BIANCA CAPPELLO

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bianca cappelloBianca Cappello, la nobildonna veneziana amata e temuta dalla famiglia Medici, nasce nel 1548. La sua storia d’amore con Francesco Granduca di Toscana è ricca di luci ed ombre

di Alessandra Rossi

Bianca Cappello, la nobildonna veneziana amata e temuta dalla famiglia Medici, nasce nel 1548 segnata dal dono ricevuto da sua madre, Pellegrina Morosini, la prima moglie di Bartolomeo Cappello: una bellezza “imperiosa”, per usare l’aggettivo attribuito da Michele de Montaigne al suo viso, che passava per i suoi occhi azzurri e brillanti e attraversava il suo corpo perfetto, quasi fosse modellato dalle mani sapienti di un artista. Bianca, però, non cresce con la madre ma con la seconda moglie di Bartolomeo, Lucrezia Grimaldi, una donna aspra e severa, interprete perfetta del ruolo di matrigna crudele che ci viene proposto dalle fiabe più note.

E, proprio come nelle fiabe, alla giovane Bianca sembra offrirsi la possibilità di un riscatto dall’infanzia poco rosea quando riceve le attenzioni di un giovane fiorentino, il ventiquattrenne Pietro Bonaventuri. Alla quindicenne Bianca basta affacciarsi alle finestre della sua casa, che già iniziava a starle stretta, per far invaghire il giovane impiegato del banco della famiglia Salviati, dall’altra parte del canale. Per lei deve esser stato amore a prima vista, o forse l’illusione di un amore: il giovane rappresenta la possibilità di emanciparsi, di fuggire dalla famiglia; per Pietro il matrimonio con Bianca significa la possibilità di scalare repentinamente la piramide sociale, passando dalle innumerevoli scappatelle, per le quali è noto, al legame con una nobildonna veneziana per di più incredibilmente graziosa. Bianca, in realtà, non è solo una fanciulla bella, in lei c’è qualcosa di più profondo: un intimo bisogno di vivere intensamente, di non fermarsi, di non accontentarsi e accettare il destino che il padre e la matrigna vogliono scegliere per lei. Non si risparmia i rischi e per questo viene ripagata con momenti altissimi, durante i quali deve esserle sembrato di poter toccare la volta celeste, seguiti da altri in cui, come quasi sempre accade, sembra di sprofondare nel dolore più forte.
Pietro e Bianca, che scopre di essere incinta ed è accusata dal padre di aver rubato soldi e gioielli, scappano — sulle loro teste pende anche una taglia — nell’unica città in cui il ragazzo si sente al sicuro dalle leggi della Serenissima e dall’ira impetuosa del padre della sua giovane sposa: Firenze. Qui Bianca pensa forse di avere un’opportunità di salvezza, immagina l’inizio di una nuova vita; invece la città medicea si rivela una realtà non facile, meno fiabesca di quella che forse aveva sognato. Si sposano ma la casa dei genitori del marito è umile rispetto agli standard ai quali era abituata; a Firenze giunge la richiesta da Venezia di consegnarla insieme al marito Piero: ora la decisione spetta a Cosimo I, o meglio al figlio Francesco al quale ormai lo stanco Granduca delega tutte le rogne.
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Il primo incontro tra queste due anime, che saranno legate tra loro a doppio filo, forse avviene per questo motivo ma, come in tutte le storie avvincenti, molti elementi leggendari si sono aggiunti successivamente. Si dice che l’occasione ha come protagoniste Bianca e la sua esplicita bellezza: ancora una volta a lei basta lasciarsi intravedere tra le tende di una finestra, forse lancia una rosa come omaggio al giovane principe. Un amore per una rosa: Francesco la guarda sorridere e in un attimo la sua devozione è tutta per lei.
Ma la bella dama veneziana oltre al legame col Bonaventuri, ora suggellato anche dalla nascita della figlia Pellegrina, ha una rivale ingombrante, la moglie Giovanna d’Austria, poco affascinante stando alle cronache fiorentine del tempo, ma pur sempre sorella dell’imperatore. Il cuore di Francesco non accoglie sentimenti per la consorte, occupato com’è dall’amore per Bianca. L’erede mediceo omaggia la sua amante con doni, ville e palazzi, il primo e più famoso dei quali è il palazzo di via Maggio (ribattezzato in suo onore palazzo Bianca Cappello), vicinissimo a Palazzo Pitti per permettergli di raggiungere comodamente la donna in qualsiasi momento lo desideri; allo stesso tempo Francesco non può esplicitamente permettere che Bianca entri nella vita della sua famiglia “dall’entrata principale”. Sono, infatti, entrambi ancora sposati e questo fa sì che la figura della nobildonna veneziana sia fonte di timore per una parte della corte fiorentina; il più preoccupato sembra il cardinale Ferdinando, fratello di Francesco, che non riuscirà ad accettare sinceramente Bianca neppure quando diventerà ufficialmente Granduchessa. La giovane veneziana ha però un’alleata all’interno della famiglia: è la “Stella di casa Medici”, Isabella, la più abile amministratrice delle fortune medicee, la guida del casato, molto più talentuosa del fratello Francesco nell’amministrazione delle questioni di Stato. Egli, che nel 1574 è diventato Granduca, si rivela un politico rigido e inesorabile, eredita uno stato dall’apparato burocratico e amministrativo funzionante, ma appare refrattario alla routine e al suo ruolo nell’amministrazione; spesso, infatti, si rifugia nello studiolo di Palazzo Vecchio, dove può dedicarsi ai suoi interessi culturali e scientifici: l’amore e gli studi costituiscono per Francesco il modo migliore per elevarsi dalla condizione strettamente terrena di Granduca.

