Friburgo: una mappa di genere

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Nuova mappa delle presenze di noi fammininili nelle strade dei Friburgo voluta da Ursula Knopfle, assessora alle pari opportunità

di Anna Altobelli

Nel febbraio 2012 un noto quotidiano tedesco ha dato voce a una singolare iniziativa che ha per protagonista la città di Friburgo in Brisgovia, quarto centro del Baden Württemberg per estensione dopo Stoccarda, Mannheim e Karlsruhe, e meta turistica fra le più rinomate della Germania. È stata pubblicata una mappa della città con tutti i toponimi femminili ben evidenziati in rosso, numerati ed elencati in un’apposita legenda. La mappa, che rispetto alla prima edizione del 2006 registra 8 nuove presenze femminili, è stata ideata da Ursula Knopfle, assessora alle pari opportunità, e distribuita gratuitamente presso i locali del municipio; oltre all’elenco completo delle vie, piazze e scuole intitolate a donne, essa contiene alcune fotografie e brevi cenni biografici di tutte le figure femminili presenti in città. Abbiamo pensato di contattare Frau Knopfle, la quale, ben lieta di conoscere il nostro gruppo e le iniziative da esso realizzate in questo primo anno di attività, ci ha gentilmente messo a disposizione alcune copie della mappa, permettendoci così di compiere una visita, sia pure virtuale, per le ’vie in rosa’ della sua bella città.

A Friburgo ci sono 90 toponimi femminili (il 23% su un totale di 400 strade), di cui 69 fra vie e viali, 9 piazze, 9 scuole e 3 corti, concentrati soprattutto nelle zone periferiche della città. Nel centro storico, invece, non c’è un solo nome di donna, ad esclusione di due toponimi situati poco fuori dalle antiche mura: via Luisa, dedicata alla Granduchessa del Baden (1838-1923) e corte Katharine Egg (1734-1767), che ricorda la fondatrice della città. Ma la maggior concentrazione di vie ’al femminile’ si trova in due quartieri periferici di recente costruzione, Vauban e Rieselfeld che, rispettivamente con 15 e 26 toponimi, si prestano a veri e propri itinerari di genere e meritano particolare attenzione anche sotto il profilo urbanistico.

Vauban, una ex-caserma francese di 38 ettari, ospita 5.000 abitanti in 2.000 appartamenti ed è stato progettato nel 1996 come “quartiere sostenibile”: la zona doveva accogliere giovani famiglie di reddito medio-basso ed è stata edificata privilegiando tecniche di costruzione mirate alla massima riduzione dei consumi. Molte unità abitative di Vauban, ad esempio, sono case ’passive’o ’energy plus’, cioè producono più energia pulita di quanta ne consumano: una migliore coibentazione ha ridotto del 60% le emissioni di CO2, la creazione di impianti solari ha consentito la produzione del 65% circa dell’energia necessaria, il riciclo dell’acqua piovana per le case e per l’irrigazione del terreno rappresenta un metodo intelligente per non gravare sulle risorse d’acqua disponibili nel sottosuolo. Il quartiere è inoltre progettato per ridurre il più possibile le problematiche legate al traffico e all’inquinamento causato dai mezzi privati. Sono stati adeguatamente potenziati i mezzi pubblici e i pochi parcheggi sono situati al di fuori del quartiere. Quanto alle aree verdi, esse sono state conservate all’interno del quartiere e sono a completa disposizione dei bambini.

I nomi di donne presenti in questo quartiere sono stati scelti con un particolare criterio: sottolineare l’impegno per la parità dei diritti delle donne e l’aperto contrasto con l’ideologia del periodo nazista. Percorrendo le vie del quartiere, incontriamo personaggi illustri della politica e della scienza come Rosa Luxemburg e Marie Curie; artiste come Paula Modersohn e Ida Kerkovius, pittrici, e Astrid Lindgren, scrittrice e autrice di libri per bambini; vi sono donne che hanno lottato duramente contro la propaganda razzista e antisemita del periodo hitleriano, come Harriet Friburgo.LouiseOttoPeters_300Strauss (1882-1945), laureata in medicina e autrice di scritti contro l’ideologia nazista, e Lise Meitner (1878-1968) fisica emigrata al tempo del Nazismo; infine sono ricordati personaggi femminili di varie epoche storiche che si sono distinte nella lotta per la parità dei diritti delle donne, come Louise Otto Peters (1819-1895) co-fondatrice del Movimento Femminista, Gerda Weiler (1921- 1994), sostenitrice dei diritti delle donne ed attivista femminista, e Marie Juchacz (1879-1956), figura di spicco nel panorama delle donne impegnate sul fronte politico e sociale.

