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    Home»I racconti di dols»Racconti di Natale»Il Natale di Romano
    Racconti di Natale

    Il Natale di Romano

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre13/11/2013Updated:20/12/2013Nessun commento9 Mins Read
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    Albero_Natale520Racconto di Natale , regalato alle lettrici di dols  da Marco Proietti Mancini

    Il citofono suona poco dopo la mezzanotte; la Vigilia è finita da poco, mezzanotte è passata, siamo già a Natale e la tavola è ancora piena di fette di panettone, pandoro e pezzi di torrone. Piccole pozze di spumante riflettono le luci e i sorrisi e gli occhi stanchi ma felici di una sera passata insieme.
    Quanti siamo non si sa mai di preciso, bisogna contare anche l’ultimo di pronipoti, che ha due mesi e dorme nella carrozzina, lontano dal fumo delle sigarette, dalle risate e dagli scherzi rumorosi? Ma sì, bisogna contarlo, la sera della Vigilia rende la famiglia un organismo unico, in cui tra il patriarca e l’ultimo arrivato non conta che ci sia quasi un secolo di differenza. Sono la stessa cosa, lo stesso cuore che ride per un rito che si rinnova.
    Sul pavimento stracci di carta colorata, coccardine di raso e pezzi di nastro. I bambini corrono da stanza a stanza, mentre già cercano il modo per smontare i giocattoli ricevuti, ubriachi di una felicità che non appanna i sensi, che non impasta la bocca e non regala nessun mal di testa al mattino dopo.

    Quando il citofono suona ci guardiamo in faccia; chi può venire a suonare a una casa a quell’ora, nella notte di Natale? A rispondere va qualcuno, poi mi chiama.
    – Marco, è per te, dice che ‘n’amico tuo. –

    Un amico mio? Ma chi può essere?
    – Naso’, so’ Romano. Che fai, scenni? –
    – Roma’, ma che te sei rincojonito? Ma hai visto che or’è? –
    – Vabbe’, ma che te frega. Scenni? –
    – Spetteme. Arìvo. –

    Il tempo di infilarmi un giubotto addosso e di farmi guardare strano dal resto della famiglia, il tempo di raccogliere sulla schiena lo sguardo preoccupato di mia madre che mi chiede -Ma dove vai? – e sono già fuori dalla porta, sono già in ascensore, sto già percorrendo quell’androne lungo che mi porta fino al portone del palazzo.
    Romano sta lì, appoggiato al colonnino vicino ai citofoni, sempre lui e sempre la stessa faccia, alto un cazzo e mezzo, il naso a palletta e gli occhi tondi, intirizzito di freddo, la sigaretta ficcata all’angolo della bocca e le mani in tasca.

    – Ciao naso’, ce n’hai messo de tempo pe’ scenne. –
    – Ah, pure, ma se so’ sceso subito. Me spieghi che sei venuto a fa’ a quest’ora, la notte de’ Natale? –
    – Niente, te so’ venuto a chiede se voi usci’ –
    – Usci’? Come sarebbe, usci’? –
    – Come l’artre sere, s’annamo a fa’ n’giro. Vedemo si’ se ce sta quarcuno, se famo ‘na canna, ‘n’pàr d’ore e poi tornamo. –
    – Roma, ma allora te sei rincojonito pe’ dàvero. E’ la notte de Natale! –
    – E allora? –
    – Ma come “e allora”, cazzo! E’ la notte di Natale, su a casa mia saremo trenta persone, stiamo ancora a mangiare il panettone, tra poco ci mettiamo a giocare a carte. –
    – Ah, ho capito. Vabbe’ naso’, me so sbajato, scusa. Se vedemo domani? –
    – Domani? Roma’ ma allora non hai capito. Domani, cioè, oggi, è Natale. Sto ancora insieme ai miei, me sa che io fino al 27 dicembre non schiodo. –

    Romano sta lì e non risponde; non si è spostato dal colonnino e non ha neanche tirato fuori le mani dalle tasche. Neanche per togliersi la sigaretta di bocca, ha parlato così, facendo oscillare la brace, tirando il fumo e lasciando cadere la cenere mentre parlava.
    Mi sposto e mi metto davanti a lui.
    Tiene gli occhi strizzati per il fastidio del fumo della sigaretta, Ma si vede che sta fissando un punto per terra, un punto qualsiasi che non sia la mia faccia e non siano le luci delle case, che non siano le luminarie appese ai balconi che illuminano la notte di colore.