Il destino lavora in favore di Bianca: suo marito viene misteriosamente assassinato in strada mentre è di ritorno dalla casa della sua amante. Si vocifera che oltre al destino ci sia lo zampino di casa Medici, ma il risultato non cambia: l’amore veneziano di Francesco ora non è più sposata e lo scandalo diviene meno “scandaloso”. La Granduchessa Giovanna, poco amata sia dal marito che da Firenze e sempre un po’ in disparte, continua ad arricchire l’albero genealogico della famiglia, ma solo di figlie femmine e questo preoccupa la corte. Si prospetta un’arma vincente per Bianca che si sente pronta ad agire: deve essere assolutamente lei a dare a Francesco il primo figlio maschio. Anche in questo caso le dicerie si arrampicano intorno ai fatti storici: forse non è lei la madre biologica del bambino che nasce nell’agosto del 1576, forse è una giovane ragazza incinta la vera madre dell’erede maschio, affidato a due camerieri personali di Bianca che lo accudiscono. Il neonato, al quale viene dato il nome di Antonio de’ Medici, potrebbe avere un futuro grandioso ed essere destinato a ben altro ruolo che quello di figlio di due camerieri, ma la sorte è beffarda e il 20 maggio 1577 Giovanna d’Austria mette al mondo il primo figlio maschio legittimo del Granduca, il piccolo Filippo: nessuno può immaginare che vivrà appena 5 anni.

Un anno dopo Giovanna d’Asburgo, che aveva avuto la sfortuna di trovarsi in mezzo a una storia d’amore tanto intricata quanto salda, esce di scena a causa di una rovinosa caduta dalle scale: Bianca e Francesco non perdono tempo e si sposano due mesi dopo l’incidente luttuoso, anche se con una cerimonia celebrata in gran segreto. Nessuno ostacolo ormai si frappone fra loro, possono coronare il loro sogno ma con un occhio attento agli umori della città e della nobiltà fiorentina, non ancora pronta ad accogliere quella nuova Granduchessa. Il segreto non rimane a lungo tale, le nuove nozze possono essere un vantaggio e non solo per Bianca. Anche Venezia accoglie con letizia e clamore l’evento: ora Bianca, la stessa donna d’animo irrequieto che era scappata quindicenne dalla casa paterna con una taglia sulla testa, sposata a un borghese qualsiasi e presunta ladra, torna a essere “Figliuola di Venezia”, grande vanto della Repubblica Serenissima e non perché il suo spirito sia mutato, ma solo perché sono cambiati il sangue e il rango dell’uomo al quale è legata. Francesco non vuole per lei un matrimonio morganatico, vuole che la famiglia e la città tutta si inchinino di fronte alla nuova Granduchessa: una seconda cerimonia, solenne e pubblica, viene celebrata nel 1579. La partita, infine, l’ha vinta Bianca.
La coppia ora può muoversi alla luce del sole, i possedimenti medicei possono accoglierli come marito e moglie legittimi: tra le tante ville una in particolare è amata dalla veneziana, quella di Pratolino. Si tratta di una proprietà sulla strada tra Bologna e Firenze, riadattata da Francesco per omaggiare Bianca, un luogo del cuore insomma, intimo e lontano dalle pressioni della famiglia e dalle maldicenze del popolo fiorentino.
Adornata da giardini meravigliosi, curati da straordinari artisti, è costellata di fontane automatiche che stupivano chiunque trascorresse del tempo in questo Eden artificiale. È emblematico il resoconto di Michele de Montaigne che, di ritorno da una Firenze “deludente”, si consola nella splendida dimora affermando nel suo Journal du voyage en Italie par la Suisse et l’Allemagne: “La bellezza e la ricchezza di questo luogo non si possono rappresentare con la scrittura”. La villa, in realtà, è arricchita dalla figura di Bianca, dalle sue doti filantropiche e dalla sua intelligenza. I suoi salotti dettano legge in fatto di moda e costume, il suo gusto raffinato influenza quelle nobildonne che inizialmente le erano state ostili, ma ora la imitano nell’uso dei merletti veneziani e di quei particolari colletti che lei sfoggia sempre.

