Femminicidio e non delitto passionale

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25 NOVEMBRE: l’ ONU INDICE LA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

di Antonella Gramigna

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato nel 1999 il 25 novembre “Giornata internazionale contro la violenza alle donne”, per ricordare tutte le donne vittime di violenza.

La Giornata venne istituita con il senso di invitare governi, organizzazioni governative e non governative, media e società civile ad una sensibilizzazione sulla violenza di genere verso la società.

La data non è a caso, il 25 novembre infatti rappresenta la data in cui vennero uccise le tre sorelle Mirabal, assassinate nel 1960 nella Repubblica Dominicana per il loro impegno politico contro l’allora dittatore Trujillo.

Una data ” simbolo “, quindi, esattamente come lo è l’8 Marzo. Un preciso atto d’accusa della società civile nei confronti del fenomeno, purtroppo ancora in crescita, della violenza sulle donne.

Il cosiddetto Femminicidio, ancora oggi, continua a mietere vittime, nonostante si attuino politiche dirette al contrasto di questo grande problema sociale, nonostante, e grazie ai mass-media, si cerchi di far luce e dare le corrette informazioni su un fenomeno che sembra crescere di anno in anno, ancora c’è molto da fare.

Le organizzazioni e le associazioni che si occupano di prevenire e di aiutare le donne vittime di violenza, attraverso programmi di protezione, sono numerose e presenti nei territori, anche se soffrono di carenza di fondi, senza i quali tutto diventa più difficile.

Il fenomeno della violenza di genere è un argomento molto importante e delicato, erroneamente considerato come qualcosa che non ci tocca personalmente e, quindi, di minor conto di altre problematiche.

Spesso, ancora oggi, la violenza maschile sulla donna viene codificata dalla cronaca con le parole “omicidio passionale”, “raptus”, “momento di gelosia”, quasi come fosse necessaria una giustificazione per un qualcosa che è in realtà un delitto, a tutti gli effetti.

Ma cosa si può fare per contrastare questo terribile e crescente fenomeno ?

Possiamo certamente affermare che qualcosa è stato fatto, oltre alla nascita dei centri anti-violenza, dotati spesso anche di case-rifugio, in Italia sono stati istituiti corsi di formazione alle forze di polizia e carabinieri, mentre in tutto l’Occidente è stato introdotto il reato di “ femminicidio ”. Termine con il quale si vuole trasmettere il messaggio che uccidere una persona perché ci si ritiene proprietari del suo corpo, della sua vita e della sua libertà, è un’ aggravante giuridica, e non più una attenuante. Sono passi avanti, ma non basta a cambiar la tendenza che sembra crescere, perché il problema di base e culturale, di educazione sociale e famigliare. Ahimè non basta solo una legge per salvaguardare il sesso femminile, ma occorre investire sui servizi , sulla formazione , sulla prevenzione attraverso una sinergia tra le realtà eccellenti che abbiamo nel nostro Paese ed insieme, con una consilienza di saperi, col tempo riusciremo forse a cambiare questa cultura del “possesso“.

Sfogliando un po’ i dati di Eures, emerge che nel 2013 il 70% dei femminicidi è avvenuto in ambito familiare, e nel 66% dei casi sono stati i partner ad assassinare le loro compagne, perché non accettavano che le proprie fidanzate o mogli o mogli avessero deciso liberamente di lasciarli.

L’anno scorso inoltre sono aumentati anche i matricidi, che costituiscono il 18,9 dei femminicidi dell’anno scorso. Insomma, una violenza terribile che purtroppo non accenna a diminuire, e proprio per combattere la violenza contro le donne in tutte le sue forme il 25 Novembre si celebreranno in molte città eventi, flashmob e manifestazioni per denunciare questo fenomeno, sensibilizzare sull’argomento, e chiedere maggiori interventi per la protezione e la sicurezza delle donne.

Viviamo in una società dove si cerca di insegnare alle donne come potersi difendere dagli stupri e dalle violenze, invece di intervenire, e fin da piccoli, sul l’insegnamento al rispetto ed alla non violenza.

Ed agli amici giornalisti dico : ” E per favore, smettiamola di chiamarli omicidi passionali, cosa c’è di passionale nel massacrare ed uccidere una donna”? Grazie.

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Profilo Autore

Antonella Gramigna

Antonella Gramigna, classe 1956, marchigiana di nascita ma toscana da sempre, abito a Pistoia. Laurea in Comunicazione, Master in Orientamento e Promozione della salute, Corso regione Toscana sulla Partecipazione. Mi occupo di informazione, comunicazione istituzionale e politica, ma soprattutto nel campo della salute e corretti stili di vita.Sono Cons. nazionale di Associazione di cultura e politica Litaliaintesta Membro di “ The Nanyuki Furaha Foundation” , Kenya .Coordinatrice gruppo regionale toscano “ Stili di vita” Stati generali delle Donne. Free lance su varie testate tra le quali : Psychomedia, Affaritaliani ( Rubrica Tuttasalute), QS ( quotidiano sanità), redattrice Gazzetta di Pistoia & Provincia, La Voce di New York

1 commento

  1. Francesco on

    Da quando “omicidio passionale” é una scusa per non finire in prigione? Non state parlando di nulla

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