    – Romano, ma che c’è? Si può sapere che hai? –

    Non risponde; continua a fissare quel punto di nulla per terra, tirando dentro il fumo con rabbia e sputandolo fuori ancora più rabbioso. Si è ingobbito ancora di più, immagino i suoi pugni serrati nelle tasche, mi sembra di vedere il bianco delle nocche tirate nello sforzo. Lo prendo per le spalle e provo a scuoterlo.

    – Oh, cazzo Roma’! Ma mi dici che c’è? Come ti viene di venire a cercarmi la notte di Natale, per uscire? –
    Insieme al fumo sputa fuori anche parole, mischia insieme la rabbia e il fumo e il fiato e tutto quanto diventa dolore.
    – Niente naso’, non c’è niente, tranquillo, scusa se sono venuto a scocciarti. Volevo solo uscire, come sempre. Ci vediamo il 27. –
    Si stacca dal pilastrino e fa per andarsene, voltandomi le spalle, camminando con quella sua camminata che conosco bene, le gambe un po’ storte, sembra una campana che oscilla da un lato e dall’altro.
    – Oh, ma ndo’ cazzo vai, adesso? –
    Si ferma e si volta solo con la testa, guardandomi di sbieco, sempre con gli occhi strizzati. Finalmente si sfila una mano di tasca e la usa per togliersi la sigaretta di bocca, la mette tra pollice e medio e la schizza via in mezzo alla strada.
    Si volta del tutto, si strofina gli occhi e finalmente li spalanca e posso vederli. Sono rossi, sono infiammati di sangue e lucidi di lacrime. Certamente il fumo.
    -Non lo so, vado a farmi un giro da solo. –
    – Ma perchè non te ne vai a casa? –
    Sorride, un sorriso amaro e triste. Un sorriso cattivo di solitudine e rancore. Una smorfia di invidia.
    – A casa? E che cazzo ci vado a fare, a casa? A vedere la Santa Messa in televisione? –
    – A stare con tua madre, i tuoi fratelli. –
    – Mia madre dorme dalle dieci, non è arrivata manco ad aprire il panettone. M’ha lasciato da solo davanti alla tavola apparecchiata e mi ha detto “me ne vado un attimo in camera mia”. Dopo una mezz’ora sono andato di là e russava sul letto. Le ho messo una coperta addosso e sono uscito. I miei fratelli stanno nelle case delle fidanzate, festeggiano il Santo Natale a casa con i parenti delle donne. Santo Natale? Santo Natale un cazzo, porco Natale, ecco come lo chiamo io. Porco Natale che mi fa stare più solo che in qualsiasi altra notte, se perfino tu mi lasci da solo. –

    Ha vomitato fuori tutto come se fosse un cenone velenoso, come se fosse fiele che lo intossica. Ha bestemmiato le ultime parole come fossero ragni che gli camminavano in gola e gli piantavano le zampe nel cuore. Poi si è voltato e se ne sta andando ancora.
    Gli corro dietro e lo fermo, gli passo una mano sulle spalle, ma lui me la scuote via e mi spinge indietro. Mi fissa ancora e gli occhi sono sempre più lucidi, sono velati di lacrime e di nebbia dentro.

