Le Gelsominaie di Milazzo

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Le Gelsominaie di Milazzo nell’agosto del 1946, dichiararono il primo sciopero, avendo la consapevolezza di essere sfruttate.

Nel 1930 la piana di Milazzo, in provincia di Messina, era un’enorme distesa di gelsomini. Piccoli e delicati fiori che emanano un profumo intenso e molto gradevole. Oggi quelle distese non esistono più, ricoperte dal cemento, e non esistono più neanche le gelsominaie. Di queste lavoratrici di più di mezzo secolo fa conosciamo una storia che a tanti invece ha fatto comodo dimenticare.

Erano più di duemila queste donne che, tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, raccoglievano i gelsomini, destinati alle fabbriche che poi ne estraevano profumo.

Non era un lavoro facile, spesso si lavorava per sei-sette ore continue dalle tre del mattino, con i piedi negli acquitrini, avendo in cambio una paga miserabile: 25 lire per ogni chilo di fiore raccolto.

Le gelsominaie avevano “mani leggere” per raccogliere il minuscolo fiore e spesso erano impiegate delle bambine. Quando queste donne non avevano possibilità di affidare a qualcuno i loro figli più piccoli, li portavano al lavoro e li sistemavano nelle ceste che poi adagiavano tra le piante.

gelsominaie-milazzoAd un certo punto ebbero la consapevolezza di essere sfruttate e decisero di non poter più accettare quelle condizioni lavorative così disagiate. Si riunirono e, nell’agosto del 1946, dichiararono il primo sciopero. Queste loro rivendicazioni fecero sì che il loro salario salisse prima a 50 lire al chilo, poi a 80-90, fino ad arrivare a 1.050 lire nel 1975, e riuscirono anche ad avere in dotazione degli stivali che permettessero loro di lavorare con i piedi riparati e non più immersi nel terreno fangoso, dei grembiuli per proteggersi dagli insetti, cesoie per facilitare la raccolta e, soprattutto, un orario di lavoro più accettabile.

Questi risultati furono raggiunti grazie al loro coraggio e alla loro determinazione. Molte, durante le proteste per l’acquisizione di questi diritti, furono arrestate e trattenute per alcuni giorni nelle camere di sicurezza.

La loro protesta ebbe un’’eco prima in tutta la Sicilia e poi varcò i confini regionali tanto da giungere alle raccoglitrici di olive pugliesi che, nel 1959, organizzarono una rivolta per migliorare le loro condizioni lavorative.

Quando il delicato profumo del gelsomino iniziò ad essere prodotto chimicamente, questa coltivazione a Milazzo sparì e, con essa, finì la storia delle gelsominaie.

Tra tante resta un nome: Grazia Saporita, definita “capopopolo” che,  munita di un bastone, andò nelle case delle altre gelsominaie ed insieme si recarono ad occupare il Commissariato rivendicando condizioni lavorative più umane e denunciando lo sfruttamento.

Ancora oggi chi l’ha conosciuta dice che la chiamavano “la bersagliera” e tutte le altre donne si facevano guidare da lei sentendosi protette dalla sua grande autorevolezza.

La storia di queste lavoratrici ha rischiato di essere dimenticata per sempre. Ma nel 2013 il Comune di Milazzo ha intitolato a queste donne una strada, via delle “Gelsominaie di Milazzo”. Con questa intitolazione si onorano delle lavoratrici coraggiose che, presa coscienza dei loro diritti, reclamarono a gran voce la dignità lavorativa che era stata loro negata.

 

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Profilo Autore

Ester Rizzo

Ester Rizzo giornalista e scrittrice nata a Licata nel 1963. Socia fondatrice dell’Associazione Toponomastica femminile. Curatrice del volume “Le Mille: i primati delle donne” (2017) Autrice di “Camicette Bianche “ (2014) “Le ricamatrici “ (2018) “Donne disobbedienti “ ( 2019) e “Il labirinto delle perdute” (2021)

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