Marie Juchacz, nata a Landsberg sul Wartha (oggi città della Polonia), aveva svolto in gioventù i più svariati lavori, da cameriera, a operaia, a sarta, e durante la prima guerra mondiale era stata impiegata nel Centro Homework, come membro della Commissione Alimentare; queste esperienze l’avevano formata profondamente, rendendola particolarmente sensibile alla condizione del lavoro specialmente di quello più umile e disagiato. Nel 1919 creò l’AWO (Arbeiterwohlfahrt) o Comitato per il Benessere dei Lavoratori; il suo slogan era il benessere dei lavoratori è l’auto-aiuto dei lavoratori e il suo scopo iniziale fu quello di fornire un aiuto alle vittime della prima guerra mondiale, attraverso l’organizzazione di corsi di cucito, pranzi, workshop, gruppi di auto-aiuto e servizi di consulenza. Juchacz rimase alla presidenza dell’Associazione fino al 1933, anno in cui, con l’avvento del nazismo, essa fu sciolta; negli anni seguenti l’AWO fu ricostituita sotto forma di ente benefico per il sostegno di tutte le persone bisognose. Nel frattempo, nel 1917, in occasione della divisione del Partito Socialdemocratico, Marie Juchacz aveva aderito al nuovo Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD) ed era divenuta segretaria del Comitato Centrale, ruolo rivestito in precedenza dall’attivista Clara Zetkin; nel 1919 era stata una delle 37 donne elette all’Assemblea Nazionale della Repubblica di Weimar e in seguito fu l’unica donna ammessa al comitato consultivo dell’Assemblea nazionale per la stesura di una Costituzione per l’Impero tedesco. Fu anzi la prima donna, nel febbraio 1919, a pronunciare un discorso davanti all’Assemblea a proposito dell’approvazione del suffragio femminile; in quell’occasione ebbe a dire:

È la prima volta che una donna siede in Parlamento con pari diritti e può liberamente parlare in pubblico: e voglio dire qui, con molta franchezza, che è stata la Rivoluzione a favorire, anche in Germania, il superamento di vecchi pregiudizi.

Friburgo.Edwig Dohm.logo400Nel 1920 Marie Juchacz fu eletta al Reichstag dove rimase fino al 1933, quando i nazisti posero fine alla Repubblica di Weimar; allora, in totale opposizione all’ideologia nazista, Juchacz lasciò la Germania fuggendo dapprima in Francia e poi negli USA, dove rimase fino al 1949. Rientrata in Germania, fu eletta presidente onoraria della ricostituita AWO; morì a Dusseldorf nel 1956.

Anche il quartiere di Reiselfeld, situato alla periferia Ovest di Friburgo, merita particolare attenzione sotto il profilo urbanistico: è stato edificato tra la fine degli anni ´80 e l’inizio degli anni `90 per far fronte all’enorme richiesta di nuovi alloggi e oggi dispone di circa 4.200 abitazioni per 10.000/12.000 persone. A Rieselfeld, uno dei più grandi progetti di sviluppo urbano della regione Baden-Württemberg, tutte le abitazioni sono composte di cinque piani e sono simili a cubi di circa 16 metri di lato, edificati secondo rigidi principi di risparmio energetico: tutti i sei lati dell’involucro edilizio sono provvisti di materiali fortemente isolanti, sia dal caldo che dal freddo. Non vi sono barriere fra le abitazioni e, tra una casa e l’altra, vi sono spazi comuni all’aria aperta; al centro del quartiere si trovano edifici dall’aspetto particolare, come la chiesa, simile ad un blocco di cemento dolcemente modulato e piegato e con poche finestre, o la biblioteca (che funge anche da centro sociale e da punto di informazioni), concepita come un parallelepipedo vetrato contro il quale si addossa una gradinata scavata nel terreno, dove si possono svolgere piccoli spettacoli teatrali. Rieselfeld è dotato di infrastrutture riservate in modo particolare alle necessità di donne, bambini, famiglie, anziani e disabili; il progetto urbanistico evidenzia anche un particolare rispetto per l’ambiente e l’ecologia, realizzato attraverso la salvaguardia delle aree verdi preesistenti e attraverso la costruzione di parchi e riserve naturali. In molte di esse, che ospitano svariate specie di piante e di animali acquatici, si trovano percorsi educativi ed indicazioni per i visitatori. All’interno del quartiere ci si sposta principalmente con i mezzi pubblici: colonna portante del quartiere è l’asse tranviario, su cui scorre un tram silenziosissimo e facilmente fruibile da tutti gli abitanti.

Numerose sono le zone pedonali e le piste ciclabili, mentre per i mezzi privati vige la limitazione della velocità a 30 km orari in tutta la zona. Questo quartiere-modello ospita ben 26 toponimi femminili, tra cui due premi Nobel: le scrittrici Nelly Sachs (1891-1970), Nobel per la letteratura nel 1966, e Bertha von Suttner (1843-1914), Nobel per la Pace nel 1905; altri toponimi ricordano le donne attivamente impegnate per l’emancipazione femminile in Germania, come Bettina von Armin (1785-1859), scrittrice e una delle prime attiviste per i diritti delle donne, Hedwig Dohm (1833- 1919), scrittrice e teorica del movimento femminista, Johanna Kohlund (1878-1968) e Freda Wuesthoff (1896-1956), fondatrici dei primi “Circoli delle donne” a Friburgo, e Hannah Arendt (1906-1975), sociologa, politologa e filosofa, emigrata al tempo del nazismo; molte sono le donne ricordate perché vittime della persecuzione nazista contro gli ebrei, come la scrittrice Rose Auslander (1901-1988), la musicista e pittrice Hanni Rocco (1896-1990) e la giornalista Lotte Paepcke (1910-2000); una via e una scuola, rispettivamente, sono intitolate a due donne morte ad Auschwitz: l’avvocata Erica Sinauer (1896-1942/45) e l’insegnante Clara Grunwald (1877-1944). Quest’ultima merita un cenno particolare perché ha contribuito a diffondere in Germania il pensiero dell’educatrice italiana più famosa della sua epoca: Maria Montessori. Non a caso, a Friburgo, l’unico toponimo dedicato a una donna italiana è quello della Scuola Montessori, appunto, situata nel quartiere meridionale di Wiehre.