    – Vattene naso’, vattene. Torna su a mangiare il panettone, a giocare a carte. Lasciami stare. Io ci sto bene da solo. –
    – Tu vieni su con me, andiamo. –
    – Ma non rompermi i coglioni, ti pare che adesso io vengo su, così siamo tutti contenti. –
    – Senti, brutto nano del cazzo, tu adesso vieni su con me e se non vieni è la volta che ti do’ un cazzotto in faccia e quel naso a palla che ti ritrovi te lo sfondo, è chiaro? –
    – Ma che cazzo vuoi naso’? Me so’ sbajato, scusa, ti ho chiesto scusa per essere venuto, che altro cazzo vuoi da me? –
    – Te l’ho detto, che vieni su con me. –
    – Non esiste. –
    – Te lo faccio vedere io, se esiste. –

    Lo acchiappo per il giubotto e inizio a trascinarlo, lui si ribella e punta i piedi e digrigna i denti, prova a darmi un pugno, ma è la metà di me, mi viene facile stringerlo e strizzarlo. Lo sollevo da terra e lui prova a scalciare, io lo metto giù e gli do’ un calcio in culo, lui si volta e mi guarda feroce, se potesse adesso mi ammazzerebbe, mi morderebbe, se avesse un coltello me lo ficcherebbe in pancia. Siamo tutti e due ansanti e rabbiosi.
    Rabbiosi di bene, del bene che ci vogliamo.

    – Tu da qui non te ne vai, tu vieni su, a costo di portartici svenuto. –
    Si rassegna, si avvia verso il portone. Provo a mettergli una mano sulla spalla, di nuovo, di nuovo me la scuote via. Percorriamo l’androne, prendiamo l’ascensore e siamo già di fronte alla porta di casa mia. Non ci siamo detti una parola, non ci siamo neanche guardati in faccia. Da dietro la porta arrivano gli strilli dei bambini, le voci dei grandi, il silenzio di mia madre che si sta chiedendo dove sono.

    Suono al campanello. Sento passi che si avvicinano. Rumore di maniglia, la porta che si apre, la faccia di mio fratello, rossa di caldo, lucida di vino e di risate. Dietro di lui tre nipotini che stanno fermi, i giocattoli tra le mani, a guardare chi è arrivato.

    Entro e trascino dentro Romano. Lui si fa avanti, fa un passo e inciampa in un nastro da pacchi che gli si impiglia nei piedi, rischia di cadere e mi si aggrappa.
    I bambinio scoppiano a ridere e scappano via. Mi volto e Romano mi guarda, ha ancora gli occhi lucidi. Scoppia a ridere. Mi abbraccia.

    Buon Natale, amico mio.

     

    amico mio natale
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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Bolle all'arcibmboldi Bolle all'arcibmboldi
    https://www.dols.it/2025/05/14/la-trama-fenicia A https://www.dols.it/2025/05/14/la-trama-fenicia

Aspettiamo con ansia l’imminente uscita del La trama fenicia del mitico texano.

La trama fenicia (The Phoenician Scheme) è il 13* film diretto da Wes Anderson, 56 anni, e da lui scritto con il 60enne Roman Coppola, segnando così la loro sesta collaborazione.
    Rose rosse per me Rose rosse per me
    Storia di Kechic una sartoria e un marchio di abbi Storia di Kechic una sartoria e un marchio di abbigliamento italo africano. Nasce dall’incontro tra Valeria Zanoni e Cheikh Diattara Lui senegalese e sarto, lei italiana ed esperta di comunicazione. Prende origine da questa amicizia, dalla voglia di creare qualcosa di bello insieme e di condividerlo.

https://www.dols.it/2025/05/09/amici-di-ago-e-filo/
    di Eugenio Alberti Schatz L’8 maggio si è inau di Eugenio Alberti Schatz

L’8 maggio si è inaugurata al Museo di Arte Occidentale e Orientale la mostra di Анна Голубовская (Anna Golubovskaja dal titolo Punti di attrazione (2022-2025).

https://www.dols.it/2025/05/11/punti-di-attrazione-di-anna-golubovskaja/
    Dicono di TE …. Ti sei divertita con “I nomi Dicono di TE ….

Ti sei divertita con “I nomi da Indiani”? Hai creato la tua tribù e inventato la leggenda sull’origine del tuo nome? Per costruire il tuo nome sei ricorsa a ciò che dicono gli altri per identificarti quando non ti conoscono se non superficialmente. Hai usato le similitudini che vengono in mente pensando a te.

Ora fai un passo avanti e segui i suggerimenti per una nuova scrittura “metaforica”!
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Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.
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E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
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C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
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Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
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Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
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    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
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