Quando un matrimonio giunge alla fine

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avv. Paola Ambruosi

D.

Nel mio vagabondare per il web ho trovato il vostro sito e ho deciso di scrivervi per chiedervi aiuto.
Mai avrei creduto di aver bisogno di qualcuno per un parere legale e invece ora sono qui a scrivervi.
Sono in una situazione davvero bruttissima. Il mio matrimonio dopo 23 anni è giunto alla fine, forse sarebbe finito anche prima se io non mi fossi ostinata a cercare di tenerlo in piedi.
In 23 anni ho sopportato di tutto, i tradimenti di mio marito, e le sue false promesse di smettere e ricominciare. I tradimenti però sono nulla in confronto al resto, le sue bugie e la sua totale mancanza di responsabilità ci hanno portato al completo disastro.
Abbiamo una situazione economica disastrosa, lui non è mai stato molto oculato e fin dal primo giorno della nostra vita matrimoniale, io gli ho permesso di dirigere tutte le nostre finanze si è sempre occupato di tutto lui. Inizialmente lavoravamo in due non avevamo dei grandi stipendi ma per due persone normali avremmo dovuto riuscire a tirare avanti senza strafare, però caso strano eravamo sempre in difficoltà e sempre in arretrato con il pagamento delle bollette e per di più non è che facessimo una gran vita mondana.
Comunque in ogni caso tutto cominciò con la prima telefonata del proprietario di un distributore di benzina che mi riferì che mio marito gli doveva la somma di 400.000 lire ed era più di un mese che non andava più a servirsi da lui.
Parlai con mio marito lui si giustificò dicendo che avevamo avuto troppe spese ma che avrebbe provveduto ad aggiustare il debito.
Quella fu sola la prima di una serie di situazioni che si susseguirono, e ogni volta c’era sempre una scusa e ogni volta io gli credevo, mi colpevolizzavo, perché lui faceva sempre in modo di farmi sentire in colpa, cercavo di capire come mai non riuscissimo a far quadrare i nostri conti, pur non andando mai al cinema, a cena fuori o in qualsiasi altro posto come tutte le persone normali di questo mondo e non ero nemmeno una di quelle donne che faceva shopping ad ogni occasione, anzi da quando ho sposato lui ho dovuto dimenticare questa parola.
Per non dilungarmi troppo, dopo dodici anni circa del nostro matrimonio, tra liti bugie e tradimenti, mio marito mi costrinse praticamente ad aprire un’impresa di pulizie, non mi sorrideva molto l’idea conoscendo ormai l’inclinazione al tracollo finanziario di mio marito ma dopo avergli fatto promettere che avrebbe fatto tutto in regola e senza altri guai, cominciammo la nostra attività, intestata naturalmente a me perché lui già lavorava, lasciai ancora una volta che lui si occupasse di tutto e subito non andò poi così male almeno per il primo anno.
Il secondo fu un totale disastro, io a causa della mia gravidanza al sesto mese dovetti smettere di lavorare e lui rimasto solo con un paio di dipendenti ricominciò a fare di testa sua.
Alle mie domande inerenti il pagamento delle varie tasse rispondeva sempre che era tutto a posto ma non era così.
Insomma per riassumere dopo il quinto anno dell’impresa venni a sapere da una telefonata del commercialista che lui era da tempo che non pagava nulla, non andava da lui da parecchio tempo e non stava pagando nemmeno lui e comunque non era troppo tardi per sistemare se mio marito fosse andato da lui si poteva vedere come sistemare le cose.
Parlai con mio marito, lui subito negò, come faceva sempre, anche davanti all’evidenza, alla fine ammise accampando un sacco di scuse, non era mai colpa sua era solo sfortunato.
Mi promise che sarebbe andato dal commercialista, cosa che naturalmente non fece.
Sono passati 7 anni da allora, lui non ha fatto nulla io senza soldi e senza più lavori nell’impresa grazie a lui, mi sono isolata da tutti, non sono riuscita a raccontare a nessuno quello che mi stava capitando. Mi sono sempre vergognata enormemente per la nostra condizione economica, ho cercato ogni volta di parlargli in questi anni per farlo ragionare per fargli capire che dovevamo sistemare queste cose, lui ogni volta prometteva che stava vedendo come sistemare tutto e ogni volta io sapevo che mentiva e tutte queste discussioni sfociavano in violente liti, per lui ormai ero diventata quella che rinfaccia le cose.
Conclusione, dopo continue bugie, la mia vergogna per la situazione, il non sapere che fare e a chi rivolgermi, un po’ alla volta mio marito si è allontanato da me odiandomi sempre più e cercandosi un’altra donna in continuazione fino all’epilogo di un paio di settimane fa.
E’ venuto a dirmi che non prova più nulla per me che non possiamo andare avanti così e che appena trova casa andrà via.
Di rimando gli ho detto che non può lasciarmi senza prima avermi risolto la situazione con l’impresa visto che è quello il motivo per cui mi odia e quindi si è deciso ad andare all’artigianato per chiudere l’attività.
Io ora non so che fare, so che tanto non pagherà mai nulla non ha i soldi è da più di un anno che andiamo avanti con i soldi che ricavo io dal mio lavoro in nero e con quei pochi che mi da mia madre non autosufficiente che vive con noi, lui al massimo paga l’affitto e sempre in ritardo abbiamo una marea di bollette sempre scadute che paghiamo di volta in volta appena si può.
Io non ho un soldo per rivolgermi ad un avvocato e lui nemmeno, continuerà a fare come vuole e io che futuro darò ai miei figli?
Mi sono sempre disinteressata di tutto affidandomi a lui ho fatto malissimo e ora non so che fare, non conosco leggi non ho i mezzi per rivolgermi ad un avvocato e non ci potremo mai separare e spero che il mio lavoro in nero seppur fuorilegge continui altrimenti come crescerò i miei figli??
Che posso fare consigliatemi voi.