Friburgo.Harriet Strauss300Clara Grunwald, nata nel 1877 da una famiglia di ebrei berlinesi, dopo la laurea in una scuola di formazione per insegnanti aveva esercitato in diverse scuole di Berlino e, nel 1913, aveva conosciuto l’opera e il pensiero di Maria Montessori apprezzandone enormemente la forza innovativa; alla fine della prima guerra mondiale, infatti, decise di frequentare un suo corso e successivamente fondò la prima Casa dei Bambini, gestita col metodo dell’educatrice italiana. Grunwald invitò anche Montessori a tenere delle conferenze in Germania e in quell’occasione vennero fondati due club a lei intitolati, di uno dei quali, il Montessory Society, fu presidente lei stessa. Clara Grunwald pubblicò diverse opere su questo metodo educativo e diffuse la sua idea attraverso l’organizzazione di conferenze in cui venivano proiettate diapositive sulle varie scuole Montessori; nel 1929, insieme alla sorella più giovane Emmy Bergmann, fondò la prima Scuola Montessori della Germania, che ottenne alti riconoscimenti da parte delle Istituzioni.
Nel 1933, con l’avvento del nazismo, le fu proibito di continuare nel suo lavoro di insegnante, a causa delle sue origini ebraiche; in questo periodo non restò inattiva, ma combatté la sua battaglia nascondendo in casa alcuni amici ebrei, aiutandoli a procurarsi di che vivere, o a fuggire. Lei stessa, anzi, avrebbe voluto lasciare la Germania, ma nel 1941 fu trasferita a Neuendorf im Sande (’sulla sabbia’), campo di lavori forzati dove, tra le altre cose, ai ragazzi era proibito scrivere; Clara non si perse d’animo e continuò ad insegnare, fornendo ai ragazzi bastoni per scrivere sulla sabbia. Nel 1942 iniziarono le prime deportazioni nei campi di sterminio: Clara Grunwald si trovava nell’ultimo gruppo di grandi dimensioni deportato ad Auschwitz, dove giunse il 19 Aprile 1943. Si presume che tutti i prigionieri del convoglio furono sterminati nelle camere a gas immediatamente.

È interessante notare, prima di concludere il nostro breve giro, che il Consiglio Comunale di Friburgo ha deliberato l’intitolazione di vie ad alcuni personaggi femminili a meno di dieci anni dalla loro scomparsa: c’è, ad esempio nella periferia nord della città, una piazza intitolata a Claire Keidel (1922-2010), moglie del sindaco di Friburgo Eugene Keidel, che si dedicò con passione alla difesa dell’ambiente e all’ecologia, promuovendo la creazione del bellissimo parco faunistico Mundenhof; nel quartiere periferico di Schauinsland, c’è una via intitolata ad Irene Schlempp (1924-2005), ex rettora della Scuola Adolf Reichwein e promotrice del metodo educativo reichweiniano (intitolazione voluta dal Consiglio Genitori e Amici dell’Associazione Scuole Adolf Reichwein); infine, nel gennaio 2012, è stata approvata dal consiglio comunale l’intitolazione di una via a Swetlana Geier, nata a Kiev nel 1923 e deceduta a Friburgo nel 2010. Swetlana, studiosa di lingue occidentali e interprete durante l’occupazione nazista, si trasferì in Germania nel 1943 ma fu internata a Dortmund, in un campo di lavoro riservato ai prigionieri dell’Est; liberata nel 1944, ottenne dal Governo una borsa di studio che le permise di trasferirsi stabilmente a Friburgo. Alla fine della guerra, si dedicò allo studio della letteratura germanica e tradusse in tedesco molte opere russe; fu docente all’Università di Karlsruhe e collaborò con altre importanti università locali.
L’esempio di Friburgo è già stato seguito da altre città della Germania, ad esempio Dresda, mentre il Senato di Berlino ha pubblicato un libro, Spreeperlen (Le perle del fiume Spree), sulle donne più importanti della città; l’ideale, come sottolinea Frau Knopfle, sarebbe ottenere un po’ ovunque la stessa percentuale di vie al maschile e al femminile, sperando nell’appoggio dei consigli comunali. Un obiettivo senz’altro difficile da raggiungere, ma non impossibile: Friburgo ne sta dando una brillante dimostrazione.

Tratto da:
Sulle vie della parità
A cura di Maria Pia Ercolini
Universitalia, Roma 2013

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