Non tutti i gusti son gusti – ultima puntata

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di Elena Vesnaver

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Ti ritrovi a fissare il suo viso, a concentrarti sulla sua bocca e non ti vorresti sbagliare, ma lui sta facendo lo stesso.
– Bè – dici tu.
– Dovrei – dice lui.
Cominci a pregare, anche se sei miscredente, preghi e prometti un cero a qualche santo, il cero più grosso che trovo, ma adesso mi deve baciare.
E lui si avvicina e tu ti avvicini.
È un bacio leggero, quasi un respiro, quasi un profumo di lontano cacao, che scalda e ti impasta, come un boccone troppo grande che fonde lentamente e non ti fa parlare. Per il freddo. Il sapore. Il piacere. Ne voglio ancora.
Ma lui è sparito.
Tanto domani lo rivedo, tanto torna.
Vero che torna?

È tornato. È tornato con sua moglie. Bastardo.
Sono arrivati e sono entrati in gelateria, lui tutto rigido e lei col muso. Lui mi ha fatto un cenno come se fossi una conoscente da niente e ha chiesto a lei cosa preferiva; io preferivo dargli un pugno, a lui e a lei, anzi, solo a lui che lei cosa c’entra, brutta noiosa con le gambe grosse che ha preso Yogurt e Cocco, bella schifezza.
– Bounty Mou – ha detto e mi ha lanciato uno sguardo storto.
Mostra i muscoli, il prof.
Poi se ne vanno e Olga direbbe che me lo sono meritato, ma lui poteva essere più cortese, più educato, più signore e pareva tanto per bene.
Io penso che non mi innamorerò più e già che ci sono, potrei ritirarmi in un monastero zen.
– Cioccolato Amsterdam? – chiede la ragazza che conosce le mie passioni e io sto per dire sì, ma mi fermo.
– No.
Altro che Cioccolato Amsterdam.

Il suicidio è una cosa seria, per questo mi sono attrezzata bene.
Sono in cucina, a destra uno dei miei migliori bicchieri da degustazione e una bottiglia di Chardonnay, che è una delle mie passioni, ma questa è un’altra storia; a sinistra il cellulare che non si sa mai, potrebbe chiamare e sarebbe così romantico; davanti una sfilza di vaschette, diciotto tipi di gelato al cioccolato.
Bisogna avere metodo nella vita, mai buttarsi a casaccio, un morso lì una cucchiaiata là. Cominciare magari con Gringo, cioccolato amaro con scaglie di cioccolato al peperoncino mandorle tostate e pinoli e finire con Moby Dick, cioccolato bianco panna e canditi.
Ci vuole disciplina, non siamo mica animali.
Si parte con qualcosa di soft, Cioccolato e Granella, si continua con Cioccolato Panna e Chicchi di Caffè e vai così, sempre in crescere. Altrimenti si vomita e io non voglio vomitare, io mi voglio suicidare.

Ho vomitato uguale.
Ho esagerato con la Granella o con l’Affogato Aromatico o magari con la Maxi Coppa Bocconcini Cacao ripieno Frutti di Bosco.
Forse è stato il vino, una bottiglia intera non fa benissimo, credo. Insomma, ho vomitato.
Ti sta bene, ha detto Olga, suicidarsi col gelato è da suonati, che cosa c’è che non va in un paio di pillole?
Comunque adesso sono qui, bianca come una morta vivente, mi guardo allo specchio e penso che ridursi così per un uomo, mai più. Piuttosto il monastero zen.
Adesso esco, vado a vendere un po’ di maledette case, metto su il mio maledetto studio e con gli uomini ho chiuso e anche con i gelati al cioccolato, direi, che solo se ci penso mi torna da vomitare.

L’abitudine è abitudine, non ci si può far nulla.
È l’abitudine che mi fa passare davanti alla gelateria dopo aver venduto un magazzino senza passo carrabile e una casettina con il muro maestro in comune col cimitero, è sempre l’abitudine che mi fa buttare un occhio alla produzione giornaliera, ma non è l’abitudine che mi fa cercare il mio bel prof, è il cuore, accidenti.
E lui è lì.
Sbatto gli occhi, perché non può essere e cerco la moglie che ci sarà di sicuro. Invece è solo, bello come il sole e con un cono in mano.
– Cioccolato Amsterdam – mi fa, – ne vuoi un po’?
Il mio stomaco mi dice che non è una buona idea, ma il mio cuore sostiene che una leccatina non ha mai ammazzato nessuno.
– Ti va una passeggiata?
Il mio orgoglio grida che non se ne parla, il mio cuore decide che sì, gli va proprio.
Faremo una lunga passeggiata.

Non ci credevi, ma ti si apre un mondo, un universo che promette morbidezza e voluttà.
Le vostre lingue si incontrano e ti stupisci di quanti sapori può avere un uomo. Chiudi gli occhi e scoppia qualcosa come un orgasmo fatto di caldo, di freddo, di emozione.
Ti lasci abbagliare dalla luce del mattino e solo adesso la giornata può incominciare.
Non so la vostra, ma la mia sarà bellissima.

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Dols

Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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