Grazie!

R.

Nei limiti delle scarse informazioni fornite, si possono solo tratteggiare alcune figure giuridiche applicabili al caso, senza però poter entrare più nel dettaglio.
Nel nostro ordinamento giuridico esistono due tipi di separazione dei coniugi, la separazione consensuale e quella giudiziale. La prima avviene per accordo delle parti e deve essere necessariamente omologata dal Tribunale; quella giudiziale, invece, è pronunciata con sentenza dal Tribunale, ad istanza di uno o di entrambi i coniugi, a seguito di fatti, anche indipendenti dalla loro volontà, che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o rechino grave pregiudizio alla educazione della prole.
La legge attualmente stabilisce che ciascuno dei coniugi provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Pertanto il Giudice porrà, qualora si verifichino le condizioni, la corresponsione di un assegno periodico in favore dei figli in capo al genitore non convivente, così come il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Inoltre il giudice pronunziando la separazione può stabilire, a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro quanto è necessario al suo mantenimento, qualora non abbia adeguati redditi propri. In altre parole il giudice può, nel pronunciare la separazione, dichiarare che essa è da addebitare a quello, tra i due, che abbia tenuto un comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio. Alla dichiarazione di addebito consegue, quindi, il diritto del coniuge – al quale non sia stata addebitata la separazione – di ricevere quanto necessario al proprio mantenimento nonché il risarcimento del danno, posto che i doveri derivanti dal matrimonio hanno natura giuridica. Tale somministrazione è dovuta al coniuge che non abbia adeguati redditi propri, e l’entità è determinata in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato.
Da quanto sin qui brevemente esposto, diviene evidente la necessità di ottenere preventivamente indicazioni dettagliate sulla consistenza patrimoniale dei singoli coniugi e delle occupazioni lavorative di ciascuno, nonché informazioni sui figli (minorenni o maggiorenni), al fine di rendere una consulenza dettagliata. Non si può, quindi, che consigliare alla lettrice, data anche la complessità del caso, di rivolgersi ad un avvocato che, ottenute tutte le necessarie informazioni, potrà meglio consigliare la giusta strategia da adottare.
Laddove, come nel caso in esame, non si abbiano mezzi sufficienti per assicurarsi l’assistenza legale, rammento che in Italia le persone non abbienti possono richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato, usufruendo dell’istituto del “Patrocinio a spese dello Stato (artt. dal 74 al 141 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – D.P.R. 30/05/2002, n. 115). Per essere ammessi al detto Patrocinio è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16, tetto così aumentato con Decreto Ministero Giustizia 20.01.2009, G.U. 27.03.2009. La domanda, sottoscritta dall’interessato, deve essere presentata davanti all’Ordine degli Avvocati del Tribunale di competenza in carta semplice e deve indicare: la richiesta di ammissione al patrocinio; le generalità anagrafiche e codice fiscale del richiedente e dei componenti il suo nucleo familiare; l’attestazione dei redditi percepiti l’anno precedente alla domanda (autocertificazione); l’impegno a comunicare le eventuali variazioni di reddito rilevanti ai fini dell’ammissione al beneficio; generalità e residenza della controparte; ragioni di fatto e diritto utili a valutare la fondatezza della pretesa da far valere; prove (documenti, contatti, testimoni, consulenza tecniche, ecc. da allegare in copia). Se l’Ordine degli avvocati accoglie la domanda, l’interessato potrà nominare un difensore, scegliendo il nominativo dall’Elenco degli Avvocati abilitati alle difese per il patrocinio a spese dello Stato appositamente approntati dai Consigli degli Ordini degli Avvocati del distretto della competente Corte di Appello.
Pertanto, nel caso in cui la lettrice possieda i requisiti previsti per accedere al patrocinio gratuito, potrà usufruire dell’assistenza e del supporto di un legale, che farà da guida nella risoluzione dei problemi che, allo stato attuale,coinvolgono la sua famiglia.

