Non possiamo vivere nella paura

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L’ansia, dopo i recenti tragici avvenimenti di Parigi e San Bernardino, sta divenendo uno stato d’animo frequente e condiviso da persone di ogni età e condizione sociale.

Si ha timore di viaggiare, se qualcuno della famiglia deve spostarsi in aereo o in treno si è colti da panico, se capita di frequentare luoghi pubblici come stazioni, metro o centri di aggregazione si sta guardinghi e in tensione, sbirciando qua e là se ci fosse in giro un insospettabile killer o pacchi sospetti abbandonati da qualche parte.
Spesso siamo colti da veri e propri “attacchi di panico” con reazioni che sfuggono al nostro normale controllo. In realtà la mente, quando immagina un pericolo, produce un forte stato d’ ansia dal quale non è affatto facile sfuggire. Franklin D. Roosevelt citava: “L’unica paura di cui dobbiamo aver timore è la paura stessa”
Sono i pensieri e le immagini di pericolo, quelle che purtroppo siamo abituati a vedere e sentire ogni giorno che ci scatenano un perenne stato di tensione che possiamo dominare solo se riusciamo a controllare i pensieri e le immagini negative e temibili che ci vengono servite insieme al pranzo o alla cena.

Esistono facili tecniche di training e rilassamento che si possono eseguire da soli in qualsiasi momento e luogo, col doppio respiro o con le visualizzazioni positive. Sono piccoli accorgimenti, ovviamente non risolutivi, che aiutano almeno a calmare un poco la tensione che monta. Il disturbo post traumatico da stress colpisce le persone che hanno vissuto un’esperienza legata ad un evento tragico che ha provocato lesioni gravi, morte o anche minacce di morte. Le reazioni sono l’orrore e la paura unite da sentimenti di impotenza. Durante i periodi di guerra o di agitazioni sociali i disturbi post traumatici nelle persone sono elevatissimi e s’innesta spesso la percezione continua e ripetuta dell’immagine tragica vissuta.
Il ricordo con cui la mente ripropone il fatto è intrusivo e persistente, stressa perfino i sogni, crea flashback, come se l’evento si dovesse ripetere continuamente.
Si parla spesso del Debriefing come tecnica di rinforzo per persone che hanno vissuto un avvenimento traumatizzante.
E’ ancora utilizzata nel trattamento post traumatico dei militari. L’obiettivo è la riduzione dell’impatto stressante servendosi di un gruppo sociale che, attraverso l’incoraggiamento, aiuta a rivivere l’accaduto traumatico in un setting aperto e attento.
Questa tecnica dovrebbe essere applicata entro poche ore dal trauma e il gruppo dovrebbe essere composto da persone che sono state vittime dello stesso shock.
Lo scopo è l’integrazione emozionale delle esperienze, cercando di rivivere i racconti individuali con un ascolto empatico e condiviso delle diverse esperienze fino al superamento del trauma.

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Profilo Autore

Maria Cristina Paselli lifecoach

Specializzata in Scienze d’Azienda, Gestione di Risorse Umane, lavora da tempo nei settori dell’Alta Formazione per Manager, nel Coaching, nella Comunicazione Positiva, Marketing, Creazione di Team Leader, Immagine Personale, Leadership Aziendale e nella Selezione di Personale Hight Level. Collabora con Province e Regioni per Corsi di Avvio e Formazione all’ Imprenditoria . Consulente di Aziende Private ed Enti Pubblici per Attività di Organizzazione, Management, Aggiornamento professionale, Progettazione, Formazione sul Lavoro ed Orientamento. Ha pubblicato testi sulla Formazione, l’Inserimento e il Ricollocamento di donne, adolescenti difficili, adulti e categorie ritenute socialmente deboli. Ha realizzato la sceneggiatura di Performance teatrali al termine di Corsi di Autostima. Ha progettato e diretto Programmi di Prevenzione e Mantenimento del Benessere Psicofisico in Centri di Cura, collaborando con specialisti e terapisti orientali, sia in Veneto che in Toscana.

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