee dei colleghi e le promuove col capo, ottiene riconoscimenti dai clienti e li condivide con il gruppo di lavoro, col sorriso sulle labbra e la parola schietta motiva a mò di carota e bastone il suo reparto quando, un anno dopo la sua assunzione da semi precaria, si conquista a pieno titolo il ruolo di direttore del servizio media. Con tanto di festa e ovazione di tutta l’agenzia. Il marito nel frattempo sta ultimando, fuori corso, gli studi. Quando esce dall’ufficio lei fa la spesa e si precipita a casa a mettere in ordine, poi cucina la cena. Cose rapide ma sempre accurate, lo fa con amore. Fa tutto con amore. Suo marito si dimostra orgoglioso di lei e le riconosce di essere una gran lavoratrice, una che ci sa fare, questo la rende felice. Lui trova impiego grazie ad appoggi di famiglia, lavora nell’ufficio estero di un’aziendina del fashion che va a gonfie vele ma in un paio d’anni si stufa, dice che il suo boss non è all’altezza del mercato, che lui con gli stupidi non ci può stare, che si merita ben altro e sa di poterlo ottenere. Dà le dimissioni e costringe Mengy a fare altrettanto. Lei non vorrebbe, fa carriera e si trova bene in agenzia, guadagna adeguatamente e riceve anche premi quando riesce a portare nuovi lavori e contratti di nuovi clienti . Ma suo malgrado deve lasciare, spiega tutto al suo capo e lo ringrazia, perdonami capo ma non posso lasciare mio marito per strada, lui ha bisogno di me per realizzare il suo business. L’avesse mai fatto. I primi dieci anni di partnership lavorativa col marito si traducono in dedizione totale e massacrante, imposta da lui, di lavoro operativo per lei e pura e mera gestione del denaro guadagnato da parte di lui che in ufficio arriva verso le undici del mattino e trascorre almeno quattro ore al giorno a manovrare investimenti in titoli e azioni del suo conto personale. Lei non ha tempo di leggere e analizzare i bilanci, sa che le cose vanno bene dal punto di vista degli introiti, dei conti in banca se ne occupa suo marito e quindi figuriamoci, farà di sicuro il meglio possibile per loro due! Non le sfiora neppure l’idea di dover controllare l’operato del consorte, caspita se uno non ha fiducia nel proprio marito in chi mai può avercela? Finché un giorno lei comprende di non avere più forze, inspiegabili attacchi di panico le impediscono di svolgere le sue innumerevoli mansioni lavorative come ha sempre fatto. Va nella stanza del marito e gli dice con calma, amore mi sento distrutta, temo di essere esaurita e di aver bisogno di un po’ più di spazi e tempo per me per curarmi, non riesco più a tirare il carretto dodici ore al giorno, ti prego fallo tu adesso per qualche settimana.

Lui la incenerisce con lo sguardo, mi fai una vigliaccata proprio adesso che devo concentrarmi sullo Yen sennò perdo un sacco di soldi miei, le dice, aggiungendo con tono sarcastico: in fondo ho sempre saputo che non sei un cavallo di razza ma un brocco, sei sgobbona ma perdente di natura ed è evidente che adesso non sei più utile a nulla. Mengy si sente morire. Non le importa cosa le accadrà dopo ma adesso lo deve lasciare, subito. Non sa cosa fare ma sa che non lo vuole più né vedere né sentire. Non riesce neppure ad odiarlo. Lui le fa penare anche la separazione, cerca di mettere tutti i bastoni possibili tra le ruote, la vuol rovinare in tutti i sensi, economicamente lo ha già fatto, da sempre, tanto lei si fidava e non guardava i conti. L’avvocato le consiglia di andare in giudiziale, ci sono tutti gli estremi, ma lei non è disponibile a straziamenti d’animo per altri anni in attesa delle sentenze, la libertà non ha prezzo e la mia vita e la mia anima valgono enormemente di più di qualsiasi cifra in denaro, dice. Così cede a lui le quote della società a costo zero, fa i suoi scatoloni di libri e vestiti, ottiene uno dei due divani e uno dei letti e armadi di casa più qualche oggetto comprato da lei stessa e se ne va. Inizia una nuova vita. Senza paracadute di alcun tipo. Senza amici e conoscenti che non siano di lavoro o frequentazioni di coppia. Mengy riparte da zero, a costo di dover mangiar pane e cipolla ma libera, dice a sé stessa. Tre mesi dopo Mengy ha la sua attività professionale in proprio, clienti acquisiti ai tempi del lavoro col marito e altri nuovi, al tempo solo potenziali, la contattano appena si sparge la notizia della sua uscita da quella società e tutti le chiedono se è ancora disponibile a lavorare per loro. Al termine del primo anno di attività in proprio, da consulente, Mengy è incredula, non crede ai propri occhi quando tira le somme e scopre quanto ha guadagnato, mai così tanto in vita sua! Quattro anni più tardi verrà a sapere che l’ex marito è in bancarotta. Aveva chiuso l’attività un anno dopo l’uscita di lei confessando ad un conoscente comune che avrebbe dovuto assumere almeno tre dipendenti ultra qualificati per far funzionare la baracca senza Mengy e che i conti non potevano tornare. Poi si era mangiato tutto facendo la solita vita da gran figo e sciambola. Lei nel frattempo si è coperta le spalle, anche finanziariamente, e lavora, lavora, lavora col sorriso sulle labbra e la passione di sempre. Solo che, a differenza di prima, trova anche il tempo per divertirsi, per frequentare tanti amici e amiche, per vivere una bella storia d’amore e di rispetto reciproco con un nuovo lui di tutt’altra pasta. Quando qualche amica le fa notare che è stata una stupida a lasciare tutto all’ex marito senza battersi per avere quanto le sarebbe aspettato di diritto lei ribatte con convinzione che rimettendoci su quel fronte ci ha guadagnato in serenità e libertà immediata di agire a modo proprio e che proprio quella sua decisione, che ai tempi fece parlare suscitando gossip tra clienti e fornitori e tutti quanti conoscevano lei e il marito, le ha probabilmente fruttato in termini di immagine di grande correttezza e consapevolezza delle proprie capacità personali, immagine che si tradusse rapidamente in clienti e concrete opportunità di lavoro, guadagno e crescita professionale per conto proprio. Insomma, Mengy non è certo stata una furba in vita sua, ma sono molti quelli che pensano che lei sia una donna intelligente. Poco furba, ma brava e intelligente. Questo, per precisione, è quello che di lei si dice.

