Lettera aperta a Floriano Ippoliti

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di Cristina Obber

Buongiorno signor Ippoliti,
le scrivo per esprimerle il mio rammarico di fronte alla sua statua “Violata”, che trovo essere un manifesto alla sordità, al non ascolto.
Lei stesso ammette di essere stato ispirato da un suo pensiero,  di essersi chiesto “Cosa farebbe mia moglie?” e di essersi dato una risposta, personale e risolutiva, senza interrogarsi  oltre.

 Ma la risposta è altrove.

Se avesse ascoltato una sola donna violata per davvero e non nella sua immaginazione, avrebbe trovato quella risposta.

Quella donna le avrebbe detto che dopo uno stupro non ci si alza con lo sguardo fiero, né tanto meno con la mano aperta verso la vita.
Quella donna le avrebbe detto che dopo uno stupro ci si sente umiliate, distrutte, con il corpo lacerato da farti male anche camminare, con lo sguardo abbassato perché non sai dove guardare.
La fierezza, la forza, la fiducia nella vita e nelle persone, ritornano, è vero, ma dopo.
Dopo un percorso difficile e faticoso per ricostruirsi un pezzetto alla volta, con l’aiuto di chi ti sa soprattutto ascoltare, appunto.

Credo però nelle sue buone intenzioni, non mi pare lei violento nei modi e negli intenti.

Si fidi della mortificazione che la sua statua ha suscitato in me come in tante donne, si fidi della rabbia che stiamo condividendo, anche con molti uomini, per un’opera che rafforza gli stereotipi peggiori anziché lottare per demolirli.

Si fidi di ciò che conta e che le può far dire con serenità che ha peccato di ingenuità e ha sbagliato, e chieda lei stesso di rimuovere la sua statua dalla sua città.

Che importa il tempo che vi ha dedicato se invece della materia ha scalfito gli animi?

Non va di moda l’umiltà, da un po’.
Ma io le chiedo di essere un uomo e un artista proprio in questo.
La invito a un atto di umiltà, semplice e rispettoso della vita, come forse voleva essere.

 

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Profilo Autore

Cristina Obber è nata a Bassano del Grappa il 9 novembre 1964. Iscritta all’ Ordine dei giornalisti, ha collaborato per cinque anni con un quotidiano vicentino. Nel 2008 ha pubblicato “Amiche e ortiche” con Baldini Castoldi Dalai, affresco dolce-amaro dell’amicizia al femminile. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla violenza sessuale, "Non lo faccio più" ed. Unicopli che ha dato vita ad un progetto scuole e al blog nonlofacciopiu.net. Nel 2013 ha pubblicato per Piemme editore il libro Siria mon amour, storia vera di una 16enne italo-siriana che si è ribellata ad un matrimonio combinato. Nel biennio 2009-2010 ha pubblicato con Attilio Fraccaro editore “Primi baci” e “Balilla e piccole italiane”, due libri in cui ha raccolto ricordi del primo bacio e ricordi del mondo della scuola nella prima metà del novecento. Collabora con Dol’s, il sito delle donne on line da svariati anni. Si occupa di tematiche legate ai diritti. Il 25 novembre 2011, giornata internazionale contro la violenza sulla donna, esce il suo primo e-book dal titolo La ricompensa (edito da Emma books), che si apre con una citazione di Lenny Bruce: La verità è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Il suo ultimo libro è ''L'altra parte di me’’, edito da Piemme, una storia d’amore tra adolescenti lesbiche.

12 commenti

  1. Cara Cristina Obber,
    condivido quel che scrivi ma mi permetterai di aggiungere una domanda, piccola ma doverosa. Perché se è vero che lo scultore ha pensato da uomo e anche vero che resta da capire una cosa. Come mai è stato dato giusto a un uomo un incarico così delicato, che richiede introspezione femminile? Non esistevano e non esistono scultrici alle quali sarebbe stato possibile commissionare l’opera?
    È questa la prima cosa che mi è venuta spontanea alla mente, quando ho visto una statua che non rappresenta le donne violate e neanche quelle che “potrebbero” esserlo.

  2. Cara Cristina Obber,
    condivido quel che scrivi ma mi permetterai di aggiungere una domanda, piccola ma doverosa. Perché se è vero che lo scultore ha pensato da uomo e anche vero che resta da capire una cosa. Come mai è stato dato giusto a un uomo un incarico così delicato, che richiede introspezione femminile? Non esistevano e non esistono scultrici alle quali sarebbe stato possibile commissionare l’opera?
    È questa la prima cosa che mi è venuta spontanea alla mente quando ho visto una statua che non rappresenta le donne violate e neanche quelle che “potrebbero” esserlo.

  3. Cristina Obber on

    Domanda pertinente Iole, che bisognerebbe girare all’assessora pari opportunità incredibilmente entusiasta.
    Spero che le donne di Ancona aprano un momento di confronto e di riflessione profonda, tra loro e con chi le rappresenta.

  4. Caterina Della Torre

    Però è giusto anche vedere come un uomo percepisce lo stupro. Come una lacerazione. E trovo che l’abbia trasfigurata perfettamente. Sì la statua avrebbe dovuto essere assegnata ad una donna.

