I numeri della disparità nelle Marche: sindache, giunte e strade squilibrate

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di Barbara Belotti e Daniela Domenici

Sui nomi femminili, le mappe stradali delle nostre città sono carte mute.
Il panorama urbano in cui ci muoviamo ogni giorno riflette la nostra cultura che, pur attraversata dalle donne – dalle loro azioni, dai loro pensieri, dalle loro scoperte, dal loro coraggio, dai loro sentimenti – presto le dimentica. Se nei libri su cui abbiamo studiato (e su cui studiano ancora i ragazzi e le ragazze) sono state omesse o hanno lasciato deboli tracce le storie femminili, allo stesso modo quelle storie sono state rimosse dalla toponomastica, metafora urbana di un costante processo di cancellazione. Strade squilibrate, dunque, che mostrano un vasto e complesso universo maschile e un mondo femminile poco riconosciuto.

La realtà delle Marche non sembra fino ad ora opporre alcuna novità rispetto alle altre regioni italiane. I censimenti delle strade procedono sui lenti binari della burocrazia italiana. Alcune Amministrazioni comunali hanno mostrato interesse per l’attività di ricerca del gruppo di Toponomastica femminile, fondato su Facebook, all’inizio del 2012, da Maria Pia Ercolini, sorprese di guardare con occhi nuovi realtà che erano lì da sempre; ma dopo la meraviglia iniziale e l’immediato plauso ha fatto seguito, salvo rare eccezioni, ben poco: gli stradari sembrano essere centellinati, le risposte si mostrano evasive se non addirittura imprecise; altri Comuni, più semplicemente, hanno ignorato la richiesta.

Anche se il lavoro di ricerca ha riguardato per ora un numero ristretto di centri urbani e i dati risultano parziali e puramente indicativi, qualche considerazione può essere fatta. Nei censimenti fino ad ora effettuati, ancora una volta prevalgono le intitolazioni con nomi di sante, religiose e benefattrici, i diversi appellativi della Madonna, qualche nome di donna di cultura, del mondo dello spettacolo e dell’arte. Se da una parte abbiamo molte sante e donne di animo devoto, dall’altra stentano ad affermarsi le figure della storia, soprattutto quella legata alla nascita e allo sviluppo della nazione. Prevale la tendenza a ricordare eroine e personagge del passato che valorosamente hanno lottato, si sono sacrificate o che hanno assunto gravosi compiti di governo.

Un esempio è la regina Amalasunta, ricordata nelle vie di Fermo, che governò saggiamente per circa un decennio e arricchì la città di palazzi e costruzioni, compresi i bagni pubblici; altra figura storica è quella di Stamira, che il comune di Ancona celebra, con una piazza e con un corso, per ricordare la lotta in difesa della città assediata nel XII secolo. Ascoli Piceno preferisce ricordare Flavia Guiderocchi e Menichina Soderini che presero parte, nel 1459, all’impresa delle truppe ascolane contro il duca d’Atri, impadronitosi di alcune terre. Urbino ricorda invece Battista Sforza, moglie di Federico di Montefeltro, immortalata nel celebre ritratto di Piero della Francesca. Un interessante, anche se limitato, repertorio di combattenti, nobildonne e regine, che fa pensare a una sorta di “campanilismo storico” che prosegue nei secoli successivi. Pesaro, per esempio, celebra Sara Levi Nathan, ma il sospetto che sia ricordata per le sue origini pesaresi e non per la forza morale e per l’impegno politico avuto nel periodo risorgimentale è forte. A Cantiano (PU) il Comune ha intitolato una via ad Adele Bei, sindacalista, politica della Costituente e senatrice della Repubblica, che ha avuto i natali nel piccolo centro marchigiano. Sembra proprio che l’intitolazione di vie e piazze a donne della nostra storia più recente sia un fatto episodico, legato alla loro biografia, un omaggio a concittadine “celebri” piuttosto che la scelta consapevole di ricordare l’azione, il pensiero, la determinazione di queste donne. Ma se non fossero state originarie di Pesaro e di Cantiano, Sara Levi Nathan e Adele Bei avrebbero ricevuto l’intitolazione di una strada?

Squilibrio nelle strade femminili e squilibrio nella realtà politica: sembra proprio così. Qual è la presenza delle donne nel panorama politico amministrativo delle Marche?
I comuni delle regione sono 239 e le sindache in carica 24, appena il 10%.
Tutte le province hanno amministrazioni guidate da donne e il loro numero è quasi omogeneo. La provincia di Pesaro Urbino ne ha sette, Macerata e Fermo cinque ciascuna, Ascoli Piceno quattro e infine Ancona tre.
Numeri non esaltanti come non sono esaltanti le composizioni delle 24 giunte guidate da sindache.
Diversi i record negativi:
– in ben cinque Comuni non ci sono donne nelle giunte. Il record negativo lo detengono Castel di Lama (AP) e Montemarciano (AN) dove i cinque assessori sono tutti uomini;
– nelle giunte di dodici comuni trovano posto le donne, ma la loro presenza è decisamente minoritaria rispetto a quella dei colleghi maschi;
– esistono realtà più virtuose, ma sono solo cinque. La giunta comunale di Piagge (provincia di Pesaro/Urbino) e quella di Bolognola (provincia di Macerata) sono formate da un uomo e da una donna, oltre alla sindaca, mentre a San Costanzo (PU) abbiamo tre assessore su un totale di cinque membri. Due donne su tre membri complessivi anche nella composizione delle giunte dei comuni di Monsanpietro Morico e Montottone (prov. di Fermo), sempre guidati da sindache; due donne su quattro anche nella giunta di Monte San Vito (prov. di Ancona).
Una fotografia della realtà delle amministrazioni pubbliche che ben conosciamo. Sembra proprio che la politica nelle Marche non voglia coinvolgere le sue cittadine, neppure quando a dare forma e vita agli assetti delle giunte sono le sindache elette!

Proprio mentre eravamo impegnate nella redazione di questo nostro contributo, ci è giunta una piacevole sorpresa che auspichiamo segni l’inizio di una maggiore consapevolezza sia della cittadinanza sia delle amministrazioni locali.
La giunta comunale di Macerata ha recentemente deliberato l’intitolazione di una via alle partigiane, in un’area compresa fra Via della Costituzione e Contrada Pace: un incrocio perfetto per ricordare l’enorme (e misconosciuto) contributo femminile alla lotta per la Liberazione.
I promotori dell’iniziativa sono stati l’ANPI e l’Istituto Storico della Resistenza, in collaborazione con il Comune di Macerata, che hanno voluto dar vita a percorsi della memoria in cui le cittadine e i cittadini possano condividere il ricordo di quelle pagine di storia. La dichiarazione dei promotori di voler procedere ad un’intitolazione generica, senza indicare singoli nomi, ci trova felicemente d’accordo. Via alle Partigiane vuole abbracciare nel ricordo le donne note, che hanno scelto consapevolmente e che sono menzionate nei documenti e nelle testimonianze storiche, e quelle ignote per le quali l’emancipazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo rappresentava anche un’emancipazione dallo stato di minorità loro imposto dai costumi, dalla società, dalla politica.

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Dols

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