La chick lit, una forma di evasione dal quotidiano

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Donne affermate nel mondo del lavoro che mirano anche a costruirsi una famiglia.

di Elena De Paoli

Intelligenti, spiritose, autoironiche, mostrano i pericoli di dedicarsi solo a una cosa nella propria vita rimandando tutto il resto.

Donne affermate nel mondo del lavoro che mirano anche a costruirsi una famiglia. Intelligenti, spiritose, autoironiche, mostrano i pericoli di dedicarsi solo a una cosa nella propria vita rimandando tutto il resto.
Nonostante l’enorme successo planetario del genere, in Italia ci sono ufficialmente più detrattori che ammiratori di questa letteratura al femminile, al punto che le autrici nostrane hanno pochi punti di riferimento per le pubblicazioni. Eppure, i dati di vendita rivelano che anche qui la chick lit è molto seguita…
Bridget Jones. La simpatica e pasticciona antieroina frutto della penna di Helen Fielding fu, per il mondo intero, il primo caso di chick lit, anche se non necessariamente quello che ebbe più successo. Negli stessi anni, Candace Bushnell si fece conoscere tramite le protagoniste dei suoi libri, diventati poi la spumeggiante serie televisiva Sex and the City, e Sophie Kinsella non ha ancora momenti di declino nella sua fortunatissima serie I Love Shopping. Ciò che accomuna le protagoniste di questi libri è che si tratta di donne single affermate nel lavoro, che generalmente si svolge in settori pieni di fascino, come l’editoria, la moda, il marketing, la televisione. Donne o ragazze con una buona carriera, perchè sono intelligenti e pratiche, capaci di essere indipendenti finanziariamente e di realizzarsi dal punto di vista professionale, ma anche piene di problemi dal punto di vista sociale. Single non per scelta, le loro difficoltà si manifestano soprattutto in campo affettivo, e ne parlano in tono umoristico e leggero, quasi autoironico. Sono state definite creature dell’epoca post-femminista, perchè sono donne che tentano di coniugare la propria indipendenza personale con la ricerca (a volte affannosa) del principe azzurro o della maternità, che hanno in precedenza rimandato per salire la famosa scala del successo.

Questo genere, forse un po’ prevedibile, è amato da milioni di donne, che si trovano davanti ai problemi che affrontano anche le eroine dei romanzi di chick lit: che si tratti della ricerca di un lavoro più appagante, di saper cogliere i segnali che inviano gli uomini, oppure che si cerchi il modo e la forza per accettare una dura realtà, le lettrici si rispecchiano in quelle donne che hanno saputo realizzarsi solo in una parte della propria vita. Autori e critici ritengono che le donne di oggi siano particolarmente attratte da questo genere di letture perchè fanno parte della generazione di transizione, che vive direttamente i risultati delle battaglie femministe degli anni Settanta. Donne a cui è stato insegnato a non accontentarsi di un ruolo specifico, ma ad avere sempre ambizioni in qualunque campo della vita, e che a volte scoprono che, semplicemente, voler fare tutto è troppo e si trovano a dover scegliere tra il lavoro e la famiglia. Queste letture, rilassanti, leggere e divertenti, mettono su carta la paura dell’insuccesso di tutte le donne alle prese con mille impegni.

In Italia il genere è oggetto di molte discussioni, proprio da parte delle donne, che all’estero sono le più grandi ammiratrici di questi personaggi. L’opinione diffusa è che le donne descritte nei libri siano spesso superficiali, troppo irreali, e che le situazioni descritte non possano accadere nella realtà. Inoltre, che il loro desiderio di trovare l’amore a ogni costo costituisca il rischio di essere un pessimo esempio per le giovani, il cui obiettivo deve essere il raggiungimento dell’indipendenza e la soddisfazione di sè per i meriti raggiunti operando nella società. Come controsenso, però, anche in Italia la letteratura chick lit è sulla cresta dell’onda da ormai un decennio, e le giovani sono grandi consumatrici del genere.

Come la letteratura rosa, la chick lit è amata perchè costituisce un’evasione dal quotidiano; e come non sono stati una minaccia i Liala e i Delly del passato, non possono diventarlo i libri ‘rosa’ di oggi.
Nonostante le vendite altissime, le case editrici italiane preferiscono pubblicare autrici straniere affermate piuttosto che scrittrici nostrane, o al più testi di personaggi già noti, come Alessandra Casella e Geppi Cucciari, che possono contare sulla propria popolarità di attrici. Ma qualcosa si muove anche da noi: la casa editrice ARPANet di Milano, con il concorso ChickCult (www.chickcult.it, già alla seconda edizione: il nuovo bando scade nel marzo 2010) punta sui titoli italiani, con ”Il diario di Lara”. Una single ‘Cosmocomica’ alla ricerca della felicità, di Chiara Santoianni, e Spritz! Ho rubato un ritratto (ma per amore di un mega-bastardo), di Laura Ruzickova.

Per scoprire quanto in realtà le nostrane apprezzino questa letteratura d’evasione basta collegarsi a internet e visitare uno dei tanti gruppi di discussione incentrati sull’argomento. Protette dall’anonimato fornito da fantasiosi nickname, le donne confessano di averne letti a decine e di aspettare con ansia le prossime uscite, aggiungendo che non ne hanno mai parlato a nessuno, di persona, perché l’opinione generale è che siano testi illusori, perfino patetici. Esattamente come succede per i classici romanzi rosa della Harmony, che nessuna donna ammette di leggere, ma che inspiegabilmente esaurisce ogni copia stampata. Probabilmente è questa omertà la vera offesa e il tradimento nei confronti delle donne emancipate. Sono poche quelle disposte ad ammettere che non esiste nessun pericolo se si fanno due risate su storie di donne che vivono la vita con ironia

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