Avv. Paola Ambruosi

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Se vuoi chiedere un parere scrivi a info@dols.net

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Profilo Autore

Paola Ambruosi

Iscritta all’albo degli avvocati dal 1989. Si occupa di separazione e divorzi, minorile, diritti d’autore e informatica. Ha fatto diverse esperienze professionali. Ha lavorato per un periodo per il quotidiano barese ”Puglia” occupandomi delle notizie giudiziarie. E’ stata cultrice della materia in diritto processuale civile presso l’università di Bari. E’ stata consulente legale di alcune agenzie di management dello spettacolo, di società di produzione nonché di società che si occupano di informatica. Ama viaggiare, lo sport e la danza in particolare, non vivrei senza musica. Le piace anche il cinema.

3 commenti

  1. Egregio avv. Ambruosi,
    ho letto con vivo interesse alcuni suoi articoli comparsi su dol’s e, più
    precisamente le considerazioni riguardanti l’assegno di mantenimento ed il relativo adeguamento Istat.
    Mi permetto quindi di chiederLe un chiarimento legato all’assegno di mantenimento che il
    mio ex coniuge corrisponde – in modo piuttosto irregolare – per me e per le nostre 2 figlie
    (attualmente di 21 anni, universitaria, e 13 anni, studentessa) che sono a me esclusivamente affidate.
    Nel premetterLe che l’assegno in questione costituisce la nostra magra fonte di reddito, Le
    descrivo brevemente la mia situazione:
    ● inizio della separazione giudiziale nel maggio 2003 con assegno di mantenimento,
    di euro 700,00/mese stabilito dal Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore (SA)
    e da corrispondere a partire dal giugno 2003;
    . nel dicembre 2004 rideterminazione dell’assegno di mantenimento in euro 500,00/mese
    e da corrispondere a partire dal gennaio 2005;
    ● sentenza di separazione dell’ottobre 2008 con affido esclusivo delle mie figlie a me e
    rideterminazione dell’assegno di mantenimento in euro 550,00/mese oltre Istat da
    rivalutare automaticamente ed annualmente.
    Può gentilmente chiarirmi questi dubbi che mi stanno ossessionando?
    1) l’ISTAT maturato prima della sentenza (da giugno 2003 a settembre 2008)
    sull’assegno di mantenimento provvisorio, resta valido oppure l’importo dell’assegno di
    mantenimento disposto in sentenza fa ripartire da zero il conteggio dell’Istat?
    2) In caso affermativo, posso considerare definitivamente acquisito sull’attuale
    assegno di mantenimento il predetto adeguamento Istat 6/2003-9/2008?
    3) E’ quindi mio diritto ottenere anche gli arretrati dell’adeguamento Istat dal 6/2003 al 9/2008?
    Mi permetto di rivolgerLe un’ultima domanda:
    4) dato che il mio ex coniuge percepisce anche la tredicesima mensilità, l’assegno di
    mantenimento per noi 3 deve essere considerato per 12 o per 13 mensilità?
    Attendo con ansia la Sua cortese risposta e, ringraziandoLa anticipatamente per il tempo
    che mi ha dedicato, La saluto distintamente.

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