bianca cappello2L’idillio d’amore fra Bianca e Francesco dura poco, appena otto anni, e la sorte, o chiunque l’abbia aiutata, piombano inesorabili sui due innamorati. La morte sopraggiunge misteriosa, nel 1587, in un’altra villa medicea, quella di Poggio a Caiano. In principio si pensa a una febbre terzana che nell’arco di 11 giorni si porta via marito e moglie, entrambi affetti dagli stessi sintomi; si parla anche di smodatezza nel bere e nel mangiare, si immagina persino un devastante tumore al seno che avrebbe ucciso Bianca. In seguito comincia a montare la storia del doppio omicidio con arsenico, forse perpetrato dal fratello e cognato Ferdinando de’ Medici. Effettivamente la morte repentina e pressoché identica di Bianca e Francesco lascia spazio a ipotesi diverse, non ultima quella della congiura di palazzo. Il maggiore indiziato appare Ferdinando che in quei tragici giorni si trova proprio ospite nella villa di Poggio a Caiano, teatro dei macabri eventi. Si sa che Ferdinando ha solo apparentemente perdonato a Bianca il suo essere stata la determinata e sempre presente guida del Granduca; inoltre è lui il maggior beneficiario della morte dei coniugi ereditando subito il titolo di Francesco. Gli intrighi di corte sono all’ordine del giorno nell’Italia del XVI secolo e la famiglia medicea, anche in passato, non è stata esente da simili accuse. Forse invece, come era accaduto alla madre di Francesco, Eleonora di Toledo, e ai suoi fratelli minori Giovanni e Garcia, il Granduca e sua moglie Bianca sono vittime delle pericolosissime febbri malariche.
La storia di Bianca rimane ancora una volta costellata di misteri, di luci e ombre; senza dubbio è stata una donna brillante e volitiva, bella, di una bellezza impenetrabile e altezzosa, capace in modo quasi naturale di attirare su di sé invidia e maldicenze, una “straniera” arrivata con una fama terribile e andata via da Granduchessa. Queste cose alle donne si fanno pagare e anche caramente: dopo la sua morte viene infamata nei più modi diversi, a partire dalle battute crudeli del popolo (Qui giace un Cavatel pien di malìe/e pien di vizi. La Bianca Cappella/ puttana, strega, maliarda e fella/che sempre favorì furfanti e spie) fino ad arrivare alla scomparsa del suo corpo, probabilmente sepolto in una fossa comune, ultimo “regalo” del cognato Ferdinando che non le concede le esequie solenni come il suo titolo di Granduchessa prevede.

Il testo è tratto dalla ricostruzione storica pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com

alessandra-rossiAlessandra Rossi, nata a Roma nel 1995, è da sempre amante del passato e dei viaggi mentali e fisici che compie accompagnata dall’amore per la scrittura e per la storia di genere. Dopo il diploma al liceo classico Tito Lucrezio Caro della capitale, decide di studiare storia ma di studiarla altrove. Frequenta ora la facoltà di Storia presso l’Alma Mater di Bologna e cerca, così, di soddisfare la sua sete di nostalgia.
Ha collaborato con Toponomastica femminile per il progetto “Le donne del Novecento sulle strade di Roma. Le vie della parità”

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