  5. Caterina, sarà giusto avere una raffigurazione visiva del modo in cui un uomo percepisce lo stupro, ma questo può trovare legittimo posto in una mostra dell’artista stesso, cui non mi sento di fare rilievi negativi perché, anche se avesse chiesto a destra e a manca, avrebbe – proprio perché artista – dovuto seguire la propria ispirazione che NON PUÒ essere quella di una donna sull’argomento.
    La responsabilità negativa io la individuo altrove, come scritto.

  6. Io non la interpreto in modo negativo questa statua, non ha voluto rappresentare il dolore, l’umiliazione, la rabbia della violenza subita, ma lo spirito che serve per risollevarsi e andare avanti nonostante tutto…quindi fiera di essere riuscita, orgogliosa di essere donna e dimostrarlo senza nascondersi ma quasi imponendo la sua presenza lacerata dalla violenza

  7. Tamara. è chiaro che questo era l’intento ma ciò collima col pensiero corrente e cioè che, tutto sommato, uno stupro non è poi così grave, visto che poi ci si può risollevare “con fierezza”, quasi con uno schiocco delle dita. Non si voleva ritrarre una donna prostrata e distrutta? Bene, allora un gruppo di donne arrabbiate, urlanti come le donne che in India inveiscono contro lo stupro, ma non così composte e ricomposte, per favore, non addomesticate dal sistema. Tutti tranquilli signori e signore, noi, le indistruttibili, non rechiamo più tracce dello stupro, non ne siamo quasi state toccate, pensate un po’!

  8. Aggiungo: lo si vada a raccontare alla ragazza dell’Aquila, quella il cui stupratore ha avuto una vergognosa condanna a soli 8 anni, lo si dica a lei e a tante altre che ricavano traumi psichici e fisici, interventi operatori, suture che renderebbero difficili rapporti sessuali futuri qualora riuscissero ad averne ancora voglia, maggiori difficoltà nei parti, lo si chieda a loro QUANTO le rappresenta questa statua! Personalmente sono stufa delle coperture e del buonismo. Sarebbe ora che suonassero a stormo le campane accusatrici della verità. Sarebbe ora che si rappresentasse la rabbia e il NON PERDONO. È questo che mi sarei aspettata da una donna.

  9. Cristina Obber on

    ma io mi chiedo e vi chiedo Che bisogno c’era di una statua?
    una statua commissionata da un bilancio pubblico, che chissà se delibera anche sui fondi per il centro antiviolenza della sua città.
    una statua che ci mostra un culo tondo e perfetto come se non ne avessimo abbastanza, un culo azzurro che ha già cominciato a richiamare volgarità in rete anzichè le “anelate” prese di coscienza.

    Tamara tu richiami la fierezza e la forza, che come ho scritto arrivano, ma non certo mentre raccatti la tua borsetta e te stessa.
    nemmeno a me piacciono le immagini che rappresentano la vittima stesa a terra con la mano tesa, ed è per questo che concordo con Iole.
    fateci una statua mentre balliamo one billio rising, mentre manifestiamo in piazza, mentre ci teniamo per mano e sorridiamo.
    ma lascite stare i corpi violati, perchè non li conoscete, non ne sapete nulla.

    altrimenti ci ritroviamo in vetrina la Barbie Violata, dipinta di blu.

  10. La statua mi lascia perplessa, troppo hard, troppo lacera nei punti giusti, davvero poco rappresentativa, seppur doveva rappresentare la rinascita della donna lesa. Su una strada di grande scorrimento (come presumo sia quella) oltre che distrarre non porta certo a riflettere sul tema.

  11. Maddalena Robustelli on

    Quanti abiti dovrà indossare una donna vittima di violenza sessuale, prima di ergersi orgogliosa di quella rinnovata forza d’animo che le consentirà di proseguire dignitosamente nel suo percorso di vita? Quante volte dovrà chiudere i pugni per trattenere giù il repentino ritorno di quel doloroso ricordo, così lacerante da toglierle il fiato? Quanti sensi di colpa dovrà sentire vibranti e pungenti, per riuscire finalmente a capire che quella violenza non è a lei addebitabile? Queste ed altre domande Floriano Ippoliti non se le è poste, altrimenti avrebbe raffigurato una “violata” in altro modo, ossia ben lungi da ritrovare da se’ quella fierezza tanto falsamente esibita dalla donna effigiata nella statua. Il suo limite come artista, così lontano da raffigurare la realtà della violenza di genere, non può essere assorbito dall’eventuale fine pedagogico della statua, perchè sono ben diversi gli aiuti di cui le donne dovrebbero usufruire dopo episodi di tal fatta. E, a mio parere, quel che fa più male nella vicenda è che quel limite sia rafforzato dal connivente atteggiamento giulivo e gaudente della Commissione regionale delle Pari Opportunità, per il tramite della sua presidente.

  12. condivido l’osservazione sull’assegnazione del compito di rappresentare lo stupro. Perché ad un uomo? Lo stupro appare così un argomento da immaginario prettamente maschile: gli uomini lo fanno, lo interpretano, lo commentano, se ne fanno carico morale, lo rappresentano, lo giudicano e noi rimaniamo oggetto, “oscuro oggetto di desiderio” senza parola. La statua è bella, la visione plausibile, ma non parla della violenza sulle donne, racconta il pensiero di Ippoliti su come la donna reagisce o dovrebbe reagire. Una donna mitizzata e lontana dalla realtà, come al solito, ed una rappresentazione retorica che di certo non può aiutare a comprendere la tragedia della sofferenza della violenza sulle donne.Peccato, un’altra occasione persa.

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