COL SENNO DEL POI

Potremmo aprire un dibattito e sarebbe infinito, meglio essere furbi o intelligenti? Entrambe le cose, direbbero in molti. Ma ho raccontato le storie di queste due amiche proprio perché , a mio parere, aiutano a comprendere quanto altrimenti resta dubbio.

La furbizia rischia spesso di scadere in stupidità. Guardate Clelia, ha incassato più boomerang in fronte che il tanto agognato denaro ed è a tutti gli effetti sulla via del tramonto, sola. Meno male che resta convinta di essere furba!

Il suo ex marito, intelligente, ha reagito alle furbate di Clelia dandole sempre ciò che per legge le spettava, ma questo negli anni è divenuto esiguo, il meno possibile.

Onde, l’intelligenza può attivare la vera furbizia.

Lui ora è ben accompagnato e comodamente programma viaggi lunghissimi in mete esotiche in vista del pensionamento ormai prossimo. Clelia non sa e non può sapere che avrebbe, se si fosse comportata in modo diverso, magari potuto ottenere di più.

L’intelligenza rischia di soccombere al primo round con furbi e stupidi, ma vince il game alla grande. Emblematica la storia di Mengy, lei ha donato e ceduto tutto a costo zero ma in un batter d’occhio ha guadagnato tanto, non solo denaro, ha guadagnato di tutto e di più come persona nella sua interezza. Certo che anche a me la sua storia, che so con sicurezza essere vera, sa tanto di caso in cui ci ha messo lo zampino una sorta di divina Provvidenza! Lei dice che probabilmente, senza conoscere al tempo la materia, ha inconsciamente attivato la legge d’attrazione.

Se avete avuto la pazienza di seguirmi fino a qui io vi ringrazio con un pensiero.

In caso non l’abbiate ancora letto vi consiglio vivamente queste due ore illuminanti e divertentissime ( si legge in un fiato ). Allegro ma non troppo, Carlo M. Cipolla.

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Profilo Autore

Rossana Rossi

Una creativa a tutto campo, con solido background professionale in area marketing e comunicazione, brand & image building. Dal 1985 si occupa di marketing e comunicazione integrata Media -PR -Ufficio Stampa, dirigendo e coordinando al contempo, in qualità di Direttore Operativo, anche i reparti creativi e produzione in Agenzia. Gestisce e pianifica personalmente le iniziative delle aziende clienti dei settori arredamento, moda, food&beverage e cosmesi, dalla piccola-media impresa al grande gruppo multinazionale. Nel 2005 inizia la sua attività in proprio con una formula singolare, scegliendo di lavorare come una “house agency” per poche selezionate aziende e solo a progetti che ritiene professionalmente condivisibili. Nel 2009 le viene affidato l’incarico di un progetto integrale di creazione e lancio di un nuovo brand di accessori e complementi d’arredo. Da allora affianca alla propria usuale attività il ruolo di consulente Marketing & Creative Director.Nel 2013, per puro divertissement, idea e sviluppa , in collaborazione col designer Giampietro Tonetti , il progetto ITWEET – The Expressive Design.

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